Billie Jean King ha inaugurato la nuova e futuristica sala interviste degli Australian Open nelle vesti simboliche di “Donna dell’Anno degli Australian Open”. Assieme a lei anche Craig Tiley, direttore del torneo, e il trofeo del singolare femminile. Presentata come campionessa simbolo dell’uguaglianza, non c’è voluto molto prima che la conferenza stampa passasse sulle grandi polemiche sollevate in continuazione negli ultimi tempi su questioni etiche e sociali come i rapporti omosessuali che non possono essere accettati.
Sull’opportunità di mantenere un’arena dedicata a lei all’interno della struttura di Melbourne Park Billie Jean King non ha usato mezze misure: “A suo tempo fui un’accanita supporter della creazione di un’arena a nome di Margaret: dopo che era stato intitolato il centrale a Rod Laver, pensavo fosse opportuno fare qualcosa di simile anche per lei, perché è la tennista che ha vinto più di tutti. Ma quando si ha il proprio nome su una struttura pubblica, come quella della Margaret Court Arena, con l’onore viene anche la responsabilità di impersonare i valori di quella struttura. In qualità di luogo pubblico, l’arena deve poter accogliere chiunque, indipendentemente da sesso, razza e orientamento sessuale, e le dichiarazioni largamente denigratorie che Margaret ha fatto nei confronti della mia comunità, quella LGBTQ, sono a mio modo di vedere incompatibili con questo ruolo. Siamo tutti figli di Dio, non è vero che i gay sono figli del demonio. Io stessa ho ricevuto l’onore di avere il mio nome su una intera struttura pubblica negli Stati Uniti, ed ogni volta che leggo il mio nome sento la responsabilità che ciò comporta. Personalmente credo che il nome dell’arena debba essere cambiato, ma si tratta di una decisone che deve essere presa dal popolo australiano, perché quell’arena appartiene a loro, non a me, né a Tennis Australia. Tuttavia, se fossi una giocatrice non me la sentirei di giocare su quel campo”.
Tiley ha confermato che sono in corso discussioni per verificare il possibile cambio di nome della Margaret Court Arena, ma che si tratta di un processo lungo e che coinvolge diversi centri decisionali nella “cosa pubblica”.