Interviste

Federer: “Conoscevo Fucsovics, ho cercato di imporre il mio tennis”

Qual è la più grande differenza tra giocare di giorno e giocare di sera, secondo te?
La più grande differenza è che c’è differenza, è così.
Puoi imbatterti in condizioni maggiormente ventose di giorno. Di solito la sera il vento cala. E poi qui in Australia, in effetti, tra le 11:30 e l’1:30 c’è un punto molto difficile al sole dove si fa più fatica a servire. Più che in ogni altro posto nel mondo, ad essere sinceri. La palla viaggia un po’ di più di giorno, proprio perché c’è più caldo.

Com’è andato lo studio del tuo avversario oggi?
Bene, perché mi sono allenato con lui per qualche giorno in Svizzera. Questo mi ha aiutato a conoscere i suoi punti di forza e di debolezza. Non era proprio un avversario sconosciuto come potrebbe pensare la gente. Anche perché quando ci siamo allenati insieme in svizzera abbiamo giocato una partita d’allenamento al meglio dei cinque set. Quindi, quando giochi molti parziali in un periodo di tempo limitato inizi a conoscere un po’ quelli che sono i pregi e i difetti del tuo avversario.
Ma, ripeto, è stato tempo fa. Poi non ho visto i suoi match. Nemmeno in televisione ho visto molto di lui. Avevo un po’ iniziato a dimenticare come gioca esattamente. L’obiettivo per me era cercare di rimanere concentrato sul mio tennis e imporlo sul suo giocando in maniera aggressiva. Ma lui mi ha tenuto impegnato per molto tempo quindi è stato un buon match.

Giocherai contro Berdych nel prossimo incontro. Potresti parlare del match che avete giocato qui lo scorso anno? Credo che molti di noi siano rimasti sorpresi da quanto bene tu abbia giocato e ci chiediamo se anche tu lo fossi quel giorno.
Beh, contro Tomas a volte in passato quando ho giocato bene il match è andato a mio favore. La stessa cosa vale per lui, tutte le volte che mi ha battuto ha giocato estremamente bene.
Non ricordo cosa pensavo sarebbe successo in quel terzo turno. Ricordo solo che guardai il tabellone pensando quanto fosse orribile quel sorteggio. Ma, non mi importava se avessi perso al terzo turno, agli ottavi o ai quarti, l’importante per me era tornare a casa senza acciacchi, in quel caso sarei stato ugualmente felice.
Credo di essere stato in un buon momento e ho giocato libero. Non ricordo nemmeno come giocò lui in quella partita. Ricordo il match di Miami in cui ho salvato un paio di match point un paio di mesi dopo quello giocato qui. Ho iniziato molto bene contro di lui, e poi verso la fine avevo smarrito la retta via: avrei dovuto perdere quella partita e invece l’ho vinta. Alla fine vinsi anche il torneo, a volta la fortuna è dalla tua parte, sapete com’è.
Abbiamo giocato alcune belle partite anche durante gli anni precedenti, ne ricordo una in particolare alle Olimpiadi di Atene 2004. Sì, non vedo l’ora di giocare contro di lui. Sembra in buona forma, e sono felice che abbia superato i problemi alla schiena che lo affliggevano alla fine dello scorso anno, è una cosa positiva.

Quanto è importante Pierre Paganini per la tua carriera?
È molto importante. Sono stato molto fortunato ad incontrarlo quando a 14 anni sono arrivato al National Tennis Center. Lui guidava la programmazione per la preparazione atletica, ma si prendeva cura anche dei maestri di tennis e tutto il resto. Perché aveva già molta esperienza, avendo avuto le sorelle Malleva, che hanno avuto grande successo; una giocava per la Svizzera, l’altra per la Bulgaria. Ha anche lavorato con Marc Rosset in passato, che ha fatto parte della squadra di Coppa Davis.
Quando l’ho conosciuto, era già molto esperto e sapeva esattamente, venendo dal decathlon, cosa fare per la preparazione atletica applicata al tennis perché è un uomo molto creativo. Ho lavorato con lui lì ad Ecublens per due anni. Lui si prendeva cura dei ragazzi più grandi, ad esempio di Severin Luthi, il mio attuale coach. Lo vedevo ogni tanto ma avevo un preparatore atletico che utilizzava i metodi che Pierre gli diceva di utilizzare.
Poi, ho ricominciato a lavorare con lui a 19 anni, e da quel momento potete immaginare l’impatto che ha avuto nella mia carriera non solo come preparatore atletico ma anche come mentore, ad essere onesti, perché parliamo moltissimo oltre a lavorare. Puoi contare che ogni volta ci prendiamo tre quarti d’ora in più in cui parliamo di qualsiasi cosa.
Adoro ogni sessione di lavoro con lui, e credo che senza di lui non sarei né così in salute né così veloce, perciò grandi meriti vanno attribuiti a lui.

Parlando del tuo coach, Ivan Ljubicic, cosa sta cambiando nel tuo gioco rispetto allo scorso anno? Perché quando ha iniziato con te, abbiamo visto che ha cambiato un po’ il rovescio, ora più coperto e offensivo. Ora, su cosa vi concentrate maggiormente?
Credo che da squadra parliamo molto di tattica prima dei match. Come ho spiegato prima, si tratta di piccole cose. Al mio livello, quando mi alleno, la qualità deve necessariamente essere alta. Ho bisogno che mi vengano ricordate alcune cose, ma queste poche cose possono essere cruciali. Magari vogliono che io faccia certe cose, che a volte possono fare la differenza per il mio gioco.
Credo che lui stia costantemente pensando a come rendermi un giocatore migliore. Penso che lui creda che io possa giocare un tennis aggressivo. Lo pensano pure Severin ed Edberg.
Quindi in merito mi sento molto a mio agio e fiducioso nel fare queste cose. Si è inserito molto bene nel team, era già amico con tutti prima ancora che iniziasse a lavorare con noi, il che chiaramente aiuta parecchio.

Fausto Consolo

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