[8] P. Kvitova vs [15] A. Barty 6-1 6-4
“First of all: I’m sorry, guys”. Prima la persona, poi la tennista: Petra Kvitova è questa. La ceca dopo 5 anni è di nuovo in una semifinale Slam e la prima cosa che pensa è a scusarsi col pubblico di casa dopo un’esultanza molto contenuta, al termine di una partita dominata nella prima fase e poi gestita piuttosto bene nel momento più delicato.
Quinta vittoria Slam nel 2019, in un torneo che la sta vedendo protagonista di parziali travolgenti: 6-3 6-2 nel primo turno a Magdalena Rybarikova, 6-1 6-3 a Irina Camelia Begu al secondo, 6-1 6-4 nel secondo a Belinda Bencic al terzo, 6-1 6-2 ad Amanda Anisimova al quarto, 6-1 6-4 contro Ashleigh Barty, spinta malgrado tutto da un pubblico australiano oggi riabilitatosi dopo i fischi a Maria Sharapova.
C’era aria di grande festa, c’era gli steward che distribuivano magliette gialle con la scritta “Aussie” al centro, c’erano altre persone tra il pubblico che lasciavano alcuni cartoncini di carta con scritti i cori per la loro beniamina. Non si aspettavano, probabilmente, una serata dove ‘Ash’ ha potuto fare ben poco in un primo set durato meno di mezz’ora e dove Petra è stata stellare, trasformando in vincente quasi tutti i punti giocati. Il livello era lo stesso visto contro Anisimova, e la sensazione uguale: la ceca spingeva, ma non era al suo vero limite tra un colpo controllato e uno giocato a occhi chiusi con grande percentuale di rischio.
Un primo set così rafforzava la sensazione che fossimo di fronte a una giocatrice molto molto vicina (se non proprio capace di toccare con mano) il suo miglior stato di forma. Barty ha avuto la bravura di reagire e di impostare la prima metà del secondo set giocando costantemente sul dritto della ceca, che dopo un paio di errori nel game di apertura era diventato molto più altalenante. Petra ha salvato due palle break, una sullo 0-1 e l’altra sull’1-2, trovando sempre un ottimo servizio ad aprirle la strada. Sul 3-4 ha gestito molto bene un pericoloso 30-30 con una palla carambolata al di là della rete, stretta e insidiosa. Ashleigh le ha provate tutte, sfruttando molto di più il proprio slice di rovescio per offrire soluzioni sempre diverse: palle più radenti alla rete alternate ad altre più lente, alcune gestendo gli effetti per cambiare direzione al colpo tra incrociato e lungolinea e spingere Kvitova ad avanzare nel campo proponendole qualche grattacapo di troppo.
Nel momento chiave, però, è uscito fuori lo spirito della campionessa. Salita 4-4 ha cominciato con tutt’altro piglio il game in risposta mandando subito in difficoltà l’australiana e prendendosi il break alla prima chance. Al servizio per il match non ha tremato, concludendo la pratica in poco più di un’ora di gioco e parlando al pubblico con fare molto tenero prima di sciogliersi e commuoversi quando Jim Courier le ricordava che la sua ultima semifinale Slam fosse stata a Wimbledon 2014 e che dopo tutto quello che era successo nella sua vita privata se poteva aspettarsi di essere qui oggi. Petra, rientrata dall’agguato che ha seriamente rischiato di comprometterle l’uso della mano con cui impugna la racchetta, adesso ha una chance come mai prima in carriera non solo in questo torneo ma anche nella classifica WTA. Al momento infatti ha sorpassato Simona Halep e siede sul trono del tennis femminile, perché si concretizzi deve però aspettare le combinazioni di domani.
D. Collins b. A. Pavlyuchenkova 2-6 7-5 6-1
Così vicina, e ancora una volta così lontana. Continua la maledizione di Anastasia Pavlyuchenkova, che a quasi 28 anni si era trovata tra le mani la grande chance di irrompere per la prima volta in una semifinale Slam, lei che ha alle spalle un’ottima carriera junior e pur non riuscendo a irrompere tra le prime 10 del mondo ha sempre avuto addosso l’etichetta di “mina vagante”.
La russa è stata vicinissima al traguardo ma ha dovuto cedere il passo all’esuberante, come lei stessa si definisce, Danielle Collins, che a conti fatti ha cominciato la sua carriera tennistica esattamente un anno fa quando a Newport Beach vinceva il torneo WTA 125k che le regalava, di fatto, una wild-card per Indian Wells, torneo in cui fece il quarto turno e poi proseguì con la semifinale a Miami.
Nativa della Florida, sulla costa ovest del paese, la venticinquenne americana ha colto il risultato più bello della carriera mettendo in fila ottime giocatrici fin dal primo turno, quando rimontò un set di ritardo a Julia Goerges che andò anche a servire per il match ed era avanti 30-0 prima di smarrire la battuta. Oltre alla tedesca, Sachia Vikery, Caroline Garcia e Angelique Kerber prima dell’exploit odiano contro Pavlyuchenkova, battuta 2-6 7-5 6-1 su cui ha pesato tantissimo il calo della russa nel secondo parziale.
‘Nastia’ era saldamente in comando, dopo un primo set vinto anche grazie a un primo turno di battuta in cui ha avuto bisogno di 13 minuti e 11 parità per spuntarla. Il lungolinea era la soluzione che le riusciva meglio, e con buona attenzione riusciva a rintuzzare il possibile rientro dell’avversaria quando nel momento di chiudere il parziale ha concesso qualcosa (due doppi falli) andando però con decisione sulla palla quando lo scambio iniziava. A inizio del secondo parziale un brutto game al servizio perso da 40-15 ha dato fiato e speranza alla statunitense, che ha cominciato a essere molto più efficace soprattutto di rovescio, colpo più fluido del repertorio, salendo fino al 5-2. Pavlyuchenkova riusciva a ricucire il distacco, ma sul 5-6 i nervi che tante volte l’hanno condannata, in carriera, sono riaffiorati. Un brutto errore in apertura, uno schiaffo al volo sbagliato sul 15-15, a campo vuoto, e poi con un altro dritto a chiudere a due passi dalla rete sul 40-40 dove ha sbagliato la direzione e ha finito per perdere il punto. Alla fine si è consegnata, facendo risaltare l’esultanza molto forte della sua avversaria. Una pietra tombale sulla partita.
Il terzo set non si è praticamente giocato, con Pavlyuchenkova rimasta a quei frangenti dove era netta la sensazione che si stesse giocando tutta la sua partita. Adesso, per Collins, la sfida a Petra Kvitova che potrebbe addirittura voler dire finale.
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