[24] K. Nishikori b. [15] N. Kyrgios 6-1 7-6(3) 6-4 (Cristina Pozzolli)
Gli anni pari portano bene a Kei Nishikori che batte Nick Kyrgios e ritorna per la terza volta agli ottavi di Wimbledon, già raggiunti nel 2014 e 2016.
Kyrgios probabilmente ha perso tutta la pazienza (poca) di cui dispone nell’attesa di scendere in campo, visto il notevole ritardo accumulato sul Campo 2 dopo le inutili battaglie di Halep e Zverev. L’australiano non ne vuol sapere di giocare e il giapponese chiude il primo set 6-1 in venti minuti. Nel secondo parziale Kyrgios si rianima, almeno al servizio, per il resto è un continuo scuotere la testa insoddisfatto di se stesso e di tante altre cose, quali non è dato sapere. Nishikori non si distrae, anzi non regala proprio niente e come una formichina mette in cascina i punti più importanti e fa suo anche il secondo parziale dominando il tie break. Non si può dire che Kyrgios molli nel terzo ma di certo il suo linguaggio corporeo non fa pensare che abbia voglia di lottare. Non c’è uno schema, non c’è una regola in campo se non la solidità del giapponese che si isola, pensa solo a se stesso senza curasi di quello che succede dall’altra parte del campo e, con rara intelligenza tennistica si prende tutti i punti che può. Nick non abbandona il campo, ci prova ma è troppo discontinuo e non trova pace nel suo gioco. Sono tre i match point che l’australiano concede al servizio nel decimo game del terzo set che volano via seguendo la scia della follia di questo match. Alla quarta occasione però il giapponese si prende campo e match volando agli ottavo dove lo attende Ernests Gulbis.
[Q] E. Gulbis b. [3] A. Zverev 7-6(2) 4-6 5-7 6-3 6-0 (Rossana Capobianco)
Se lo guardi in viso, sembra un principe.
Se gli guardi il rovescio, incanta, specie su una superficie veloce come l’erba.
Se poi lo vedi colpire di dritto, sgrani gli occhi. Quel difetto tecnico mai corretto, anzi forse peggiorato. Quell’indolenza in tutto, che a fasi alterne scompare, per un torneo o due, se va bene per un mese intero. Sono due settimane di fila, qualificazioni comprese, che Gulbis è concentrato.
È una di quelle notizie che possono sconvolgere gli appassionati, che conoscono il talento del lettone esattamente quanto la sua volubilità. È solo di pochi giorni fa l’episodio in cui, dopo il break subito, va ad abbracciare uno del pubblico e poi ad aprire la borsa dell’avversario, convinto fosse la sua.
Ma l’erba, a Ernests, è sempre piaciuta, fin da quel secondo turno contro Nadal ormai dieci anni fa. E anche oggi, sotto due set a uno con tante occasioni sprecate, come spesso gli accade, ha continuato a voler giocare, a voler stare sui prati, a lottare con servizio, risposta e rovescio contro un avversario che appena gli scardini il piano A, non ne ha più.
Si era già salvato nei giorni scorsi, Sascha, quando Taylor Fritz aveva trovato quell’ora in cui tutto quadrava, prima dell’oscurità: alla ripresa, il giorno dopo, la solidità di Zverev aveva fatto la differenza.
Oggi, tutti i limiti del tedesco tre set su cinque sono venuti fuori: l’incapacità di fronteggiare le situazioni in cui tecnicamente è messo al muro, in cui tatticamente si trova in difetto. Il 6-0 finale è il velo pietoso su una partita che avrebbe potuto vederlo maturare a questo livello.
Invece no, invece vince Gulbis, che aspetta Kyrgios o Nishikori per una sfida che, se dovesse essere con l’australiano, sarà uno spasso da guardare.
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