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Sharapova contro Mladenovic, un anno dopo

Dodici mesi fa Kristina Mladenovic diventava la prima giocatrice a battere Maria Sharapova dal rientro in campo per la squalifica per doping. Era fine aprile del 2017, la francese stava vivendo il momento più radioso, fin qui, della carriera e si apprestava a un mese di maggio con tante soddisfazioni. La russa invece rientrava dopo la sosta forzata per, a conti fatti, una stupidata che da un’atleta come lei non ci saremmo probabilmente mai attesi, ma Maria ci ha messo la faccia prima con gli appassionati e poi con i giudici, ottenendo uno sconto da due anni a 15 mesi.

Fin dalle ore successive all’annuncio della sua positività, l’ex numero 1 del mondo è stata oggetto dei pareri più accesi di colleghe e giornalisti. Si è detto di tutto, tra le tanti voci che ne volevano la testa su un piatto d’argento e chi cercava invece di minimizzare l’accaduto. Non si sa effettivamente l’intero quadro della vicenda: abbiamo avuto il colpevole, il mezzo per infrangere la regola, le motivazioni, i retroscena, tutti dettagli secondo un punto di vista, giudicato da una corte che non poteva che emettere come giudizio “colpevole” per la stessa ammissione di Sharapova, che rinunciò anche alle controanalisi assumendosi subito ogni responsabilità. Quello che però mescolava completamente le carte e faceva nascere dubbi e domande, come ad esempio sull’intenzionalità dell’assunzione per trarne vantaggio in termini di prestazione, era il fatto che quella sostanza era stata diventata illegale appena 25 giorni prima del test che è costato caro a Maria. Poi, di nuovo, possono nascere dubbi e domande se effettivamente lei avesse bisogno di quel farmaco per curare problemi che non aveva, ma rischiamo di immischiarci in universi di cui non abbiamo competenze, né noi modesti scribacchini né voi arditi fan: finché una sostanza è legale, a maggior ragione nessuno è tenuto a comunicarne l’utilizzo, dunque si potrebbe anche pensare che tanti altri ne abbiano fatto l’utilizzo fino alla fine del 2015 ma si siano fermati appena in tempo per non essere pizzicati.

Ecco perché le dichiarazioni di Mladenovic stonarono parecchio. Le prime, quelle espresse a caldo: “Noi tutte pensiamo che lei sia una scorretta. Fai presto a dubitare di lei e a pensare che non meriti nulla di quello che ha vinto. È qualcosa di tremendo, fortunatamente è venuto fuori”. Nessuna via diplomatica per esprimere la propria delusione, con espressioni che, come detto, “stonarono parecchio” perché espresse appena poche ore dopo la confessione e senza veri dettagli emersi, ma rivelati successivamente a processo dalla russa. Forse alcune parole precipitose, ma che aprirono alcuni squarci in uno spogliatoio già abbastanza turbolento. Kiki non tornò più alla carica con la stessa determinazione, utilizzò una via più razionale mano a mano che si avvicinava il rientro, ma rimase convinta della sua posizione di condanna. Il limite tra pena temporanea e squalifica a vita fu ben presto valicato da tante colleghe tra cui Eugenie Bouchard e Mirjana Lucic Baroni, che la paragonò a Lance Armstrong. Non è un elenco casuale, visto che prima la francese, poi la canadese e infine la croata furono le 3 che inflissero le prime sconfitte dal momento del rientro, a tarpare le ali di quello che i tanti fan della russa speravano fosse un rientro di fuoco.

A conti fatti, quelle 3 settimane le rovinarono i successivi 4 mesi e rivelarono al mondo WTA che questa è una giocatrice battibile. Sharapova rientrò ad agosto, giocò una partita “da Sharapova” e poi si spense di nuovo. Senza ritmo, senza partite, era un cantiere aperto. I problemi fisici non cessavano, soprattutto all’avambraccio, e neppure il trofeo di Tianjin riusciva a dare indicazioni sul suo stato. Per i maligni era il chiaro effetto di una giocatrice che senza la sostanza proibita non era più la stessa, per i più attenti la semplice constatazione che se dal 2007 al 2017 il suo fisico l’ha costretta a perdere quasi 5 anni di attività a causa di infortuni di varia natura, quei 15 mesi di stop avevano abbassato ancora di più la resistenza perché gli allenamenti non potevano essere gli stessi di quando sei in competizione e la settimana dopo hai un torneo, e ripartire avrebbe messo in luce tutte le difficoltà.

L’inizio del 2018 ha continuato a portare alla luce questi problemi e la mancanza di risultati, condita da alcune sconfitte pesanti, ha portato la russa alla separazione da Sven Groeneveld. Ne ha parlato sia a Stoccarda che a Madrid come uno dei gesti più dolorosi che potesse fare vista la grande amicizia e la lealtà che si è creata nei 4 anni con l’olandese. Un mese dopo l’inizio della nuova collaborazione con Thomas Hogstedt, siamo forse al vero esame. È la stagione su terra, superficie che le ha dato le soddisfazioni più importanti negli ultimi 8 anni, e come ha detto anche lei fisicamente ha reagito molto bene dopo i problemi avuti a marzo e ha messo insieme tanto lavoro che le lasciano sensazioni molto positive per il futuro. Quello a lungo termine sembra raccontare di una giocatrice che vuole continuare a sentirsi competitiva per gli obiettivi più ambiziosi, quello a breve termine invece le concederà su un piatto d’argento una prima piccola chance di vendetta. Lei probabilmente non ci penserà più di tanto, visto che non ha mai veramente risposto ad alcuna di quelle accuse tranne che a Stoccarda, nel torneo del rientro, quando si limitò a un laconico: “Sono molto sopra tutte quelle parole”. Espressione per indicare che a lei importava veramente poco o nulla.

Mladenovic si aspetta una Sharapova pronta ad accorciare lo scambio per evitare di entrare in scambi dove la sua varietà potrebbe causarle problemi, molto però dipenderà dal suo servizio, vero tallone d’Achille ad alti livelli. La russa vista nei primi due match alla Casa Magica è sembrata la tipica giocatrice in un percorso di crescita: servono partite, anzitutto, e vittorie che hanno il loro peso. Battere la prima giocatrice che la fermò al rientro, la prima che diede il via ai tanti commenti piovuti sulla sua vicenda, sarebbe un altro punto a suo favore nella strada di un rientro assai faticoso.

Diego Barbiani

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