Katie Spellman è una persona tra le più note nel dietro alle quinte del tennis WTA. Dal 2012 lavora come PR manager di Petra Kvitova (ne cura l’immagine e, appunto, le pubbliche relazioni con i media) e prima, fino al 2011, era all’interno del Communication Team della stessa associazione di tennis femminile. Laureata in giornalismo, ha deciso nel 2011 di creare un’agenzia in proprio e Kvitova fu una delle primissime giocatrici che si unì a lei. Il rapporto tra le due è cominciato a Indian Wells sei anni fa, come ci ha rivelato in una chiacchierata fatta a Indian Wells un paio di settimane fa: “Abbiamo cominciato a lavorare assieme nel 2012 a Indian Wells. Petra proveniva da un anno molto importante: nel 2011 aveva vinto Wimbledon, le WTA Finals, ed era arrivata al numero 2 del mondo. Non era ancora molto a suo agio inglese, e ho pensato avesse bisogno di qualcuno che le curasse il rapporto coi media. Mi sono fatta avanti col suo agente e ho trovato subito ottima disponibilità a lavorare assieme”.
Durante il torneo di Indian Wells c’è stato il compleanno della ceca, che l’8 marzo ha compiuto 28 anni. Quello stesso giorno è anche la festa della donna e Spellman le ha rivolto un messaggio molto tenero sui propri profili social. “Non credo sia una coincidenza che nel giorno del tuo compleanno si celebri anche la festa della donna. Questa supereroina mi ispira ogni giorno con coraggio, eleganza e compassione”, scriveva, con una frase finale “noi siamo più forti insieme” e un hashtag: “#sheinspireme” (#leimiispira). Abbiamo chiesto come fosse lavorare con lei, e la risposta è stata: “La nostra è una relazione molto sincera e per me è fondamentale capire da subito il carattere delle persone. Petra ha tantissimi pregi: è una ragazza sempre sorridente, una persona molto tenera che ha alle spalle una bella famiglia. Ha molte qualità e non dovrei più impressionarmi ma anche dopo quello che è successo di recente la sua forza interiore è incredibile”.
A proposito di quanto avvenuto a fine del 2016, Petra ha parlato in pochissime circostanze alla stampa di quello che è successo. Vennero pubblicate le foto della mano, forse un paio di interviste per qualche rivista, ma probabilmente mai è stata fatta parola nelle conferenze stampa. Questo sia per la questione dell’episodio in sé, sia per sapere degli eventuali progressi. “Non ha mai voluto – ha detto Spellman – recitare il ruolo della vittima. Aveva un problema importante, eppure ha voluto da subito guardare avanti chiedendo il rispetto della privacy ai giornalisti nel periodo della sua riabilitazione e poi assumendosi sempre le proprie responsabilità per la sconfitta, senza riferimenti ai problemi alla mano”. Parlando di quanto successo dal momento dell’attacco in casa a ora, la PR ha detto: “Se dovessi scegliere un altro momento che mi ha toccato davvero, al di là del giorno del rientro in campo a Parigi, direi probabilmente quello che è successo dal giorno stesso dell’agguato. Lei ha mostrato una forza incredibile: non ha mai voluto pensare per un solo istante che quella sarebbe stata la sua fine come tennista, eppure come tutti sappiamo fu colpita la mano con cui impugna la racchetta”. Il rischio, nei primi momenti, era quello che lei non riuscisse più a usare le funzionalità della mano nella vita di tutti i giorni, eppure Kvitova non solo era convinta di riuscirci, ma si era anche preparata mentalmente a tutti gli sforzi e le fatiche che avrebbe dovuto superare per darsi una chance di essere ancora in campo. È questa forza d’animo di cui Spellman, ancora oggi, parla ancora con grande stupore.
Subito dopo l’intervento la previsione più ottimistica era di almeno 6 mesi di stop, dopo 4 invece era già in campo. Fu un piccolo miracolo. I momenti più duri furono quando all’inizio doveva ricominciare a stringere il pugno: “Ancora oggi non riesce a sentire alcune dita della mano e quel movimento non le riesce bene. Ne abbiamo parlato, c’erano timori che non fosse ancora il momento giusto anche perché è un infortunio talmente anomalo che non hai idea di come possa reagire, ma lei voleva rientrare e pensò che Parigi fosse la scelta migliore per non caricarsi di pressione a Wimbledon”. Come ha detto Petra a Parigi: c’era un accordo con il dottore che l’aveva visitata fin dall’inizio e se ci fosse stato un qualsiasi problema, lei si sarebbe subito fermata. Tutt’ora, conferma Spellman, i due sono in contatto continuo e la riabilitazione di Kvitova sta continuando con esercizi mirati per aiutarla il più possibile nel tentativo di riacquistare la funzionalità totale della mano colpita.
Da quello che racconta Spellman, nonostante tutto nella racchetta di Kvitova non è cambiato nulla, dal peso al bilanciamento. Infine, una domanda sulla maglia che fece il giro del mondo: “Courage. Belief. Pojd”. La indossarono tutti i membri del team-Kvitova, inquadrati felici e orgogliosi come non mai dopo la fine della partita di primo turno tra Petra e la statunitense, di origini danese, Julia Boserup. Lei era sugli spalti assieme ai genitori, Lucie Hradecka (grande amica di Kvitova), l’allenatore Jiri Vanek e il fisioterapista David Vydra: “Fu un’idea di Petra che poi la propose a tutto il team. Voleva che il suo rientro venisse accompagnato da un segnale molto forte e diretto e abbiamo cercato la maniera più chiara per esprimere quello che era stato e quello che sarebbe dovuto avvenire da lì in avanti. Così abbiamo pensato a quelle 3 parole: “Courage”, coraggio, per il coraggio mostrato nel guardare subito avanti dopo il grave incidente; “Belief”, credici, perché forse solo lei credeva di poter davvero tornare a giocare e ha spinto fino alla fine per farcela; e “Pojd”, che in ceco significa “forza”, che è l’incitamento che tutti noi le facciamo in questa sua avventura per farle capire che non sarà mai sola”.
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