Alla fine, si sono ritrovate. Si cercavano da tempo, da due anni e mezzo quasi. L’ultima volta fu a Melbourne 2016, nei quarti, e chi vinse è facile ricordarlo: Serena Williams, che delle ventuno sfide con Maria Sharapova ne ha perse solo due, entrambe nel 2004, l’anno di grazia della russa vittoriosa a Wimbledon.
Due regine contro, per l’ennesima volta, diverse in tutto, forse nemiche, di sicuro non amiche. Ma sapete come vanno queste cose, alle grandi sfide ci si fa l’abitudine, ti entrano dentro, diventano parte stessa delle contendenti. Che poi, a guardare i numeri, è una sfida che sul campo non è mai esistita davvero. Troppo grande la differenza, troppe le vittorie di Serena, i 23 Slam, i 72 trofei. Maria vale la metà, 36 vittorie. Eppure, gli opposti si attraggono e le due, in una nuova sfida, ci speravano.
Vi giungono in modi opposti. Maria Sharapova sta meglio e fra Roma e Parigi, che ormai sono diventati due fra i suoi tornei preferiti, è tornata a giocare di slancio, da grande combattente qual è sempre stata. Ieri ha superato Karolina Pliskova, quasi in souplesse. Serena è alle prese con una rinascita, invece. È qui da mamma, vestita con la tutina nera, «da regina di Wakanda», lo stato che non c’è celebrato nei fumetti di fantascienza. Ha voluto tornare in campo il più presto possibile, ed eccola qua, sette mesi dopo la nascita della bimba. È negli ottavi, però, ha battuo anche la tedesca Goerges e in molti non se lo aspettavano. Sta riprendendo a macinare le avversarie, come ha sempre fatto. E a 36 anni non è cosa da poco.
Vedremo se le riuscirà anche con la Sharapova. Vedremo se la sua vis polemica nei confronti della russa è ancora la stessa, nonostante Maria si sia schierata dalla sua parte quando Parigi le ha negato una testa di serie nel torneo. «Diventare mamma e tornare al tennis credo sia una delle cose più difficili del mondo», ha detto la russa, «e Serena ha vinto così tanto che per lei si possono fare tutte le eccezioni che vi pare. Andava trattata con più rispetto».
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