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Federer nel giardino dell’eden

Se è consentita una divagazione personale bisognerà pur dire che le vittorie di Federer, per chi scrive di tennis, sono diventate un problema. Cosa mai ci si potrà inventare per glorificare un tizio che ormai ha avuto tutte le onorificenze possibili, salendo dai terreni incarichi di Re, GOAT, fuoriclasse assoluto a quelli del regno dei cieli e dell’Olimpo? Certo è che quando uno vede un game come il nono del primo set, quando il povero Berdych è andato a servire per il set, o il tiebreak, finisce con l’avere la sensazione di stare guardando una cosa che non comprenderà mai fino in fondo. Federer sembra, se possibile, persino migliorato negli spostamenti rispetto al 2014-15, anni in cui faceva finali a Wimbledon e US Open, non proprio i peggiori della sua lunga carriera. Federer sta facendo diventare inutile andare a cercare questo o quel miglioramento tecnico o tattico tanto è nitida l’impressione che la “novità” di questo scorcio di stagione stia nel fatto che gioca facendo sembrare una bizzarria l’ipotesi che possa sbagliare. E quante volte lo abbiamo detto che, se gioca sereno, Federer è impossibile da fermare? Lo svizzero si è permesso colpi di difficoltà infinita nei momenti più caldi del match, quando in teoria il braccio, anche di chi ha giocato 42 semifinali e 29 finali slam, un po’ finisce col tremare e li ha sempre piazzati negli ultimi dieci cm di campo, spesso anche meno. Se le cose stanno così per fermare questo vecchiaccio di 36 anni ci vorrebbe la macchina del tempo più di qualsiasi altra cosa. Un aggeggio che consenta al Djokovic del 2015 o al Nadal del 2008 di potersela rigiocare alla pari, senza acciacchi fisici e mentali. In assenza di quell’aggeggio cosa mai si potrà chiedere a Hyeon Chung?

Il coreano ha battuto come previsto quel Sandgren che speriamo torni nell’oblìo – con i suoi tentennamenti morali di cui davvero non si sente il bisogno, soprattutto in Australia, dove l’infamia di quel nome su quell’arena si perpetua – dopo aver superato sia Zverev che Djokovic, avversari di un certo nome e di incerta condizione. Oggi ha mostrato però, contro quello che è pur sempre appena il numero 97 del mondo e che a 26 anni suonati era appena alla sua quindicesima partita nel circuito maggiore più di qualche incertezza, salvandosi nel secondo set quando l’altro è andato a servire per chiuderlo, e facendosi assalire dai dubbi nel momento di chiudere al terzo. Cinque match point ci sono voluti, col braccio che ha tremato le altre 4 volte, e buon per lui che questo Sandgren è davvero poca cosa, chissà come ha fatto Thiem a perderci. E insomma mettere sulle giovani spalle del “ragioniere” il timore o la speranza dello slam numero venti assomiglia più ad una cattiveria che a un reale pronostico. Per caratteristiche tecniche poi, uno come Chung per Federer è un fastidio molto relativo, perché il coreano non ha ancora un servizio solido – soprattutto sulla seconda potrebbe finir male – non fa molto male col dritto e l’ottimo rovescio può creare qualche grattacapo ma nulla di più. Certo, c’è sempre la possibilità che lo svizzero si innervosisca a veder tornare verosimilmente un colpo in più di quelli che crederà di dover giocare ma sembra davvero troppo poco per immaginare una partita dal risultato diverso da quello che tutti si aspettano.

Ma prima dell’assalto di Chung al regno del Re ci aspetta una semifinale più imprevista di quella tra Anderson e Carreno-Busta a New York. Che dalla parte alta di un tabellone in cui c’erano Nadal, Dimitrov e Kyrgios potessero spuntar fuori CIlic e Edmund davvero non era facile da prevedere, tanto che è difficile dire chi sia più sorprendente. Certo, a guardare il palmares si è un po’ ingenerosi col croato, che ha vinto a New York ed è stato finalista nell’ultima edizione di WImbledon ma Marin è sembrato avere qualche difficoltà in questo gennaio in cui ha perso contro Simon e ha faticato più del dovuto con Pospisil. Poi però il cammino del croato si è fatto via via più sicuro, in particolare proprio con Carreno-Busta, travolto più di quanto il punteggio non dica. Contro Nadal però sono tornati i dubbi, anche se può apparire paradossale, visto che alla fine il croato la partita l’ha portata a casa. Ma con quel Rafa non si può andare sotto due set a uno e lasciare la sensazione che senza quell’infortunio forse Cilic avrebbe collezionato la sesta sconfitta di fila con lo spagnolo. La prima ora di partita Cilic l’ha giocata molto male anche se si è ripreso appena in tempo, dopo che era andato sotto di un set e un break. Questo dovrebbe bastare contro Edmund, che è l’altro outsider alla mensa del re, che sembrava quasi fuori contro Seppi e poi invece è riuscito a sorprendere uno sconcertante Dimitrov. Il britannico però non è da sottovalutare. A Brisbane contro Chung alla fine la partita l’aveva vinta lui e Dimitrov aveva faticato anche lì, il che significa semplicemente che il ragazzo cresce rapidamente e che sarà bene prenderlo con le pinze. Ma fare a botte con Seppi – e tutto sommato anche con Dimitrov – è un conto farlo con uno come Cilic, che picchia più di lui, un altro. I due hanno già giocato una volta e vinse Cilic di misura, probabilmente finirà allo stesso modo.

Poi la finale, probabilmente con quello lì, di cui non sappiamo più cosa dire, per aggiornare qualche record.

Roberto Salerno

Nato a Palermo, ho scritto un paio di racconti, vari saggi, circa 700 articoli di tennis, ma vado fiero solo di qualche flash, di una in particolare. Sono stato inviato non è tutto questo granché. "è favorevole ad un discorso democratico, in cui tutti parlano e poi lui spiega i motivi per cui gli altri hanno torto"

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Roberto Salerno

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