Mi piace Dimitrov, ha qualità, gioca puntando sulle sue doti, che non sono quelle di Federer, ma un po’ sì, il dritto portato in modo simile, meno pesante e qualche volta un po’ troppo distante dalla palla, ma cercato con anticipo e l’intervento del polso al momento dell’impatto con la palla, a scovare angoli che ad altri non vengono per vie naturali; e il rovescio addirittura più bello, se non più efficace (tanto più da quando Roger lo gioca sovente a tutto braccio), ma stilisticamente prezioso, un gesto tratto dalla scuola antica, quella del bel tennis.
È un mio vecchio pallino, il bulgaro, uno che speravo prima o poi arrivasse a misurarsi alla pari con i più forti, e credo che ora possa permetterselo, anche se dopo questo Master che per lui rappresenta così tanto (il primo successo importante di una carriera che le fasi giovanili le ha da tempo messe alle spalle), arriveranno le prove più dure, quelle in cui si troverà a gestire un’immagine di sé di certo dilatata nella sua stessa considerazione, contro avversari che lo conoscono bene, e ai quali il fatto che abbia vinto un Master non è che cambi poi moltissimo.
L’impressione è che il 2018 sarà un anno speciale, ma diverso da questo 2017 che per tanti aspetti – e grazie a Federer e Nadal – è risultato straordinario. Sarà l’anno dei ritorni (in massa), e dei verdetti definitivi. Per Dimitrov, e per i ragazzi più giovani. Molti di loro si sono spinti “un passo più in là”, approfittando com’era doveroso delle assenze di tennisti ingombranti per chi voglia far gara di testa: Djokovic, Murray, Wawrinka, Raonic, Nishikori, alla fine anche Berdych, seppure sia in calo. A gennaio riprenderanno tutti il loro posto, e si vedrà chi fra loro riuscirà a essere subito competitivo (come lo è stato Federer in Australia) e chi invece avrà bisogno di tempi più lunghi. Ma ci saranno, e nessuno potrà andare a sfidarli con la certezza di batterli facilmente. Su queste tensioni si misurerà il livello raggiunto da Dimitrov, da Goffin, dallo stesso Zverev che sì, è vero, ha l’aria del predestinato. Se i rientranti dovessero in breve ricostituire quel club esclusivo e inarrivabile (lo stesso cui appartengono d’ufficio Federer e Nadal), Grigor e gli altri rischiano un contraccolpo difficile da gestire, perché ne andrà della loro autostima, e c’è il rischio che le convinzioni positive finalmente raggiunte vadano in frantumi.
Dimitrov ha 26 anni, e l’età è giusta. Anche se non ha incontrato Federer (che lo batte sempre) al Master, si è guadagnato il titolo senza sconfitte. E non è poco… In alcuni match (il primo con Goffin, per esempio) si è permesso addirittura di dilagare. È migliorato, ha messo più pazienza in certe fasi del gioco e non spreca il colpo al terzo scambio. Dunque è cresciuto. Potrebbe essere un ottimo intermezzo, in questo tennis di passaggio, fra grandissimi campioni su con l’età, e ragazzini che devono imparare a vincere. Il 2018 ci dirà…
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