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Quel che manca a Denis Shapovalov

Calma. Il dizionario italiano la definisce così: stato di tranquillità, serenità, distensione dello spirito, imperturbabilità, flemma. Nella mitologia greca, secondo Pindaro, nella quarta Pitica, era figlia di Dike, la Giustizia, ed era la quiete dello stato, dell’anima. Ad essa è attribuito uno dei proverbi più conosciuti, “La calma è la virtù dei forti”.
Nel tennis, come in quasi tutti gli sport, questo è assolutamente vero e sicuramente la calma può essere l’elemento che trasforma un ottimo giocatore in un grande campione. La capacità di affrontare nel modo migliore una palla break decisiva, un match point, a favore o contro, un tie break, si basa quasi essenzialmente su questo elemento, la calma.
Le discipline orientali insegnano vie per raggiungerla e la psicologia dello sport, negli studi degli anni più recenti, ha sviluppato strategie, tratte anche da queste pratiche, per aiutare gli atleti a saper trovare, nei momenti decisivi, la giusta tranquillità, in modo da gestire il naturale stato di agitazione psicofisica che la fatica unita al momento topico sono in grado di causare.
Alcuni giocatori nascono naturalmente dotati di questa virtù, non che non vivano interiormente stati di agitazione ma hanno una propensione innata a domarla, riportando corpo e psiche alla giusta tranquillità prima di agire. L’ultimo decennio ci ha donato tre mostri sacri di questa dote e pare quasi superfluo scriverlo: Federer, Nadal e Djokovic.

 

Altri hanno esercitato la loro indole per raggiungere questa capacità e tra i grandissimi salta subito in mente Agassi, giocatore che ha fatto della fretta e del ritmo forsennato uno dei suoi punti di forza ma che, non è un caso, ha ottenuto i suoi maggiori risultati nella seconda parte della carriera, probabilmente quando l’esperienza e la maturità hanno messo il giusto freno alla sua terribile frenesia.

A pensar con attenzione nessun grande campione è riuscito a imporsi senza tale dote, probabilmente perché lo stress psicologico del tennis senza di essa non può essere gestito. Vero, alcuni, si veda McEnroe, avevano bisogno di esplodere per poter tornare allo stato di quiete, ma senza di essa i grandi risultati non possono arrivare.
Ecco perché, vista la partita di lunedì sera, ciò su cui dovrà lavorare davvero Denis Shapovalov per fare il salto da giovane promessa a campione è la ricerca della calma.
Il talento canadese ha un gioco spumeggiante e le qualità del braccio saltano subito agli occhi ma nello stesso tempo i suoi gesti, in particolare tra un punto e l’altro, mettono in risalto uno stato emotivo di grande agitazione. Certamente la giovane età del giocatore è la ragione principale, ha appena diciotto anni, e anche la brevissima esperienza nel circuito gioca il suo ruolo.
Ad un primo impatto, però, la grande differenza con l’altra nuova stella dell’Atp, Alexander Zverev, sembra proprio essere la differente capacità di affrontare lo stress del campo. Certo, il tedesco ha due anni in più, e forse anche l’esperienza del fratello maggiore ad aiutarlo, ma la differenza tra i due giocatori sembra davvero essere qui, sebbene gli stili siano differenti ma entrambi efficaci.
Anche la sconfitta del canadese contro Bennetteau è probabilmente figlia della differenza di tranquillità dei due giocatori, con il francese che grazie alla sua consumata esperienza è riuscito ad essere tranquillo e concentrato in modo decisamente più efficace del suo avversario.
In fondo già l’episodio della palla scagliata contro il giudice di sedia in Davis aveva segnalato la necessità di lavorare su questo punto per Sahpovalov e ora, giunti al termine della stagione, sembra sia un dovere indicare questo aspetto come parte principale su cui concentrarsi per essere protagonista sin dal 2018. La qualità del suo tennis non si discute, ma senza questo elemento sarà impossibile raggiungere i grandi risultati. Keep calm and play, Denis.

Matteo De Laurentis

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