Con il trionfo a Melbourne è finito un incubo per Caroline Wozniacki. Un incubo iniziato nel 2010 e proseguito fino ad inizio 2012, quando ha ceduto per l’ultima volta la prima posizione mondiale. Nelle 67 settimane in cui ha occupato la vetta della WTA, un mantra l’ha sempre seguita come un’ombra: numero 1 del mondo indegna perché senza vittorie nei tornei del Grande Slam, come se per occupare quella posizione fosse necessario avere un major in bacheca a legittimarla. La vittoria di questo Australian Open non è quindi solo la semplice conquista del primo titolo Slam, ma è una vera e propria liberazione, il sigillo che cancella l’onta di essere salita al trono senza scettro e che ora ce la riporta, su quel trono. Questa volta nessuno potrà avere nulla da obiettare, Caroline ha chiuso la bocca a tutti riuscendo nell’impresa di ritornare davanti a tutte e conquistare quel tanto agognato Slam.
L’ennesima risalita di una carriera (a nemmeno 28 anni) che giù due volte sembrava sul viale del tramonto e che per due volte ha rivisto l’alba. La prima carriera di Caroline è una fulgida esplosione ai massimi livelli fin da giovanissima, con la prima finale Slam nel 2009 ed il numero 1 a 20 anni. Ma qui iniziano i primi “dolori”, la “maledizione” della numero 1 senza Slam la perseguita, e dopo aver ceduto il primato nel 2012, non riesce più a ripetersi ai massimi livelli. La concomitante storia con Rory McIlroy fa il resto. La danese sembra sempre meno interessata al tennis e sempre più impegnata a ricoprire il ruolo di fidanzata. Le motivazioni appaiono meno forti e nel 2014, quando annunciano le nozze, si ha la sensazione che ben presto Caroline, a soli 24 anni, sia sul punto di lasciare il tennis giocato e mettere su famiglia.
Poi, alla vigilia del Roland Garros, quando i due stanno scrivendo le partecipazioni, succede quello che non ti aspetti: il golfista cancella le nozze, lasciando la danese praticamente sull’altare. E un po’ tutti, in quel momento, empatizzano con la Wozniacki, mollata ad un passo dal matrimonio. Insomma, un duro colpo per il morale, un gesto davvero vigliacco che butterebbe giù chiunque. Invece è la scossa che le riaccende la scintilla per il tennis. Senza più una relazione (anche fin troppo mediatica) da portare avanti, Caroline si ributta a capofitto sugli allenamenti e ritrova quelle motivazioni che la riportano in poco tempo a giocare con convinzione, fino a tonare in top ten e raggiungere la sua seconda finale Slam, sempre a New York. Dall’altra parte della rete c’è l’amica Serena Williams, che durante l’estate l’aveva supportata psicologicamente aiutandola a superare il difficile momento emotivo.
Nel 2015 però la salute non l’assiste, gioca a singhiozzo senza riuscire a trovare continuità (e solidità), finendo quindi per imboccare l’inesorabile discesa in classifica. Il punto più basso a fine agosto 2016, quando, reduce da una stagione tormentata dai problemi alla caviglia, precipita fino al numero 74. Così, per la seconda volta, la sua carriera sembra sul viale del tramonto. A soli 26 anni, pare davvero aver già dato tutto quello che il suo tennis, con tutti limiti tecnici e mentali, le poteva concedere. Che non è nemmeno malaccio: numero 1 per 67 settimane e due finali Slam giocate, e perse, contro Kim Clijsters e Serena Williams, mica le prime due passate di lì per caso.
Ancora una volta però, la danese si ribella al suo destino, sempre agli US Open, dove la magica aria di New York le regala nuova linfa. In maniera quasi insperata, torna a conquistare i quarti in un major, dando il la all’ennesima risalita. Il 2017 è un crescendo rossiniano di risultati e di classifica (anche se riesce a conquistare il primo titolo solo al settimo tentativo, dopo sei finali perse). Ma è alle WTA Finals di Singapore che si sblocca definitivamente, battendo in finale Venus Williams (mai superata negli scontri precedenti) e conquistando il titolo più importante della carriera.
Lo scoglio finale però resta un titolo dello Slam. Caroline sa che agli Australian Open, dove arriva da numero 2, si gioca la possibilità di ritornare al numero 1 del mondo. Ma la pressione è tanta, perché non può certo dimenticarsi di quelle 67 settimane in cui si è sentita perseguitata dall’obbligo di vincere un major. Turno dopo turno, la tensione si fa sentire e cresce parallelamente alle sua chance di vittoria finale. Al secondo turno contro la croata Fett, quando deve salvare due match point nel terzo set. In semifinale, quando le trema il braccio al momento di chiudere con Elise Mertens. E oggi in finale, quando si ritrova sempre a condurre, ma ogni volta si fa prendere dal nervi, permettendo alla Halep di rientrare. In difficoltà per la paura di vincere, Caroline si affida a quella che resta la sua arma migliore: le sue gambe. Comincia a correre, a non mollare più un 15, a riprendere e ributtare tutto al di là della rete, attitudine che ai tempi migliori le aveva fatto guadagnare il soprannome di Wall-zniacki. E così il muro regge. Caroline, con il braccio bloccato dalla tensione, alla fine trema meno della sua avversaria, riuscendo finalmente a liberarsi di tutti i fantasmi e prendendosi una bella rivincita.
Mettiamoci pure che in questo momento storico, in cui siamo orfani di Serena Williams e l’altra giocatrice iconica, Maria Sharapova, fatica a ritrovare la forma, Caroline Wozniacki è l’esempio migliore che il tennis in gonnella possa offrire. Non tanto per la qualità del gioco, quanto per l’immagine. Tra tutte le giocatrici attualmente al top è sicuramente la più conosciuta al grande pubblico a livello mondiale, con le sue immagini in costume su Sport Illustrated, gli inviti agli eventi mondani, il fidanzamento con il giocatore dell’NBA David Lee (che Dio gliela mandi buona, questa volta) e l’amicizia con Serena (era l’unica tennista invitata, oltre a Venus, ad uno dei matrimoni dell’anno). Tra le varie Halep, Kerber, Svitolina, Pliskova e via discorrendo, la Wozniacki è quella con il maggior appeal mediatico e la sua vittoria, possiamo dirlo, è tutto sommato una bella notizia e un bello spot per il tennis femminile. Da lunedì la danese siederà nuovamente sul trono della WTA a 6 anni di distanza, abbracciando e coccolando il suo trofeo degli Australian Open. Dicono che la vendetta sia un piatto che va servito freddo, ma questa volta è davvero dolce, Caroline.
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