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Wimbledon: una grande favorita, tante storie e molti scivoloni (per nulla sorprendenti)

A leggere i vari portali d’informazione, in questi giorni, sta rimbalzando forte un grande stupore sul perché approcceremo il Manic Monday di Wimbledon con un tabellone femminile quasi spoglio delle prime 10 del mondo. Ne sono rimaste due: Karolina Pliskova, numero 8, e Angelique Kerber, numero 10. La verità però è anche un’altra: quante delle attuali top-10, in questo momento (dato che fa tutta la differenza del mondo) potevano legittimamente sperare di arrivare alle fasi finali? Nel tennis femminile odierno il livello è talmente equilibrato che si può parlare di grande costanza ad alti livelli già solo arrivando spesso ai quarti di finale, perché coi tabelloni attuali lo spazio per chi si inserisce dal basso, e basta una giornata un po’ sotto il proprio standard che si rischiano sconfitte dolorose come accaduto per esempio a Simona Halep.

La rumena non ha giocato male il match contro Su Wei Hsieh. È persino arrivata a match point, si era ben comportata nell’importante fase all’inizio del terzo set quando aveva preso margine, ma nel momento finale è mancato qualcosa. La giocatrice di Taiwan stava mostrando come mai a Melbourne andò vicinissima a battere Angelique Kerber, lei ha prestato il fianco alla tensione che nel testa a testa non sempre può portare a esiti positivi. Non troviamo alibi: per la numero 1 del mondo è una bocciatura, ma mettendo in relazione il gioco di Halep (e Kerber) con quello completamente atipico di Hsieh si capisce come mai si sia arrivati a quel tonfo: la rumena, come la tedesca, è una giocatrice che non ha l’abitudine a giocare contro chi varia così bene e accarezza la palla con quella delicatezza di Hsieh, capace di giocare palle completamente diverse colpo dopo colpo e di mandare in confusione l’avversaria.

Halep e Petra Kvitova sono probabilmente le uniche vere delusioni di questo torneo. Non può esserlo la campionessa uscente Garbine Muguruza, che per quanto portasse con sé l’importante fardello della difesa del titolo stava vivendo un 2018 costernato di problemi, mancanza di fiducia, brutte sconfitte, ritiri, e una situazione che non convince tutt’ora. Poniamoci la domanda: chi è Garbine Muguruza in questo momento? Il risultato più importante in stagione è un 6-1 6-2 a Maria Sharapova nei quarti di finale a Parigi, frutto di un campo lentissimo, appesantito dalla pioggia, dove la russa non riusciva a spostarsi e la sua palla si fermava al contatto con il terreno. Per il resto molte più ombre che luci, come un’idea di gioco che non sembra affatto favorirla: vuole spingere ma spesso sembra non sentire la palla, o non fidarsi dei propri mezzi, e al di là di errori grossolani il colpo esce spesso debole dalle sue corde. L’apoteosi, in questo processo di quasi involuzione, è arrivato a metà aprile in Fed Cup quando vinse in quasi 3 ore con la numero 334 del mondo mettendo a segno solo 7 vincenti. Wimbledon è stato una riedizione dell’Australian Open, dove con tante difficoltà è uscita di scena al secondo turno. Quella volta ancora contro Hsieh, ora contro Alison Van Uytvanck (che si è confermata, travolgendo Anett Kontaveit e agguantando gli ottavi).

Non può essere una sorpresa neppure l’uscita di scena di Venus Williams, perché è vero che negli ultimi 2 anni aveva ottenuto una finale e una semifinale, ma questo 2018 è per lei un anno molto negativo e al momento rischia di essere anche fuori dalle prime 40 del mondo nella Race. Due vittorie piuttosto stentate contro avversarie di basso calibro come Johanna Larsson e Alexandra Dulgheru prima del tonfo (sulla carta non prevedibile, vero, ma poi subentrano altre variabili) contro Kiki Bertens. Abbastanza prevedibili i ko di Sloane Stephens ed Elina Svitolina al primo turno: l’ucraina è in un momento mentalmente molto delicato dopo la pesante bocciatura di Parigi, l’ennesima a livello Slam e sulla superficie dove forse poteva sognare qualcosa di importante, e l’erba è per lei una superficie che ancora crea problemi, non di meno Tatjana Maria è arrivata carica a 1000 dopo il primo titolo WTA a Maiorca e al contrario sa perfettamente come giocare di fino e sebbene il suo rovescio in back non ha mai tratto grande efficacia su cemento o terra, su erba è diventato un’arma che ha mandato in difficoltà continua Svitolina, capitolata con un 6-1 conclusivo; l’americana, invece, non ha fatto molto di più che soccombere a una Donna Vekic contro cui su erba paga qualcosa in termini di efficacia al servizio e del dritto. Se poi Sloane non alza il ritmo, la sfida è chiusa. Anche la croata, come Aliaksandra Sasnovich, Van Uytvanck e Belinda Bencic, dopo i loro exploit è arrivata alla seconda settimana.

Non è una top-10 di grande spessore, visto che è falsata da alcuni risultati. La stessa Stephens è in top-5 perché ha pescato il jolly in 2 Slam e ha trascorso un anno intero senza punti in uscita, Venus si è fatta 6 mesi in top-10 senza vincere partite al di fuori del cemento nord-americano ma aveva (e ha tutt’ora) cambiali molto importanti che la terranno in top-15. In questo scenario che per molti è apocalittico, mentre per chi segue il circuito femminile è spiegabile senza troppi giri di parole, rimane il dettaglio che se già all’inizio Serena Williams partiva coi favori del pronostico ora quella previsione prende ancor più vigore. Tre giocatrici fuori dalla top-100 nella strada verso i quarti, nessuna testa di serie prima (almeno) della semifinale. La giocatrice dal ranking più alto affrontata è Kristina Mladenovic, numero 66. Era inserita nel quarto di tabellone più debole possibile, visto che (almeno qui lo si era detto da subito) né Svitolina né Caroline Wozniacki erano previste ai quarti di finale, e la fortuna è sempre stata dalla sua per quanto lei sia tra le atlete più forti in assoluto. Evgeniya Rodina, numero 120, ha fatto ben oltre il suo massimo approfittando della mancanza di sangue freddo di Madison Keys, e dunque proiettiamoci ai quarti dove o Camila Giorgi o Ekaterina Makarova potrebbero, forse, rappresentare un primo test. Troppo poco, sulla strada del titolo numero 24 che sembra materializzarsi sempre più.

Incuriosisce la posizione di Pliskova. Karolina non aveva mai passato il secondo turno da queste parti. Quest anno non solo c’è riuscita ma poi, al terzo, ha rimontato una sfida quasi persa contro Mihaela Buzarnescu, cliente in questo periodo pericolosissima. Ricordate lo US Open 2016? La ceca superò per la prima volta in carriera il terzo turno Slam e trovò una forma psico-fisica straordinaria tanto da sfiorare il titolo in finale. Forse pensare all’ultimo atto, soprattutto per la presenza in zona di Serena, è proibitivo, ma bisogna vedere che effetti avrà questo successo sul suo gioco, soprattutto perché partirà favorita contro Kiki Bertens e ai quarti potrebbe avere Vekic o la grande amica Julia Goerges.

La parte alta vedrà una finalista tra Hsieh, che tra l’altro vinse il titolo in doppio qui 5 anni fa, Dominika Cibulkova (ai quarti nel 2016), Jelena Ostapenko (nel 2017), Sasnovich, Van Uytvanck, Kasatkina, Angelique Kerber (finalista nel 2016), Bencic. Per molti è un tabellone orrendo, per molti altri è pieno di ottime prospettive. Il rientro di Cibulkova ad alti livelli è qualcosa di abbastanza inatteso, soprattutto su erba, eppure la slovacca ha tratto grande beneficio dalla rabbia accumulata a fine della scorsa settimana quando ha saputo che sarebbe stata esclusa dalle teste di serie. Come vendetta, ha eliminato la numero 1 britannica che uscirà dalle prime 40 del mondo per la prima volta dopo 3 anni. Contro Hsieh però non partirà favorita, perché Su Wei su erba può mettere in evidenza la grande differenza di qualità tra le due su questa superficie e se saprà spostarla dalla riga di fondo chiamandola a rete potrà avere in doti tanti punti a proprio favore.

Alona Ostapenko, nel silenzio generale, è tornata in una seconda settimana Slam. Doveva essere dispersa dopo il fallimento del Roland Garros, invece sta dimostrando sul campo che quell’inciampo vuole essere un semplice neo all’interno di un periodo in cui ha spesso raggiunto almeno i quarti di finale. Sommersa di critiche, già catalogata come meteora, nessuno ha fatto caso al ranking dove il crollo è stato minimo rispetto ad altre colleghe che dopo un trionfo in un Major hanno vissuto lunghi periodi di calo. Lei aveva continuato a fare risultati, giocando negli ultimi mesi alla pari di tante big. Domani sarà favorita contro Sasnovich, ma attenzione alla bielorussa, anche lei passata spesso lontana dai radar ma che (seppur in dimensione minore) sta macinando strada verso la top-30. Anche lei, inoltre, dopo l’exploit iniziale contro Kvitova non solo si è confermata ma lo ha fatto dominando Taylor Townsend e Daria Gavrilova.

Kerber è la favorita dell’ultima zona di tabellone rimasta. La tedesca ha lasciato un’ottima impressione fin qui sia da un punto di vista caratteriale che tennistico, ma adesso ha di fronte a sé un’avversaria contro cui ha sempre perso: Belinda Bencic. L’ultimo precedente assoluto è nella Hopman Cup, che non viene conteggiata come evento ufficiale, a inizio 2018 e vide la tedesca imporsi con agio. Non basta a spostare l’ago della bilancia, ma rende la situazione molto interessante: ci sono chance di una giocatrice classe 1997 ai quarti, con la possibilità di un possibile “derby” tra coetanee con Daria Kasatkina, che gioca un altro match alla pari contro Van Uytvanck.

Diego Barbiani

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