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A chi interessa la lezione di Djokovic?

Fantastico Rafa, poco da dire. Lo spagnolo ha smentito tutti, persino se stesso visto che aveva spesso detto che “non mi vedo in campo dopo i 30 anni”. L’amore per il gioco alla fine ha avuto la meglio e probabilmente anche l’amore per le vittorie. C’è una grande differenza tra il Nadal di fine 2016 e quello che va in giro per i campi nella primavera del 2018, tra il cupo e ombroso giocatore che perdeva il tiebreak decisivo allo US Open contro Pouille e l’inarrestabile dominatore dell’ultimo Roland Garros. In mezzo, dice Rafa, ci sta una ritrovata condizione fisica, che gli consente di esprimere il suo gioco. E se esprimo tranquillamente il mio gioco, è il sottotesto, io vinco, soprattutto sulla terra; ma non solo, visto che lo spagnolo è l’ultimo vincitore di quello stesso US Open che un anno prima sembrava decretare la sua decadenza. Tutto bene, benissimo, ma davvero le cose stanno così? Nelle vittorie continuate di un giocatore che ha varcato i 32 anni non ci sarà una qualche corresponsabilità degli avversari? In molti hanno notato una particolare coincidenza fortunata con i tabelloni degli ultimi due slam vinti dallo spagnolo. A New York, Rafa non incontrò mai uno dei primi 25 e vinse la finale contro il numero 32 del mondo. A Parigi, fino ai quarti di finale è capitata la stessa cosa. Dai quarti in poi però le cose sono cambiate, visto che lo spagnolo ha giocato contro, Zverev escluso, i giocatori più forti che si possano incontrare su terra in questo periodo. Il risultato non è cambiato, anzi Nadal è sembrato aumentare il distacco dagli altri via via che questi diventavano più forti, finendo col perdere, tra semifinale e finale, la miseria di 16 game, poco più di tre game a set. Un dominio indiscutibile.

Se proviamo a vedere il Nadal di questo periodo e quello di dieci anni fa, è facile notare che alcune cose sono cambiate. Per prima cosa è cambiato il rovescio, relativo punto debole del Nadal che fu e che adesso invece è diventato molto sicuro e non esclusivamente difensivo. Nadal riesce spesso a trovare anche degli angoli molto stretti, che finiscono col mettere in difficoltà il rivale di turno, e anche lo slice, seppur molto sgraziato, è sufficientemente lungo da non consentire all’avversario di attaccarlo senza prendere qualche rischio. La variazione del rovescio gli ha permesso di risparmiare molta fatica, rispetto al Nadal che fu, perché adesso non ha più la necessità di “girare” attorno alla palla per colpirla con la famigerata chele mancina. Il dritto, più falloso di un tempo, soprattutto quando è giocato con la partita ancora in equilibrio, rimane un’arma formidabile ma non è più quella decisiva.
L’altra cosa che Rafa ha cambiato è il rischio tattico. Nadal è sempre stato straordinario nel “leggere” la partita, ma la sensazione è che questa cosa si sia ulteriormente acuita, come naturale, con la maturità. Se si osserva il movimento di Nadal, quando a colpire è l’avversario, si noterà una tendenza dello spagnolo a cercare di prevedere che tipo di colpo gli arriverà. L’istinto del giocatore fa la parte, ma Rafa ha assimilato perfettamente, ed è in grado di elaborare rapidamente, una sorta di calcolo di probabilità: se il mio colpo ha la profondità X e l’avversario sta avvicinandosi sulla palla con la velocità Y, impugnando la racchettà in un modo Z è verosimile che il colpo successivo finirà nel punto K. Siccome il calcolo è corretto la stragrande maggioranza delle volte lo spagnolo può serenamente assimilare gli “scostamenti dalla media” per così dire, assumendosi appunto il rischio relativo.

Tutto questo è inascalfibile? Anche se sembra passato un secolo solo pochi anni fa c’era un giocatore in grado di battere facilmente Rafa, al punto da scalfire tutte le sicurezze dello spagnolo. Perché Djokovic batteva così facilmente lo spagnolo? Qual era – al netto della condizione fisica – il motivo per cui Nadal sembrava senza armi contro il serbo? O meglio: perché le armi di Nadal contro Djokovic sembravano spuntate?

Cominciamo dal rovescio. L’angolo che Nadal trovava poteva mettere in difficoltà Djokovic ma il serbo, grazie ad una notevole elasticità, era in grado di attenuare la pericolosità del colpo evitando che fosse definitivo. Detto altrimenti il rovescio di Nadal non faceva direttamente il punto e anche se costringeva l’avversario a perdere campo la più che buona fase difensiva di Djokovic gli consentiva di “ricominciarlo”. Djokovic si disponeva tranquillamente a ricominciare il palleggio sostenuto, attendendo il momento giusto. La stessa cosa per il “rischio tattico” che prende Nadal. Lo spagnolo riusciva a prendere un temporaneo vantaggio nello scambio ma la buona difesa di Djokovic non gli consentiva di chiudere il punto. Interviene qui quello che forse è il motivo principale per cui non si riesce più a battere Nadal. Le caratteristiche descritte non sarebbero sufficienti se Nadal non fosse anche uno straordinario difensore. Sfondare Nadal col colpo vincente, soprattutto sulla terra, è un’impresa disperata, perché Rafa rimanderà sempre dall’altra parte una palla qualsiasi che costringerà l’avversario a rigiocarla. E un ottimo giocatore potrà tirare due vincenti di fila con buoni risultati, un fuoriclasse magari riesce a giocarne anche tre uno dietro l’altro, Federer può arrivare a quattro ma nessuno è in grado di tirare cinque vincenti di fila. Perché il margine di errore si assottigilia ogni volta di più. Djokovic ha accettato di non essere in grado di farlo e se tirava il vincente e gli tornava la palla qualsiasi, raramente ne tirava un altro, pazientemente tornava a scambiare aspettando di trovare la respirazione giusta e la calma necessaria per tirare ancora. Giocare come fa Thiem contro Nadal è come puntare tutto alla roulette. Ti può certo capitare la giornata buona ma più spesso no, non ti capita e finisce come a Parigi.

Non sarà quindi un “attaccante” a mettere in difficoltà Rafa sulla terra ma solo un grande difensore dotato di enorme pazienza e tatticamente rilassato. Che non si faccia prendere dal nervosismo all’ennesima sventagliata di dritto che ti ritorna indietro per ricolpirla ancora, che accetti di vedere il suo meraviglioso rovescio tornare indietro per essere rigiocato. Esiste un giocatore così?

Roberto Salerno

Nato a Palermo, ho scritto un paio di racconti, vari saggi, circa 700 articoli di tennis, ma vado fiero solo di qualche flash, di una in particolare. Sono stato inviato non è tutto questo granché. "è favorevole ad un discorso democratico, in cui tutti parlano e poi lui spiega i motivi per cui gli altri hanno torto"

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Roberto Salerno

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