[1] N. Djokovic b. J. Tsonga 6-3 7-5 6-4 (di Giovanni Putaro)
Nove anni fa, Jo-Wilfried Tsonga, giocando un quarto di finale mostruoso, eliminava Novak Djokovic in cinque set, su questi stessi campi di Melbourne, qualificandosi per una semi che poi avrebbe perso in maniera netta da Roger Federer, vincitore di quell’edizione. Da allora, tante, troppe cose sono cambiate affinchè la storia si potesse ripetere…e non contano tanto i titoli collezionati, il percorso seguito, quanto più gli infortuni, soprattutto recenti (ginocchio nel 2018), cui il francese ha dovuto dar conto e che lo hanno, in collaborazione con l’inevitabile Crono, costretto a lunghi periodi di inattività o comunque a non esprimersi al 100%. Oggi Nole si impone in tre su un Jo, che, per i mezzi a sua disposizione ora, ha fatto quel che poteva, sebbene qualche regalo forse evitabile, in alcuni tratti.
L’avvio è decisamente scoppiettante da parte del serbo, che in un attimo si ritrova 3-1, senza però riuscire a consolidare e facendosi strappare la battuta in un game in cui conduceva 40-15, anche a causa di errori…banali, di superficialità. Fatto sta che anche Tsonga, dal canto suo, continua a concedere e, sparacchiando qua e là un paio di dritti per liberarsi dello scambio, finisce per farsi brekkare nuovamente. Il numero uno del mondo non fa ulteriori sconti e agguanta il parziale.
Andamento regolare, invece, quello della prima metà di secondo set. Nessuno strappo immediato, solo tante mani da mangiare per Tsonga, bravo a tenere i propri turni, che manca tre palle break (una sull-1-1 e due nel sesto gioco), prima di perdere il servizio in malo modo, veramente. Non accusa il colpo, non del tutto, almeno, e, nel momento in cui Nole serve per raddoppiare il vantaggio, centra un paio di buone soluzioni e un gran punto, che lo portano sullo 0-40 e, successivamente, al controbreak del 5-5…inutile, totalmente, perché Tsonga si riconsegna subito dopo in modo del tutto surreale, sbagliando l’impossibile, tra dritti, slice e smash buttati o in rete o ampiamente fuori. Djokovic, può, quindi, stavolta, chiudere per sette giochi a cinque.
Il problema è che, oltre l’indiscussa mobilità ridotta, dovuta ad una forma fisica non eccezionale, il francese si aggrappa solo al servizio. Se entra l’ace, o la prima, va bene, altrimenti, nello scambio deve fare gli straordinari per portare a casa qualcosa. Anche perché il suo fondamentale migliore, il diritto, oggi nella sfida con quello di Djokovic ne è uscito con le ossa rotte. Il terzo, ed ultimo, set è mera formalità, dal momento in cui Tsonga finisce per subire il break, venendo rimontato da 40-0 da un Nole che ha messo leggermente il piede sull’acceleratore e ha, poi, archiviato la pratica. Ad attenderlo al prossimo turno l’esame Shapovalov.
[4] A. Zverev b. J. Chardy 7-6(5) 6-4 5-7 6-7(6) 6-1
Alexander Zverev è costretto a quasi quattro ore di fatiche spropositate contro Jeremy Chardy senza dubbio un buon tennista, capace di raggiungere i quarti di finale in questo Slam nel 2013, ma che oggi non dovrebbe proprio creare al tedesco i grossi problemi che invece gli ha dato.
La storia del tedesco nei Major è sempre la stessa mostruosa incognita. Appena qualcosa sfugge al suo controllo si fa prendere dalla paura e dal nervosismo e l’ansia che lo assale si trasforma in frequenti passaggi a vuoto che con giocatori di altro livello sarebbero fatali.
Zverev scende in campo molto determinato e ostenta gran sicurezza nei suoi colpi fin dal primo momento. L’obiettivo è quello di mettere gran pressione a Chardy sul lato sinistro per prendere in mano il gioco e raggiunge subito lo scopo. Nel secondo game risponde con violenza e costringe il francese a due errori consecutivi sul trenta pari mettendo a segno il break. Pur ottenendo pochi punti diretti con il servizio, Zverev sale velocemente 4-2 tenendo alta la pressione da fondo ma al momento di garantirsi la chance di servire per il set, incappa in una serie di errori sciagurati. Con un dritto in rete a campo aperto, uno fuori che poteva benissimo controllare e una volée praticamente solo da chiudere ma appena appoggiata di là dalla rete ottima per permettere a Chardy di passarlo, si trova 0-40. Il tedesco annulla le prime due palle break spingendo bene ma sulla terza arriva l’ennesimo errore di dritto che gli costa il servizio.
Chardy si rianima e adesso c’è equilibrio anche se si ha la sensazione che i colpi del tedesco siano alla lunga più incisivi e infatti nel dodicesimo game, insistendo sempre sul rovescio del francese, Sascha si procura il primo setpoint ma Chardy serve bene, va a segno con il dritto e si salva. Il tie break, dominato dai servizi, si decide con un vincente di dritto di Zverev che sigla il mini break decisivo nel settimo punto, l’unico perso dai battitori. Il secondo parziale si chiude come avrebbe dovuto chiudersi il primo se Zverev non si fosse complicato la vita da solo. Dopo un inizio equilibrato il tedesco allunga nel quinto game procurandosi tre palle break consecutive nel quinto game sfoderando vincenti. Chardy annulla le prime due affidandosi al servizio ma dopo l’ace commette il doppio fallo che lo condanna. Senza distrazioni il tedesco concede poco o niente nei suoi turni di battuta e chiude 6-4. Nel terzo parziale è sempre Zverev a fare gioco e si aspetta solo il momento in cui metterà a segno il break ma succede il contrario.
La luce si spegne all’improvviso, il dritto pure e sul 15-30 con due doppi falli consecutivi Sascha regala il servizio al francese ma reagisce subito e mette a segno l’immediato contro break giocando alla grande in fase difensiva. Ristabilito l’equilibrio le trame del gioco ritornano sui binari dei servizi preannunciando un altro tie break ma nell’undicesimo game sembra invece che la fine del match sia molto vicina. Zverev fa valere la maggior potenza dei suoi colpi e ottiene tre palle break ma Chardy non molla e riesce a salvarsi. Molla invece il tedesco subito dopo aprendo il game con un doppio fallo e cedendo servizio e set con tre errori imperdonabili di dritto. Il quarto parziale scorre veloce senza scossoni fino al settimo game che da solo dura più di tutti gli altri. Il francese ci mette dieci minuti a tenere il suo turno di battuta, al diciottesimo punto, dopo aver annullato quattro palle break.
Si procede on serve fino al dodicesimo game durante i quali non si sa quali fantasmi affollino la mente di Zverev che gioca con paura, sbaglia uno smash di metri, concede tre set point che annulla con il cuore e con i denti e porta il parziale al tie break. Chardy allunga per primo due volte ma si fa riprendere e Zverev con due prime vincenti arriva al match point, che fallisce con un dritto lungo, e poi è Chardy a procurarsi il quarto set point che converte con il colpo che non t’aspetti: una violenta risposta di rovescio che Zverev non riesce a domare. Nel quinto set Chardy paga lo sforzo enorme compiuto nei due precedenti parziali e cede il servizio nel secondo game. Le forze per recuperare non tornano, Zverev si mette un po’ più tranquillo e passa al terzo turno atteso dalla wild card australiana Alex Bolt. Sarebbe un suicidio se Sascha non approfittasse di uno spicchio di tabellone che, con l’uscita di scena di scena di Thiem, è diventato più agevole per lui in primis e anche per Raonic, tornato in forma e in rotta di collisione proprio con il tedesco negli ipotetici ottavi.
[16] M. Raonic b. S. Wawrinka 6-7(4) 7-6(6) 7-6(11) 7-6(5) (di eddi)
Ci sono volute più di quattro ore ma alla fine Stan Wawrinka si è arreso alla straordinaria precisione di Milos Raonic, che ha ripetuto la convincente prestazione messa in mostra contro Kyrgios. Anche se la partita si è risolta in una manciata di punti, e Wawrinka ha sprecato la grossa occasione di portarla al quinto facendosi brekkare sul 5-3, Raonic è sempre sembrato se non in controllo almeno quello che sembrava correre meno rischi. Ma portare una partita al fotofinish vuol dire sempre giocare un po’ con la dea bendata, soprattutto se dall’altra parte c’è uno come Wawrinka, capace di alzare il livello del suo gioco con quell’incredibile rovescio che ha anche oggi mostrato a sprazzi. Raonic nel primo set ha avuto nel secondo e nell’ottavo game la possibilità di portarsi avanti e poi nel primo tiebreak ha pagato carissimo due punti persi sul proprio servizio proprio all’inizio. Nel secondo set Milos ha brekkato presto ma non è riuscito a mantenere il vantaggio, solo che stavolta è stato Wawrinka ha giocare un filino meno bene il tiebreak. La partita si è forse decisa nel terzo tiebreak, ma anche in questo caso era sempre stato Raonic a tenere la testa avanti, e solo il grande orgoglio dello svizzero lo ha trascinato fino al 13-11. Del quarto abbiamo accennato, Stan ha servito sul 5-3 ma Raonic è stato ottimo alla risposta, cosa che insieme ad una discreta mobilità fa supporre che fisicamente il canadese sia abbastanza a posto. Vedremo che succederà contro Herbert, che più o meno ha sorpresa ha superato Chung, e soprattutto contro Zverev.
[8] K. Nishikori b. I. Karlovic 6-3 7-6(6) 5-7 5-7 7-6(7) (eddi)
Si sa quanto possa essere frustrante giocare contro unoc ome Ivo Karlovic che a differenza di Wawrinka gicoa sostanzialmente senza rovescio ma che una volta scaldatosi diventa impossibile da brekkare, perché magari un punto, magari due, sul proprio servizio lo concede ma quattro praticamente mai. Ci vuole un’infinita pazienza e appunto arrivare al momento decisivo senza sbagliare mai cosa che Nishikori aveva fatto benissimo fino al 5 pari del terzo set. Lì il giapponese ha giocato un game assurdo, prima tirando un passante facile da chiudere su una risposta in back che era lunga ma insomma niente di poco gestibile, poi sullo 0-40 perdendosi completamente il dritto, come ai bei tempi. La cosa incredibile è che Nishikori si sia ripetuto nello stesso momento del quarto set. Stavolta aiutato, incredibile!, proprio dal rovescio di Karlovic, capace di infilare un passante su un attacco scriteriato ma appunto sul rovescio. Poi Karlovic si è pure inventato una risposta bloccata che gli ha dato il secondo break a zero. Un infuriato Nishikori ha cercato di calmarsi nel quinto set, ma di nuovo è improvvisamente scivolato 0-40, stavolta su 4 pari. A differenza delle altre due volte, e forse qui Karlovic ha avuto un po’ di paura, il giapponese si è tirato fuori dalla buca ed è arrivato al sospirato tiebreak. Sembrava aver risolto la pratica, quando al servizio sul 6-5 Karlovic trovava una risposta lunghissima e poi si buttava alla cieca su un colpo definitivo di Nishikori trovandosi sul 7-6 e due servizi a disposizione. Sul primo sbagliava una volée non complciatissima e sul secondo il giapponese finalmente trovava una gran risposta poco gestibile dal croato. Nishikori poteva così chiudere con due prime, quasi stravolto più ceh dalla fatica dall’emozione. Il prossimo turno dovrebbe essere più semplice.
Altri incontri
Dopo John Isner e Kevin Anderson cade anche il terzo top 10: contro Benoit Paire si era salvato al quinto con una fatica immane, stavolta Dominic Thiem va ko ritirandosi sotto due set e un break contro la wild card Alexei Popyrin. Sarà quindi il giovane australiano a sfidare Lucas Pouille, vincitore con non poca fatica contro il tedesco Marterer, piegato in quattro set molto equilibrati. Tutto molto più semplice per Denis Shapovalov, bastano tre parziali per superare l’ostacolo Daniel mettendo nel mirino un terzo turno interessante contro Djokovic (Tsonga permettendo); rimonta un set di svantaggio ma alla fine vola al terzo turno anche David Goffin: il belga elimina il rumeno Copil e si prepara ad affrontare un Daniil Medvedev in grande spolvero (triplo 6-3 a Ryan Harrison). Avanti la testa di serie numero 23, Pablo Carreno Busta (battuto Ivashka), prossimo avversario di Fabio Fognini; fuori invece il numero 32 del seeding Philipp Kohlschreiber che si arrende al quinto contro il portoghese Joao Sousa. Due sorprese nella notte: la wild card di casa Alex Bolt fa il bis e dopo Sock batte anche Gilles Simon, il francese Pierre-Hugues Herbert manda a casa il sudcoreano Hyeon Chung, semifinalista lo scorso anno. Altra vittoria in straight sets per Borna Coric, il suo prossimo avversario sarà Filip Krajinovic.
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