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Se la WTA si trasforma nel “Serena Williams Fans Club”

A notte fonda, mentre Novak Djokovic stava alzando la coppa del suo terzo US Open e parlava di se stesso, della famiglia e di Pete Sampras, arrivava un comunicato della WTA e del suo Ceo Steve Simon che sembrava essere scritto non da una federazione e da chi la gestisce, ma da un fans club di una singola giocatrice. “Non dovrebbero esserci differenze nel trattamento tra uomini e donne, ma nella finale non abbiamo visto questo”. Dunque, la WTA non solo dà ragione a Serena, sposando la tesi del sessismo, ma implicitamente dà del maschilista all’arbitro Ramos.

In più, chiosa finale, dice che questa partita dovrebbe essere ricordata per la nascita di una nuova stella (la Osaka) che si è scontrata contro una delle più grandi giocatrici della storia. Curioso, dato che in questo modo non si fa altro che continuare a sottolineare più la vicenda della polemica di Serena piuttosto che il successo della giapponese, accompagnata da due giorni da pacche sulle spalle consolatorie, che sanno tanto di “sì, bene, hai vinto, ora lascia parlare gli adulti”.

Ora, Serena è chiaro che ha giocato la carta dell’arma di distrazione di massa. Non sarà la prima e non sarà nemmeno l’ultima volta, che lo fa. Dopotutto, moltissime sue sconfitte (che d’accordo, non saranno state tante), sono ricordate più per le sue conferenze dopo la partita o per le sue intemperanze durante il match: contro la Clijsters nel 2009, contro la Stosur nel 2011, sempre per fare due esempi a New York.

In questo modo, la Williams ha fatto dimenticare a tutti che le stava prendendo (e le ha prese) di santa ragione da una nemmeno ventunenne, con delle pallate che nemmeno Goku (dato che si parla di Giappone) e che era tecnicamente in balia della sua avversaria. Adesso, con l’accusa di sessismo e di maschilismo all’arbitro Ramos, Serena ha raggiunto il suo scopo.

Quale? Non solo nessuno parla della sua sconfitta e di conseguenza della vittoria della Osaka, ma l’americana ha totalmente distorto la realtà dei fatti. A chi magari non ha visto la partita o non ha poi tanta confidenza con il mondo del tennis e sa a stento che l’arbitro è quel signore seduto su una sedia, è arrivato il messaggio che Serena ha perso “perchè ha perso la testa”. Quando in campo è successo l’esatto contrario: Serena ha perso la testa perchè stava perdendo. Anzi, stava straperdendo.

A Roma si direbbe che la più giovane della Williams è una “rosicona” che non accetta la sconfitta. Sicuramente l’ex numero uno del mondo è una straordinaria campionessa che non ha avuto chissà quante occasioni di essere battuta, ma quando l’ha provato, diciamo che non è quasi mai uscita con estrema eleganza.

Ora, regge l’accusa di sessismo? Un uomo quando parla di femminismo è sempre un equilibrista. Si potrebbe far notare, però, che Serena non giocava contro un maschio, ma contro una donna. Una giovane donna che in più la venerava, e che si è comportata, prima dopo e durante, da persona estremamente matura.

Ma va bene, non è nemmeno questo il punto, dato che si parla di disparità degli arbitri di trattamento uomo/donna. Ramos avrebbe agito così se a dargli del ladro fosse stato Federer o Nadal o Djokovic? Si, perchè il termine di paragone non devono essere, con tutto il rispetto, i Kyrgios o i Paire o i Fognini, ma i “pari top player”. La domanda è: quante volte avete visto fare cose del genere ai sopracitati Roger, Nole e Rafa e quante volte li avete visti prendere per ladro gli arbitri? Non è una domanda retorica, semplicemente chi vi scrive magari non ha una buona memoria.

Torniamo però al punto di partenza, la WTA. Una federazione che sta facendo di tutto per diventare non solo un fans club, ma una sorta di Williams Tennis Association. Più volte si è discusso con colleghi come Diego Barbiani dell’occhio, diciamo così, di riguardo, che si ha per Serena Williams.

Ovvio, certo, se l’è meritato, con tutte quelle vittorie, per essere con Venus la prima donna di colore a dominare questo sport e compagnia bella, ma sul serio è giusto arrivare a questo punto, ovvero fare un comunicato dove si accusa di sessismo un arbitro, una situazione del genere, giustificando di fatto una sconfitta di una giocatrice e facendo diventare eroico o giusto o una lotta per i diritti qualsiasi cosa faccia Serena?

Pure quello di diventare mamma e di tornare a giocare da mamma, anche non dormire la notte diventa fonte di storie strappalacrime. Anche la depressione post parto. Vi chiedo: quante mamme e quante donne hanno vissuto e vivono problemi del genere, senza essere per forza fatte diventare degli esempi per il mondo intero?

La stessa Williams poi fatta diventare testa di serie a destra e a manca perchè “ha perso il ranking perchè era incinta”. O perbacco, e la Azarenka (che pure ha difeso Serena nell’occasione della finale degli Us Open) perchè non ha ricevuto lo stesso trattamento? Perchè ha vinto 21 slam in meno? E la solidarietà tra donne e tra colleghe dove sta allora?

Ma nel comunicato della WTA non traspare solo questo. Dai toni, infatti, e anche dalle parole di Billie Jean King (che ovviamente si è schierata con la Williams), traspare forse sempre di più una maggiore voglia di fare per conto loro, di lasciare questa sorta di alleanza con l’ATP (che forse non sarebbe poi troppo dispiaciuta dalla cosa) e di fare da sola, per conto proprio. Sarà una provocazione, ma forse la WTA vuole una federazione di donne con tornei di sole donne con giudici, tecnici, arbitri e qualsiasi cosa solo donne. In questo caso, forse, le parole di Steve Simon avrebbero più senso.

 

 

Luigi Ansaloni

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