Si può sempre provare con la poesia e dire che dalla sua siepe Federer vede solo interminati spazi da conquistare, con la beata sfrontatezza dell’adolescente dal volto invecchiato che ancora non si decide a crescere. In questo facile percorso verso l’ennesimo record – ma tranquilli, ce ne sono altri che i guardo non esclude – sia contro Bemelmans che contro Kohlschreiber, Federer ci ha tenuto a ricordare che lui non è solo il più forte di sempre (su, finiamola con gli scherzi) ma anche il più bello da vedere, quello che sa fare più cose e che le sa fare meglio, quello che a guardarlo ti sovvien l’eterno e le stagioni morte. Uno smash spalle alle rete qui, uno scambio di finezze a rete lì, un dropshot a destra, un passante di polso a sinistra e tutto il campionario mostrato a Rotterdam, dove viene facile pensare ad un rappresentante di diamanti con la sua valigetta.
Il ritorno al numero 1 di Roger Federer, e relativo record di “più vecchio di sempre” aggiunge poco alla sua leggenda. Federer poteva ritirarsi nel 2009, nel 2012, nel 2016, ieri, oggi, domani, a colazione o a cena, ed essere lo stesso ricordato come un prodigio che a cavallo tra il primo e il secondo decennio del terzo millennio apparve sulla terra per far sospirare non solo mamme e bambini, ma anche uomini e donne fatti e finiti. Federer è qui per riempire il mondo di esclamazioni di meraviglia e per vincere certo, vincere sempre, vincere ovunque, ma alla fine ormai questo comincia a contare persino meno. Passata la prima fase dei record da battere, quelli seri, restava questa figura sempre più lontana dai terreni, pronta a sedere alla destra del padre, farsi padre lui stesso di quella religione che per fortuna conta pochi adepti e, a Federer piacendo, rimane disarmata. Gli avversari, senza eccezione, sono scomparsi via via che il tempo passava e si trasformeranno in tenui ricordi via via che il tempo passerà, solo Lui rimarrà nella memoria di quelli che c’erano quando giocava Roger Federer. Questo percorso finale (ma finirà davvero mai?) racconta di avversari che sostanzialmente si scansano, che sono più vicini a noi che guardiamo che a Lui che gioca, che non vedono l’ora, come noi, di festeggiare il Suo traguardo.
Federer, ma lo sapete già, dopo la vittoria contro Robin Haase – uno che riconcilia col tennis, altro che i pallettari – è per la quarta volta numero 1 del ranking ATP, con 25 punti di vantaggio sul secondo. Se dovesse vincere la semifinale contro Seppi i punti diventeranno 145 e se vincerà il torneo numero 97 della sua carriera il vantaggio sarà di 345 punti, abbastanza da lasciarlo tranquillo fino ad Indian Wells e probabilmente fino a Wimbledon. Dopo aver frantumato tutti i record possibili riguardanti le prove dello Slam, e del più prestigioso degli Slam, si è trascinato fino a Rotterdam per prenderne uno che gli mancava, ma starà già guardando quello lì che in cima al ranking ci è tornato nove volte, la nona però a meno di 9 anni dalla prima, cosa volete che sia per uno che ne ha visti passare 14 da quell’Australian Open del 2004? E se qualcuno crede che questo possa bastare forse è solo perché non sa che che fatto 97 si deve fare 100 e fatto 100 a quel punto tanto vale provare ad arrivare a 109. E poi insomma a Montecarlo non ha mai vinto, a Roma non si può sempre andare solo per mangiare la carbonara, il secondo Roland Garros mica vorrà perderselo? A quel punto il grande Slam e chissà cos’altro.
Ci sono ancora traguardi per Roger Federer. E il cor non si spauri, ci sono parole per raccontarli.
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