Ostapenko, una Porsche e una guida spericolata

Come fare da imbucato alle riprese di uno dei Porsche Parking Challenger più divertenti dell'edizione del torneo di Stoccarda. Al volante, Jelena Ostapenko, che scherzando ha detto di guidare ogni tanto come gioca a tennis.

L’inviato di Oktennis ha fatto la figura dell’imbucato. E posso vantarmene, soprattutto. Ieri, martedì, c’era stata la conferenza stampa di Jelena Ostapenko arrivata a Stoccarda soltanto lunedì sera dopo la lunghissima trasferta a Khanty-Mansiysk per portare la Lettonia nel World Group 2 di Fed Cup con il successo contro la Russia. Un weekend trionfale, il miglior modo forse per cominciare la parte di stagione dove è attesa dalla difesa del titolo di Parigi.

Essendo il torneo della Porsche non potevano mancare le domande sulla guida e alla quella se il suo stile al volante rispecchia quello che ha in campo, Jelena è scoppiata a ridere, ha preso fiato, è tornata a ridere, ha ripreso fiato, ha guardato i giornalisti e ha detto: “Veramente… Non sempre, ma ogni tanto capita”. Giù nuove risate. “Quando torno a casa dai tornei ogni tanto prendo la macchina e mi metto a fare la matta” ha detto. Molto bene. Un po’ come Roberta Vinci che due anni fa confessava proprio qui a Stoccarda di andare in contromano con lo scooter per le vie di Palermo. “Però no dai, seriamente: non sono una che va spesso oltre il limite di velocità. So che può andare a finire male”. Dai, quindi: a tavoletta nei rettilinei e poi adagio adagio nelle curve.

Finita la conferenza stampa commentavamo proprio quella domanda che tanto aveva fatto ridere Ostapenko di cui ancora, in lontananza, si potevano sentire chiare le risate.
“Hai sentito cosa ha risposto?”.
Risposta: “Vuoi che non l’abbia fatto?” (e c’ha ragione, Diego, suvvia).
Qui il colpo di genio: “Ma lei dovrà fare il Porsche Parking Challenger?”.
Breve descrizione: nel parcheggio rialzato all’esterno della Porsche Arena c’è uno spazio che l’organizzazione tiene per le giocatrici, che devono far correre una Porsche lungo un piazzale, fare alcune manovre e uno slalom attorno ai birilli, parcheggiare e poi fermare il tempo.
Jimmie, il fotografo, ha risposto: “Tra 20 minuti”. Deve aver notato la curiosità crescente, o forse sa che quella poteva essere un’occasione di cui avremmo riso per le prossime 24 decadi: “Vuoi venire anche tu?”. Spiazzato: è un evento a cui la stampa non partecipa, lui stesso può andare come fotografo perché ha interessi con la Porsche, ma come dire no? “Vieni con me, ti metti in un angolo, e nessuno dirà nulla”.

Così siamo usciti (a rivedere le stelle), e davanti a noi c’era questa scala che portava sul piano rialzato. Pochi minuti più tardi è arrivata la lettone, chiacchierando fitto fitto con il responsabile comunicazione della WTA. Poco dopo, è toccato al suo agente Max Eisenbud, con cui si è professionalmente unita dal primo dell’anno. Se qualcuno dovesse chiedersi come sia Ostapenko fuori dal campo, dove spesso si lascia andare a smorfie o atteggiamenti particolari, ecco la risposta: è uguale. Le stavano spiegando il percorso e lei già rideva: “Cioè io dovrei fare retromarcia in questo spazio?”.
Prima di partire, ha chiesto chi avesse il miglior tempo: “Siegemund, un minuto e 38”.
La reazione è stata grosso modo questa:

Ha dovuto farsi ripetere 3 volte il tempo perché non le sembrava possibile. Va considerato comunque che durante il percorso ci sono delle prove (golf e calcio) che se fatte bene possono sottrarre secondi al tempo finale. Ha chiesto quello delle altre giocatrici che l’hanno già fatto, tutte entro i due minuti e mezzo o tre, con la sola eccezione di Kristina Mladenovic giunta a 3 e 20 secondi. Finalmente è partita, corsa in macchina e piede a tavoletta sul gas. C’avevamo visto giusto.

La macchina in rettilineo andava, poi al momento della prima curva si è quasi piantata, forse con anche un po’ di timore di prenderla a velocità troppo alta. Nel frattempo è salita Anke Huber, giocatrice tedesca di ormai 20 anni fa, che ha subito commentato: “Troppo lenta, non ha chance”. Eisenbud, nel frattempo, si divertiva a prenderla in giro: “È meglio se rimani sui campi da tennis!”. Fatta la prima retromarcia, con un po’ di stento, è arrivata la scena migliore: lo slalom tra i coni. Vederla guidare sembrava una bambina a un parco giochi: girava il volante a destra e a sinistra e non smetteva di sorridere.

Parcheggiata la macchina, nella fase finale ha colpito 3 palle da calcio verso una porta e poi era talmente divertita che si è quasi dimenticata di fermare il tempo. Le hanno urlato “timer!” e lei di corsa è andata a premere il bottone rosso.
“Quanto ho fatto?”.
“Cinque minuti”.
Eisenbud, lapidario: “A me è sembrata un’ora!”.
La sua reazione è stata più o meno questa:

Qualche domanda da parte della Porsche, da risposta A o B (quelle che il mio prof di matematica sosteneva fossi sempre in grado di sbagliare, sempre, anche se riguardavano la mia vita e potevo saperle solo io) e poi la lettone si è girata verso il suo agente: “Sono andata pianissimo!”. Max rideva, io sarei stato piegato in due da minuti ma ho mostrato la miglior poker face e mi sono defilato. Forse è stato più facile vincere il Roland Garros, ma come sempre noi optiamo per il motto: “let the kids be kids”.

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