L’aspetto più particolare della storia che andremo a raccontare è che Maria Sharapova e Anna Chakvetadze, all’epoca dei fatti, non avevano neppure 21 anni. Poteva essere un momento traumatico, trovarsi in mezzo a un campo da tennis e sentire dalle tribune, piene in ogni ordine di posto, 6000 persone che per tutto il tempo o urlavano offese o si “limitavano” a fischiare e deridere ogni volta in cui si colpiva la palla. Invece, a riprova del carattere d’acciaio che entrambe hanno (o hanno avuto, nel caso di Chakvetadze, ritiratasi anni fa e ora commentatrice per Eurosport Russia), non solo sono state in grado di lasciarsi trasportare in una spirale negativa ma hanno anche avuto la forza di rispondere, a tono, a tutto quello che stava avvenendo attorno a loro.
La storia si rifà al primo weekend di febbraio del 2008. Dieci anni fa l’avventura della Russia nella Fed Cup, che poi avrebbe vinto battendo in finale la Spagna, è cominciata al Canada Stadium dell’Israel Tennis Centre, a Ramat HaSharon, piccola località poco lontana da Tel Aviv. La squadra scelta da capitan Tarpishev era giovane, ma come facile immaginarsi vantava alcuni dei migliori talenti a livello mondiale: Maria Sharapova, Anna Chakvetadze, Dinara Safina ed Elena Vesnina. I pronostici erano tutti dalla loro, ma quello che poteva essere un discorso relativo a due avversari non poteva considerare l’ambiente incandescente del pubblico locale, che è diventato protagonista (in negativo) fin dal primo incontro.
Safina ha ceduto strada a Shahar Peer per 0-6 6-2 6-2, diventata matta per un clima a un certo punto impossibile da gestire. Sharapova, più che confrontarsi contro Tzipora Obziler, (…) trovatasi avanti 6-0 4-0 ha avuto i primi problemi nel controllare i nervi, ma il 6-0 6-4 portava il punteggio finale sull’1-1. L’atmosfera ad un certo punto era questa:
Più l’arbitro chiedeva il silenzio, più la gente se ne infischiava e aumentava la carica di maleducazione. Persino le avversarie sembravano sostenere a gran voce il pubblico locale, tra queste Peer che, dopo un rovescio sotto al nastro dell’ex numero 1 del mondo, è saltata in piedi nel proprio angolo esultando con il volto rivolto apertamente nel campo avversario. Tra le due i rapporti non erano neppure idilliaci: al torneo di Zurigo del 2006, Peer era furiosa perché a suo dire Sharapova aveva mentito quando, in occasione di servire una seconda su una palla break da fronteggiare, l’israeliana ha sostenuto di aver visto la russa con la racchetta nella mano sinistra e con la destra che chiedeva un secondo in più di tempo. Lei stava lanciando in aria la pallina e, dopo aver visto questo, la colpì di proposito contro la rete. L’arbitro non vide il gesto dell’avversaria e chiamò un doppio fallo che volle dire game per Sharapova. Peer protestò a lungo, chiese anche a Maria di ammettere che era stata lei a fermare il gioco ma la russa negò tutto.
La domenica, giornata conclusiva, gli animi sulle tribune erano se possibile ancor più accesi. Lo speaker passò diversi momenti a chiedere al pubblico di contenersi, missione inutile. Sharapova nonostante i fischi inflisse un netto 6-1 6-1 a Peer, vendicandosi del gesto poco sportivo della rivale il giorno precedente. Alla stretta di mano l’israeliana ha poi rivolto qualche parola di troppo alla russa, che per la seconda giornata di fila non ha stretto la mano al capitano avversario e si è subito diretta verso il suo angolo per festeggiare il risultato, non prima però di mettersi un dito davanti alla bocca per fare cenno al pubblico di stare zitti. Nuovi fischi, nuove urla, ma Maria se la rideva.
Dopo di lei, è stata la volta di Chakvetadze. Giocava il quarto singolare, con la chance di chiudere i conti, contro Obziler. Anche qui, il pubblico divenne ben presto protagonista in negativo.
Vinto il primo set per 6-4, la russa si trovava avanti 3-2 nel secondo quando la situazione è degenerata. Anna reagì alle urla e alle provocazioni che stava subendo esultando in maniera sfrenata dopo ogni punto, scatenando tutta la rabbia degli israeliani, che ricominciarono a urlare durante gli scambi nel tentativo di infastidirla.
Nonostante questo, Chakvetadze mise a segno un parziale di 3-0 che concluse la partita, e la serie, sul 3-1 per la Russia. Iconico il volto della ex numero 5 del mondo durante quell’ultima serie
Così come rimane indelebile la scena di Sharapova in panchina, in mezzo a quella bufera che si stava scatenando, che saltava ed esultava per sostenere la propria connazionale.
Piccolo appunto finale: pur senza volerlo, abbiamo capito che Chakvetadze non riesce ancora a guardare a quella due giorni in maniera positiva.
Non facciamo fatica a individuarne le ragioni: Anna all’epoca aveva appena 20 anni e un momento come quello deve aver portato tantissima tensione, rabbia, senso di ingiustizia, oltre ovviamente alla soddisfazione personale della vittoria. Pur avendo reagito in quel modo, immaginiamo che non c’era la volontà di arrivare a tanto. Eppure, dando un’occhiata alle diverse risposte che abbiamo ricevuto oltre la sua, sono tanti gli utenti concordi nel sottolineare il coraggio e la faccia tosta (in quel momento quanto mai indispensabile) che la russa ha avuto nell’affrontare a viso aperto il pubblico. Basta ripensare a come reagì, invece, Martina Hingis a Parigi, nella finale poi persa contro Steffi Graf, lasciandosi andare ad una crisi di nervi che le rovinò la partita.
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