Sembra si torni a sette anni fa.
Sette anni che a riguardarli sembrano un’eternità, eppure la sensazione è la stessa. Ed è quella di un Federer a due facce, quello sicuro, troppo sicuro, che gioca bene e travolge l’avversario finché la tensione non cala, l’altro se ne accorge, gli monta addosso e inizia un’altra partita: quella in cui Federer è vulnerabile, umorale, non pienamente in partita con la testa e poi con le gambe.
In uno scenario insolito per Federer, quello del Campo numero 1, ultima volta visto nel 2015, sempre ai quarti ma con Simon, Roger mostra la sua faccia più emotiva, quella che si complica partite già vinte. Quello che ha un match point nel terzo set, lo spreca con un passante in rete e poi perde la partita, rimontato, come un qualunque inesperto a questi livelli.
È quello che, contrariato, inizia a giocare passivamente e quando prova a tirare sbaglia, anche di tanto, stecca, la prima non va più troppo veloce, risponde male. La peggiore versione possibile di Federer, quella in cui si vedono tutti i suoi anni e l’avversario cerca e trova i colpi della vita, perché quale migliore scena se non quella dei Championships per farsi ricordare.
Sette anni fa accadde contro Jo Wilfried Tsonga, avversario più forte di questo Kevin Anderson che però a un certo punto, ringalluzzito da un Federer confuso, si è messo a fare il fenomeno anche in risposta.
Ed è così che diventa una maratona di servizi, nella quale Anderson è favorito anche se serve per secondo: Federer non mette mai pressione sulla seconda del sudafricano e non mette nessun dubbio quindi all’avversario.
Specie su erba, se inizi a perdere fiducia, la partita può girare in poco tempo: è quello che è successo a un Federer che ha perso la bussola in una partita praticamente vinta, tra le urla di un pubblico pronto per la semifinale dell’Inghilterra, che canta “It’s coming home” a un Federer che ha perso “casa sua” e il suo gioco nel pomeriggio fresco di una Londra meno dolce per lo svizzero, sfumata via in maniera inaspettata, un po’ a causa sua e un po’ grazie ad Anderson che ci ha creduto fino in fondo, per un pomeriggio di vera gloria.
In semifinale il sudafricano affronterà, forse un pò a sorpresa, l’americano John isner, testa di serie numero 9, che ha battuto il canadese (13) con il punteggio di 6-7 7-6 6-4 6-3. Tutti aspettavano una vera e propria guerra di servizi, lo è stata molto, molto meno di quanto ci si aspettasse.
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