Petra Cetkovska, la giocatrice maledettamente forte quanto sfortunata, ha deciso di darsi un’ultima occasione. Sarà di nuovo in campo, dopo un anno e mezzo di stop, ad inizio del 2018 ma stavolta non ci saranno ripensamenti: se entro 6 mesi il suo corpo avrà ancora dolori, allora la tennista ceca dirà basta.
Eppure il ritiro, per lei che soprattutto dalle Olimpiadi del 2012 ha avuto l’abbonamento agli infortuni persistenti, gravi, lunghi e sofferenti, sembrava essere cosa fatta. Il 2016 fu un nuovo anno ricco di problemi e con un numero esiguo di partite disputate. Sconfitte a ripetizione, punteggi netti, ed il ritiro a metà estate dopo l’ITF di Olomuc prima della scomparsa definitiva dai radar.
Nata nel 1985, a Prostejov, ha come best ranking di numero 25 del mondo che suona come un vero insulto rispetto a quelle che sono le sue qualità. L’impatto con la palla è educato ma letale, attacca per prendere la rete dove ha più volte dimostrato di potersi muovere con disinvoltura, una slice di dritto per difendere e di rovescio per variare cambiando molto bene l’impugnatura. Caroline Wozniacki ha preso due stese memorabili e in entrambe le circostanze Cetkovska era ben oltre le prime 100 del mondo: a Wimbledon nel 2013 rimediò un 6-2 6-2 in meno di un’ora, a New York nel 2015 perse 6-4 5-7 7-6(1) in quella che forse è la partita più bella mai giocata dalla ceca, capace di dominare l’avversaria e poi tener duro quando nelle fasi finali del terzo set salvò 4 match point giocando solo vincenti di grandissima qualità. 61 vincenti quella sera lungo 3 ore di partita vinta da numero 149 del mondo e contro la numero 4, finalista nel 2014.
(16:36 il primo match point annullato, da 18:06 gli altri 3)
Un tennis estremamente godibile, una persona che avrebbe meritato molto di più ma che fin da quando era una semplice ragazzina ha incontrato difficoltà enormi. A 14 anni, in una dinamica non chiara con una sua amica, fu spinta contro un muro e la botta in testa che prese le diede fastidio per circa due anni, finché fu costretta ad operarsi a causa dell’edema che il colpo le aveva procurato. Un anno più tardi, la mononucleosi. Poco più avanti la rottura del piede giocando la finale dell’Australian Open junior. A giudicarlo 15 anni dopo, questi erano veri e propri presagi.
Ha giocato a tennis fin da quando aveva 5 anni, curiosa di vedere il circolo tennis dove lavorava papà Petr, di origini macedoni. Divenuta professionista nel 2000, entrò per la prima volta in top-100 nel 2007, concludendo la stagione al numero 99 dopo aver disputato allo US Open il primo torneo Slam in carriera. A rafforzare ancor di più i rimpianti di una carriera guastata dai continui infortuni, il record che ha contro giocatrici in top-10: 10 vittorie e 9 sconfitte. Non si è mai avvicinata alle prime 20, eppure ha più vittorie che sconfitte (ed un discreto numero di partite giocate) contro le migliori. Se non è un dato record, poco ci manca.
Eppure, l’unica finale mai raggiunta nel circuito WTA risale al 2011, al torneo di New Haven, dove perse contro Wozniacki 6-4 6-1. In quell’occasione, però, batté altre due top-10 lungo il proprio cammino tra cui Li Na, fresca vincitrice del Roland Garros. Nonostante avesse già superato i 25 anni, Petra credeva ancora di poter fare qualcosa di importante: stava vivendo il momento più felice, era riuscita a essere nelle quattro giocatrici ceche che avrebbero disputato l’Olimpiade di Londra. Proprio nel match d’esordio, però, è arrivato un nuovo, grave infortunio. La caviglia ha fatto crack, i legamenti sono saltati e poco dopo, a termine di un ulteriore esame, la scoperta di un edema al midollo osseo. Provò a giocare a fine stagione qualche ITF in Francia ma oltre agli scarsi risultati c’era la continua sofferenza fisica che la portava, come ha confessato, a pianti continui alla sera mentre curava la zona del corpo malandata. Rimase ferma per circa 6 mesi prima di rientrare a fine maggio del 2013. Poche settimane di tornei e già era rientrata nelle 100 dopo aver sfiorato il quarto turno sia a Parigi, al secondo torneo stagionale, dove perse in 3 set contro Roberta Vinci e dopo aver battuto Anastasia Pavlyuchenkova, sia a Wimbledon dove fu sconfitta contro Sloane Stephens ancora in 3 set ma dopo aver lasciato 4 game sia a Donna Vekic che a Wozniacki. Purtroppo per lei, un nuovo infortunio patito a Biarritz la settimana seguente le rovinò tutto il resto della stagione: continuò a giocare, ma non ritrovò più quella brillantezza dei primi appuntamenti e concluse la stagione senza più ottenere due vittorie di fila decidendo poi di saltare l’Australian Open per ritornare in buona.
Crollata nuovamente oltre la top-100, ha percorso la seconda risalita in un nulla. A metà febbraio a Doha batteva Na Li, Sloane Stephens e Shuai Zhang. Perse nei quarti contro Angelique Kerber, prendendosi una deliziosa rivincita a Roma, a maggio. Perso il primo set 6-4, la ceca si sbloccò sul 3-3 del secondo in un game di circa 20 minuti. Nel terzo era di nuovo lotta punto a punto, in una giornata fredda, cielo cupo e gocce di pioggia leggere ma continue. Il Pietrangeli era piuttosto pieno e quel terzo set ha vissuto di enorme partecipazione, un po’ per il classico giochino mentale che l’underdog raccoglie maggiore simpatia, un po’ perché la partita era veramente piacevole. A Kerber non bastò neppure andare 4-3 e servizio, 40-0. Colpi a rete, le demivoleè e gli attacchi da fondo. C’è stato un po’ di tutto per completare la rimonta e rientrare dopo tanto tempo in top-50. Purtroppo però, dopo il titolo nell’ITF di Olomuc in estate, un nuovo grave infortunio e dopo lo US Open rimase fuori altri 7 mesi.
Ancora una volta tutto era da ricostruire: classifica, forma fisica, morale. Le sue parole nella conferenza stampa dello US Open 2015, a un anno da quel calvario, furono dolorose: “Vinsi un torneo ITF e il giorno dopo non riuscivo a camminare. Lì per lì ho pensato che fosse causato da un blocco alla schiena, ho fatto delle visite, la schiena sembrava migliorare, ma già allo US Open sentivo che la situazione stava crollando di nuovo. Già mi ero dovuta cancellare da Cincinnati, ho provato a giocare ma dopo aver perso contro Petra Kvitova sono stata malissimo, con un dolore enorme. Ho fatto delle lastre, hanno trovato una lesione al labbro gleidoneo e un altro problema osseo dall’altro lato dell’anca. Non avevo la certezza di migliorare pur con un’operazione, ma rischiai e a fine settembre mi operai. Rimasi con le stampelle per un mese, posso dire di aver cominciato a correre lentamente dopo altri 3. Un po’ di bicicletta, poi a febbraio per la prima volta ripresi in mano la racchetta ed ora eccomi qui, praticamente un anno dopo”. Il percorso fu ancora più sorprendente, per certi versi: prima di quello US Open non aveva vinto alcuna partita nel circuito maggiore. Aveva trovato qualche bel risultato tra luglio e agosto, ma di nuovo si trattava di circuito ITF e livello incomparabile con uno Slam. Eppure, a New York, ha vissuto la sua serata speciale contro Wozniacki e nella conferenza stampa, ormai prossima alle 2 del mattino, raccontava cosa le fosse successo. Neppure il tempo di essere felice, che la schiena si è bloccata nuovamente, proprio la settimana dopo lo US Open nell’ITF di Saint Malò. Ancora una volta, la sua stagione era terminata.
Il nuovo rientro, all’Australian Open 2016, non aveva dato effetto sperato. Ha giocato 4 partite: il primo turno a Melbourne, ad Indian Wells, a Miami, nel primo turno di qualificazioni del Roland Garros. Zero vittorie, zero set vinti, zero game raccolti nell’ultimo incontro dopo un 6-0 6-0 già sfiorato a Miami, contro Heather Watson. Provò un paio di ITF, ma dopo aver perso contro Rebecca Peterson ad Olomuc fu trovata seduta lungo un corridoio del circolo, testa bassa e che si teneva il ginocchio visibilmente fasciato. Nuovi problemi, poi curati, poi scoperti nella parte bassa della schiena. Sembrava poter tornare ad allenarsi a fine febbraio, ma ulteriori complicazioni le hanno levato ogni chance di rientrare durante il 2017. A 32 anni (che diventeranno 33 a febbraio) i treni migliori in teoria sarebbero già passati e dopo stagioni vissute sempre a contatto col dolore e le sofferenze di un corpo che non voleva saperne di darle pace, ha deciso che ci sarà modo per un nuovo rientro, ma stavolta sarà l’ultimo: o riuscirà a giocare, o dirà basta. Una carriera che l’ha stremata e non le ha dato un’unghia di quello che meritava. Una delle giocatrici che con un po’ di continuità avrebbe tranquillamente potuto ambire alla top-10 visto che quelle stesse protagoniste più volte battute navigano o hanno navigato anche in top-3.
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