[4] N. Osaka b. [7] Ka. Pliskova 6-2 4-6 6-4
Il quindicesimo ace nel momento più importante, sul match point. Una palla vicino alla riga, lei già a esultare non sentendo che è stata chiamata “out”. Hawkeye entra in azione, lei probabilmente non avrebbe mai voluto pensare di dover servire una seconda ed è rimasta ferma, in mazzo al campo, mani congiunte con la racchetta come in preghiera. Palla buona, di un nulla. Naomi Osaka è alla seconda finale Slam consecutiva.
Dopo lo US Open la giapponese si dimostra sempre più capace di vincere partite molto delicate, e oggi il successo contro Karolina Pliskova deve entrare di diritto in quella categoria di sfide pesanti che per esempio a New York non ha quasi mai dovuto fronteggiare. Se a Flushing Meadows ebbe un percorso abbastanza facilitato dalla superiorità nei confronti di Aliaksandra Sasnovich al terzo turno (6-0 6-0) o di Lesia Tsurenko ai quarti (6-1 6-1) più semifinale e finale vinte in due set, qui a Melbourne c’è stato un cammino che la deve inorgoglire perché le sta facendo scoprire qualcosa di nuovo.
Ha 21 anni appena compiuti, forse in determinati frangenti del gioco è ancora un po’ “debole” (per quanto si possa considerare debole quello che a conti fatti è un fenomeno vero, ma che ancora ha momenti dove non riesce a essere perfetta), ma sta imparando molto in fretta a resistere a certe situazioni, a uscirne col colpo giusto, a fare qualcosa di diverso dal passato soprattutto a livello mentale. E oggi era tutt’altro che facile, perché malgrado un primo set a livelli mai visti in queste due settimane, poi ha avuto una bruttissima gatta da pelare. I meriti di Pliskova sono tanti, malgrado la sconfitta, perché la sua partita a un certo punto nel secondo parziale avrebbe dovuto vederla molto più in difficoltà, e invece mentalmente ha cominciato a giocare come se fosse lei avanti di un set e vicina alla vittoria. Questo atteggiamento ha innervosito, alla lunga, una giapponese che non raccoglieva più gli stessi punti di prima e cominciava a perdere campo.
Bravissima, la ceca, nel crescere di livello e rendersi molto più solida con la battuta, trovando sempre più efficacia con la traiettoria in slice da destra. Dopo un primo set come quello odierno, forse in poche avrebbero reagito così. Un 6-2 che rispecchiava tutto quello di buono che si è detto di Osaka, tra il cambio di direzione, la potenza, l’apertura di campo con entrambi i fondamentali. Il colpo più bello, forse, era la sua risposta. Pliskova non ha avuto alcun punto gratuito e Osaka interveniva sempre, rimandando la palla di là e viaggiando a un ritmo molto più elevato, trovando spesso vincenti e facendo muovere una Pliskova in difficoltà.
Nel secondo set ha avuto un break iniziale di vantaggio, ma un leggero calo ha dato modo alla ceca di riemergere. Pliskova, che sull’1-1 risaliva da 0-40, ha sfruttato il momento per entrare in partita e giocare come nei giorni scorsi contro Garbine Muguruza e Serena Williams, non sbagliando nulla, mantenendo viva la palla e scegliendo con coraggio quando colpire per ottenere il punto. Naomi non aveva più punti facili, a meno che la prima non le venisse in aiuto, e nella seconda metà del set si stava affrettando troppo, perdendo lucidità nelle decisioni. Karolina, sul 5-4, ha raccolto il frutto di questo lavoro ai fianchi per portarsi un set pari.
A inizio del terzo ha anche avuto tre palle break, ma su due di queste ci sono stati altrettanti gioielli della giapponese prima con un angolo stretto di rovescio e poi in lungolinea. Nel game successivo, Osaka tornava aggressiva in risposta per la prima volta da inizio del secondo set. Prima un rovescio, poi un dritto vincente, ed era 0-40. Preso il break, lo ha confermato con un ottimo turno di servizio, ritrovando un po’ di calma e fiducia. Pliskova è stata molto brava a rimanere sempre in scia, ma alla fine ha forse qualcosa da recriminarsi per un paio di risposte su altrettante seconde palle che dovevano andare in campo, in un momento dove Osaka sentiva tanta pressione. Questo anche sul 5-4, quando al servizio per chiudere andava avanti di un ’15’ ma si faceva raggiungere sempre, e sul 40-30, forse istintivamente, era convinta di aver chiuso il match. La palla sembrava, in diretta, effettivamente larga, ma il falco ha smentito un po’ tutti e il sorriso comparso sul suo volto era enorme.
A 21 anni, Osaka è già una splendida realtà del tennis femminile. Sabato, contro Petra Kvitova, proverà a diventare la numero 1 più giovane da Victoria Azarenka mettendo in cascina il secondo Major consecutivo.
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