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Puntuale come le tasse e la morte, passateci il luogo comune, i primi caldi e le scarpe sporche di terra ci ripresentano The King of the Clay, al secolo Rafael Nadal, il toro di Manacor. Lasciato il circuito a Melbourne, lo spagnolo torna in campo a Montecarlo e insieme alla terra rossa trova una rinnovata inscalfibilità. Siccome siamo abituati non ci sorprendiamo più, ma quello che fa Nadal è impressionante. A Montecarlo non concede mai più di 5 game a partita e solo Dimitrov in semifinale tocca i 4 game in un set. Volato a Barcellona la stanchezza gli fa perdere otto game contro Carballes Baena e poi Klizan compie l’impresa: vince 5 game in un solo set. La finale con Tsipras finisce 6-2 6-1 e in mezzo, in queste dieci partite, c’è anche il tempo di un 6-0 6-2 inflitto al povero Thiem e un 6-4 6-0 a Goffin. In teoria due tra i rivali più accreditati. La settimana di riposo tra Barcellona e Madrid gli fa perdere forse il ritmo e dopo aver superato due turni stavolta contro un Thiem che tira tutto e non sbaglia niente finisce per cedere. Poco male, perché lo spagnolo vince a Roma – aiutato dal tempo, quando sembraa che Zverev avesse trovato la chiave per fermarlo – e soprattutto si conferma al Roland Garros, dove il solo Schwartzman riesce a togliergli un set. Tutto questo fatto non da un fuoriclasse nel suo prime time, ma da un campione in là con l’età, compirà 33 anni a giugno ’19, e sulla superficie più dura del tennis.
In mezzo a quest’esibizione resta ben poco per gli altri. Federer gira al largo come già nel 2017; Djokovic sembra irrimediabilmente perduto e in chiara confusione, come dimostra la wild card chiesta a Barcellona per andare a perdere contro Klizan; Dimitrov una volta gioca bene e quella dopo perde contro Raonic (!) a Madrid; Kyrgios figuriamoci se si avvicina su terra e Cilic, l’altro finalista di Melbourne, fa quello che può, tipo perdere a Istanbul contro Jaziri invece di andare a Madrid; Thiem gioca due grandi partite al Rolando ma lo fa troppo presto, contro Zverev e Nishikori, così al cospetto di Rafa si scioglie ancora; e Zverev continua a rimanere nel guado: migliora ma non abbastanza. Rimane il solito del Potro, che però è rotto e si ritira da Roma e che al Roland Garros fa un mezzo miracolo ad arrivare in semifinale, perdendo un solo set prima di sbattere contro Rafa. Ma la cavalcata di Rafa avviene in una terra desolata, dove i nemici sono troppo occupati a leccarsi ferite misteriose e a cercare fiducia per essere considerati delle valide alternative. Questo consente a Marco Cecchinato di vivere la migliore favola sportiva della sua vita. Cominciato l’anno con appena 4 vittorie nel circuito ATP, a 25 anni il palermitano trova uno spazio insospettabile proprio al Roland Garros, dove a primo turno va sotto di due set a zero contro Copil ma poi, contro avversari in condizioni davvero poco adatte allo sport di vertice, non si ferma fino alla semifinale contro Thiem. Brilla naturalmente la vittoria ai quarti del Roland Garros contro Novak Djokovic, anche se il serbo è ancora una pallida imitazione dell’ex numero uno del mondo che fu. La sua resurrezione, ne parleremo prossimamente, è del tutto imprevedibile tant’è che la vittoria di Cecchinato è una sorpresa non troppo clamorosa. Sia consentito dire però, che in un momento normale del tennis un giocatore come Cecchinato difficilmente sarebbe arrivato così lontano in uno slam, il che vada detto in suo onore, non è da tutti cogliere l’unica opportunità che ti passa davanti.
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