[16] P. Kvitova b. [4] G. Muguruza 3-6 6-3 6-4
Avevamo usato questa frase per introdurre un piccolo commento fatto a settembre su Petra Kvitova, dopo il successo contro Garbine Muguruza a New York, la vogliamo riprendere ora: “Non tutti gli eroi indossano mantelli. Alcuni hanno semplicemente una bandana e usano il “pojd” (“forza”, in ceco) come segno distintivo”. Straordinaria la ceca, che mette a segno la tredicesima vittoria di fila e porta a casa il secondo titolo WTA consecutivo dopo San Pietroburgo in una maniera che non aveva mai realizzato prima: rimontando 3 volte un set di ritardo nello stesso torneo. Sarà top-10, 587 giorni dopo l’ultima volta, meno di 14 mesi dopo l’agguato in casa, meno di un anno dal rientro in campo.
Tanta fatica, per la numero 16 del seeding, a entrare nel match. Il primo parziale è stato regalato con 15 errori gratuiti e un vantaggio di 5-0 concesso e soltanto dimezzato. La motivazione era fin troppo semplice e rintracciabile tutta nelle parole di Jiri Vanek ai media della Repubblica Ceca nelle ore precedenti alla partita: stanchezza. Di tutti gli aspetti straordinari delle 12 vittorie consecutive della ceca nelle ultime 3 settimane, c’è però il rovescio della medaglia e quel dettaglio su di lei si riflette se possibile con ancor più forza. La resistenza fisica non è mai stata un punto di forza della ex numero 2 del mondo, che negli anni ha cambiato tanto per cercare di sopperire a questo aspetto il più possibile: dalla programmazione dei singoli allenamenti ai diversi preparatori atletici. Addirittura, durante lo US Open 2016, la rivelazione che non voleva allenarsi nei giorni in cui non doveva scendere in campo per pensare a rilassarsi e a recuperare energie. Nell’ultima off-season ha invece scelto di fare poche vacanze e tanto lavoro atletico, vista anche la stagione che si era conclusa e i normali problemi dopo il rientro in campo. I progressi ci sono, tangibili soprattutto nella ripresa dopo una partita lunga e con grande dispendio di energia, e nonostante l’enorme differenza nella freschezza fisica anche oggi è stata una coraggiosa e determinata Kvitova, all’ottava partita in 9 giorni e contro una giocatrice che ieri ha beneficiato del riposo per il ritiro di Simona Halep era tutto molto più complicato.
È riuscita, la numero 16 del seeding, a riportare tutto in equilibrio grazie a un break arrivato alla metà del secondo set, quando Muguruza è stata chiamata a servire qualche seconda di servizio di troppo. Alla terza chance, un rovescio incrociato profondissimo ha colpito la riga e lasciato Muguruza di sasso. Grazie all’allungo sul 5-2 ha poi concluso il parziale al nono game, rimandando ogni discorso al terzo set per la terza volta nel suo torneo.
Non è mai successo, nel corso della sua ormai più che decennale carriera di vincere un titolo rimontando per tre volte un set di ritardo. Né a livello junior, né a livello ITF, né a livello WTA. Il segnale che invece aveva dato nel primo game del set decisivo era chiaro: arrivati a questo punto, stava utilizzando l’esperienza dei match precedenti per centellinare le energie e dare tutto senza andare fuori giri. La situazione per Muguruza stava diventando sempre più complicata, costretta subito a cancellare una palla break e a cedere la battuta sul 2-2, dopo uno dei tanti scambi prolungati e potenti della partita dove, alla fine, la spagnola ha ceduto. Il medical time out chiesto subito dopo era un piccolo segnale di cedimento che, probabilmente, ha soltanto rinfrancato l’avversaria.
Dei tanti aspetti sorprendenti della ceca c’era il dettaglio delle palle break. Dopo l’inizio completamente fuori fase, ha poi cominciato a uscire fuori da situazioni di pericolo trovando sempre la scelta giusta, il colpo perfetto. Una chance annullata sull’1-1 nel secondo set, una sul 2-2, due sul 4-2. Poi nel terzo: 2 sull’1-2, una sul 3-2 e servizio, quest ultima con un nuovo rovescio a cui ha fatto seguito un ace per chiudere il game. Da lì non ha più tremato e, sul 5-4, la chisura più che meritata. E alla fine non potevano mancare le lacrime di commozione e la gioia, enorme, per aver raccolto uno dei trofei più belli della sua carriera: è il ventiduesimo, ma ha un sapore tutto speciale. Quattro top-10 battute in 6 partite: Muguruza, Wozniacki, Svitolina, Goerges. A queste si aggiungono Mladenovic, Ostapenko e ancora Goerges (quando non era top-10, ma rimaneva una delle più in forma degli ultimi mesi) a San Pietroburgo. Tredici vittorie consecutive, come non capitava dalla fine del 2011 e l’inizio del 2012 quando in tutto furono 14.
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