[2] E. Mertens b. [Q] V. Lapko 6-1 4-6 6-4
Il match forse più intenso del torneo, con una solida nomination per uno dei più belli perché ha fatto scoprire le qualità di una giocatrice che ancora non è in top-100 (e non lo sarà neppure lunedì prossimo) ma che esce da Lugano con tantissime buone indicazioni. Vera Lapko, classe 1998 (nata a settembre), prodotto di un vivaio bielorusso che è sempre più sotto la lente d’ingrandimento: coetanea di Aryna Sabalenka, 4 anni più giovane di Aliaksandra Sasnovich. Sono loro che hanno trascinato lo scorso anno la propria nazionale alla prima finale di Fed Cup e sono loro, adesso, che stanno crescendo con grande interesse nel tour femminile.
Sasnovich è entrata poche settimane fa in top-50, Sabalenka da lunedì sarà numero 1 del proprio paese e almeno al numero 47, Lapko è la neo-arrivata agli occhi di molti, eppure è una versione ben più pericolosa ed efficace, quella di questa settimana, rispetto non solo all’Australian Open junior vinto nel 2016 ma anche alla stessa giocatrice di qualche mese fa, quando a Mosca arrivò fino al primo quarto di finale WTA in carriera. Questa settimana, a Lugano, c’è stato il secondo cammino importante e c’è mancato veramente nulla che arrivasse anche lo scalpo di Elise Mertens, la numero 2 del seeding, per la sesta vittoria consecutiva, l’ingresso in top-100 e la qualificazione al tabellone principale del Roland Garros senza passare dalle qualificazioni.
Lapko non ce l’ha fatta, sconfitta 6-1 4-6 6-4 con i nervi che sono affiorati proprio nelle fasi finali a macchiare un po’ quella che stava diventando l’ennesimo grande risultato della sua settimana in Svizzera. Ha reagito alla grande al primo set perso malamente, dove non era entrata in partita e lasciava che la belga facesse gioco, e dopo essere salita 5-2 e servizio nel secondo set ha avuto qualche problema nell’ottavo game ma ha chiuso, col servizio a disposizione, nel decimo.
Il terzo set è stato una grande battaglia. Il colpo che avrebbe potuto fare la differenza per Lapko era il dritto, una palla molto pericolosa, profonda e penetrante, ma gli equilibri sono girati quando Mertens è arrivata ad avere due chance di controbreak per il 4-4. Era stata colpita da una serie di vincenti, ma nonostante le oltre 8 ore nelle gambe degli ultimi 2 giorni ha continuato a crederci salendo subito sul 15-40. Qui ci sono state due chiamate consecutive errate del giudice di linea, sempre a sfavore della bielorussa: su entrambe è arrivata immediata la correzione del giudice di sedia, ma invece di calmarsi Vera è diventata molto nervosa, sbagliando poi la soluzione sulla seconda palla break. Nel nono game era sempre lei all’attacco, ma dallo 0-40 ha giocato male praticamente tutte le palle break, mancando l’ultima proprio col dritto perché si è fatta trovare fuori posizione sull’ultimo recupero della belga.
Rimontando da 40-15 nel game successivo, Mertens ha capito che c’era l’occasione d’oro di chiudere l’incontro ed evitare per la terza partita di arrivare a giocarsi tutto nei game finali. Così, alle 2 ore e 32 minuti del match di ieri contro Marketa Vondrousova (7-5 al terzo) e l’ora e 10 del doppio in serata con l’amica Kristen Flipkens, si sono aggiunte le 2 ore e 36 minuti di oggi contro Mona Barthel (7-6 al terzo) e le 2 ore e 5 minuti di questa semifinale. In totale fanno quasi 8 ore e mezza di partite in 2 giorni con netti segnali di ripresa rispetto alle settimane precedenti: siamo in un ambiente dove ha già dimostrato di saper fare molto bene, ma forse era proprio quello che le serviva a una settimana dallo spareggio di Fed Cup contro l’Italia, a Genova. Intanto, però, ci sarà una finale da giocare. Con che energie? È una bella domanda.
A. Sabalenka b. [WC] S. Voegele 6-4 6-2
Aryna Sabalenka sembra inarrestabile. È il primo main draw WTA in carriera sulla terra e la bielorussa è subito in finale. Escluso il primo set, perso contro Mihaela Buzarnescu 7-5 (ed era avanti 4-1) gli altri parziali sono stati: 6-3 6-2, 6-3 6-1, 6-3 6-0, 6-4 6-2. Gli ultimi due sono stati inflitti alla beniamina del pubblico, Stefanie Voegele, che può comunque festeggiare il rientro in top-100 dopo un anno e mezzo di problemi fisici e sarà nel main draw del Roland Garros.
Oggi, l’elvetica, non ha potuto fare granché contro la potenza e la precisione dell’avversaria, che alla grande aggressività accomuna sempre quell’innato timing che la rendono una forza devastante quando riesce a limitare gli alti e bassi. E ricordiamo: ha neanche 20 anni. In questo momento Sabalenka è come una Ferrari: una macchina che può viaggiare ad altissime velocità, solo bisogna imparare a gestirla nel migliore dei modi. Lo sta facendo, perché quella di oggi è già la seconda finale WTA in carriera e si è garantita l’ingresso in top-50 (sarà almeno numero 47 del mondo) e i margini di miglioramento sono sconfinati.
Il punteggio poteva essere molto più netto se avesse concluso il primo set col servizio a disposizione sul 5-2, ma sul 5-4 ha controllato molto bene la situazione spingendo soprattutto di dritto. Nel secondo set il primo break è nato con due gioielli, ancora una volta di potenza e precisione: risposta a tutto braccio di rovescio incrociata sullo 0-30; tracciante di dritto in allungo, con saltello, sullo 0-40. Troppa la differenza tra le due per Voegele, che in poco più di un’ora si è arresa alla bielorussa, che domani andrà a caccia del primo titolo nel circuito maggiore dopo il WTA 125k dello scorso autunno.
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