Qualcuno di voi è mai stato a Singapore? Se la risposta è “sì”, e siete persone che sudano tanto per natura, capirete quanto starò per scrivere. Se la risposta è “no”, vi si apriranno orizzonti nuovi. Potete anche dire “eh ma che sarà mai, vivo nella Pianura Padana da 20 anni e so che cosa sia l’umidità”. Baggianate, mostruosità, eresie. “Singaoven” è qui per voi, con i suoi 34 gradi fissi (la minima storica, qui a 152 chilometri dall’equatore, non è mai stata inferiore ai 20 gradi) e un 90% di umidità che ridono in faccia a molte delle esperienze che racconterete.
Salendo dalle scale mobili di qualunque stazione della metropolitana, la prima cosa che penserete sarà proprio: “Chi ha lasciato il forno acceso?”. Eppure questo posto racchiude in se qualcosa di magico. Al di là del vedere la propria camicia cambiare colore, dell’eterno dubbio quando si è fatta una doccia se quello che si ha addosso sia acqua o sudore, superati questi ostacoli c’è un mondo da scoprire e una città-stato che racchiude in sé forse le maggiori concentrazioni etniche e culturali del pianeta.
Per un esempio simile, tra le città visitate, potrebbe essere citato Melbourne. Eppure qui basta cambiare via per trovarsi in un posto completamente diverso dal precedente, e il fatto che tutto funzioni con la massima efficienza in un mix di strutture moderne e quartieri più antichi rende il tutto ancor più sorprendente, come lo è altrettanto la gentilezza e l’educazione delle persone che pur facendo fatica a parlare un buon inglese si fanno in 6 per aiutarti. Due anni fa l’alloggio era in un appartamento vicino alla fermata della metro denominata “Dakota”. Si trovava in un condominio a sua volta inserito in una serie di 7 condomini accanto a una pista ciclabile che costeggiava il fiume. La cosa divertente che si notava, tornando a casa alle 3 del mattino dopo aver concluso gli ultimi lavori in sala stampa, era vedere il numero impressionante di persone che facevano jogging a quell’ora. Un posto molto sicuro, dove ti possono multare fino a 60 o 70 euro per un parcheggio inappropriato di una bicicletta in un grande piazzale. Quest anno l’abitazione è poco più a nord, con Dakota sempre come punto di riferimento ma in una condizione molto diversa: case molto più piccole, niente costruzioni esagerate, diverse rosticcerie cinesi. L’odore di fritto è abbastanza intenso, ma al di là di una tempesta tropicale impressionante durante la notte è filato via tutto nella maniera più tranquilla.
Erano circa le 4 del mattino quando un lampo ha illuminato a giorno la stanza, dove pure le tende erano state tirate, e il tuono che ne è seguito è stato assordante. Al di là di tutto la preoccupazione maggiore era quella di controllare se fossero state chiuse le finestre erano chiuse. Non lo erano. In bagno c’era un lago. Bravo Diego.
Gli acquazzoni di quel genere, raccontava questa mattina il padrone di casa, sono normalità. Se non altro hanno un loro fascino nell’impeto della natura che genera fenomeni così, un equilibrio abbastanza instabile che passa da “fascino” a “terrore” nel momento in cui purtroppo succedono problemi ben più seri.
Per ammazzare il tempo sono cominciate a prendere forma le tabelle e le informazioni WTA su questo Master che da un lato si annuncia piuttosto segnato nella direzione di Caroline Wozniacki, mentre dall’altro c’è sempre l’interesse di vedere come si comporteranno le debuttanti e tra loro, nell’anno del Signore 2018, c’è quella che forse più di tutti aspettavamo: Naomi Osaka. Non solo noi, a quanto pare, visto che questa sera durante la cena di Gala organizzato nell’incredibile sala congressi del Marina Bay Sands sono stati tantissimi ad applaudire alzandosi in piedi, con i bambini e i ragazzi che partecipano agli eventi collaterali del torneo tutti a urlare “ooooooooooh” mentre il presentatore, l’esperto Andrew Krasny, cercava di scegliere le parole migliori per alzare l’enfasi del momento.
E l’euforia generale era cominciata almeno da mezz’ora prima, quando Sascha Bajin è andato a salutare le ragazze che si contenderanno i titoli u-14 e u-16 con le finali in programma questa domenica e tutte loro a mettersi in fila una a una per fare una foto come se fossero di fronte a una rockstar.
Eppure il clan-Osaka è estremamente tranquillo e pacato. Pochi minuti prima, uscendo dalla sala, mi sono involontariamente imbattuto nella madre e chiedendole scusa per averle eventualmente intralciato la strada ho fatto cenno di poter passare. “No no, no no, prima tu” diceva, probabilmente con aria un po’ imbarazzata ma con estrema gentilezza, “e scusami se non ti ho visto”. Al massimo il colpevole ero io, ma da quel semplice gesto potremmo capire come mai la figlia sia così a sua volta cortese con tutti.
Appena fuori dal salone, c’era una band che riproponeva diverse canzoni. Il cantante era scatenato, tutto intorno la gente beveva champagne da bottiglie, e bottiglie e bottiglie di Moet & Chandon. Deve essere buono, pare. Hanno provato a offrirne un paio anche al sottoscritto, ignari come molti del fatto che sia astemio. Sì, quello che si presta con grazia a guidare la macchina quando serve senza grandi problemi. Quello talmente generoso che lascia la propria parte in favore di qualcuno più bisognoso. Detto ciò, ci sono state situazioni abbastanza carine. Raemon Sluiter, coach di Kiki Bertens, camminava lungo il corridoio con l’aria di chi aveva viaggiato 10 ore poco fa e il coach di Petra Kvitova, Jiri Vanek, gli è passato accanto provando a farsi notare. Non c’è riuscito al primo tentativo, allora gli ha mollato una manata sulla spalla, Sluiter si è girato e lui: “Congratulazioni!”. Occhiolino, cenno d’intesa e sorrisi da entrambi. Sportività che continuava con Darren Cahill, coach di Simona Halep, impegnato in una lunga chiacchierata con il marito di Karolina Pliskova e l’attuale allenatrice, Rennee Stubbs. Anche lì, tante parole e molti sorrisi tra loro. Una considerazione: Pliskova di gran lunga la migliore tra le giocatrici che hanno sfilato.
Infine, una parentesi su Simona Halep. Cominciare il Master senza di lei sarà una perdita non da poco, visto che era sempre stata presente nelle ultime 4 edizioni. Adesso deve pensare alla schiena, ma il suo comportamento è molto apprezzato dai rappresentanti WTA qui. Da numero 1 del mondo, infatti, non solo ha accettato di rimanere con le altre giocatrici mentre loro sfilavano (lei era seduta a tavola con il suo team ad applaudirle) ma domani sarà pure impegnata nel tradizionale All Access Hour in cui a parlare sono tradizionalmente solo le protagoniste del torneo. Ci sarà anche lei, per rispetto non solo verso gli organizzatori ma anche verso i giornalisti soprattutto locali e che non possono avere chance di fare domande a lei durante la stagione. Un qualcosa già avuto durante il torneo di New Haven e che non tutti hanno saputo: è arrivata in Connecticut alle 10:30 di sera per dare forfait dopo la massacrante finale di Cincinnati e ha accettato di rimanere per firmare qualcosa come 130 palline da tennis, una per ogni fan rumeno che aveva comprato il biglietto per vederla giocare, e per prestarsi a sessioni di autografi. Un po’ come Elina Svitolina, questa sera premiata come la giocatrice più corretta e disponibile di tutte dalla stessa WTA che ha tenuto a conto delle occasioni in cui si è prestata per clinic coi bambini o impegni di vario genere con gli sponsor. Non di meno, ricordiamo tutti come sia stata la prima a correre preoccupatissima verso Mihaela Buzarnescu quando la rumena era caduta a terra a Montreal rompendosi i legamenti della caviglia.
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