Ancora una volta Simona Halep si presenta ad un grande appuntamento con qualche problema. Stavolta avrebbe male al polso, al collo ed ha avuto una caduta sulla stessa caviglia dove si è fatta male in Australia. Considerata la sistematicità di questi malanni e la difficoltà avuta ieri contro la Dodin è possibile che questo nasconda una dura realtà? Che forse questa Simona Halep, numero 1 del ranking WTA sia leggermente sopravvalutata? Perché c’è sempre una scusa?
Simona ha il gioco per mandare fuori giri una come la francese e una buona Halep con una giocatrice così sostanzialmente passeggia, o in ogni caso non si lascia trascinare in una lotta punto a punto e in una situazione in cui deve recuperare due break al terzo. Anche perché Dodin va veramente a caso: la stessa palla può andare o in fondo alla rete o fuori di 2 metri, cosa che succede in quest’ultimo periodo. Il punto è che tra una Halep accettabile e quella di Miami ci sono tre categorie di differenza.
La Halep ad ogni modo è la più costante del circuito: in top-10 fissa dal febbraio 2014, e in questi quattro anni abbondanti è stata quasi sempre in top5. Ogni tanto ha deluso in tornei in cui ci si aspettava sicurmaente di più da lei, ma “sopravvalutata” è davvero eccessivo. Il fatto è che nel tennis a volte viene considerato sopravvalutato uno come Tomas Berdych che ha partecipato a nove master di fila, facendo finale a Wimbledon e semifinali in tutti gli altri tornei dello slam. E che spesso a contare è solo l’ultima partita.
In più si aggiunga che per un motivo o per l’altro nei momenti clou ha un po’ deluso ed ecco che ci vuol poco a farla passare per “sopravvalutata”. Eppure, nonostante i problemi fisici all’Australian Open era arrviata a due game dalla vittoria, “scippata” da un MTO quanto mai strategico. Un’obiezione potrebbe comunque essere che la Halep, MTO strategico o meno, avrebbe dovuto mantenere concentrazione e non farsi distrarre.
Simona, proprio a Melbourne, ha mostrato anche una capacità di soffrire non del tutto scontata, considerato che i problemi alla caviglia invece di indurla a fermarsi le hanno suggerito di spostare tutto il peso del corpo sull’altra gamba, cosa che le è costata, naturalmente, un nuovo infortunio.
C’è poi da considerare, senza arrivare a Federer, che il tipo di gioco della rumena non le consente soluzioni “semplici”. Mancandole soprattutto il vero colpo definitivo, quello a cui affidarsi sistematicamente per chiudere scambi facili e evitare di insistere in scambi prolungati, è quindi vitale che stia fisicamente non troppo male. Serena ha già nel servizio un’arma spesso micidiale, e può chiudere lo scambio con un drittone e persino col rovescio; Sharapova poteva impostare una partita su pochi scambi e andare sull’1-2; Azarenka poteva fare la stessa cosa, persino con maggior qualità; Kvitova già solo col servizio mancino manda l’avversaria a rispondere in tribuna. Tutte queste armi alla Halep mancano ed è encomiabile che stia provando a costruirsele. Essendo inferiore alle più quotate avversarie nella capacità di espriemre potenza, impossiiblitata quindi a farsi aiutare da qualche ace o da una partita tutta “serve&forehand” se non è al meglio e trova una che tira tutto può succedere anche che un match semplice si complichi.
Quindi aspettiamo Simona Halep. Tra Indian Wells e Miami sta cercando di ritrovare un decente stato di forma, dopo tre settimane passate senza toccare racchetta. Ha già mostrato di aver saputo fare quei vari step che le sono serviti per raggiungere la vetta del ranking e di aver ancora voluto/trovato altri miglioramenti nel gioco. La stessa cosa è capitata a Kerber e Wozniacki, che alla fine uno slam l’hanno vinto. Capiterà anche a lei.
(ha collaborato Simone Milioti)
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