Facciamo un gioco. Cosa si direbbe se Vettel si presentasse a un ipotetico Gran Premio e, anziché della Mercedes di Hamilton, si ritrovasse affiancato in prima fila ala scalcagnata McLaren del fu Fernando Alonso? Oppure: se l’Inter di Spalletti si presentasse tra un paio di domeniche allo Juventus Stadium e anziché il trio d’attacco Higuain-Dybala-Mandzukic si trovasse di fronte il tridente della Primavera? O ancora: se negli anni ’90 al campionato del mondo dei pesi massimi invece di quell’iradiddio di Mike Tyson un qualunque sfidante si fosse trovato sul ring il semisconosciuto Pinklon Thomas?
Al bando i moralismi, in ognuna di questa circostanze la reazione sarebbe stata una ed una sola: ammazza che culo!
Ecco, con tutto il rispetto dovuto alla vittoria della Francia, è più o meno quanto accaduto nel corso dell’ultima edizione della Coppa Davis appena conquistata dai cugini transalpini.
In particolare, Oltralpe si sprecano elogi e non si finisce di magnificare l’operato del mitico Capitano, il grandissimo Yannich Noah. Il quale, per sgombrare subito il campo da possibili equivoci, è stato ed è un’autentica leggenda del tennis francese, sia come giocatore (suo l’ultimo trionfo Slam al Roland Garros del 1983), che come Capitano (indimenticabili i formidabili successi del 1991 e 1996).
Ma messi da parte (e ancora una volta riconosciuti) i grandi meriti del passato, veniamo all’oggi. Detto anche che chi vince ha sempre ragione, è giusto parlare di “impresa” o “capolavoro”? Ma per favore… siamo seri dai!
La Francia ha affrontato il Giappone (a Tokyo) privo di Nishikori, la Gran Bretagna priva di Murray e la Serbia orfana di Djokovic. Domanda: era possibile farsi eliminare prima della finale? Risposta: no!
Ma non è tutto. Alla vigilia della sfida di finale contro il Belgio dell’ottimo Goffin, il Capitano Noah sorprende tutti e sceglie (giustamente) di rinunciare al doppista Mahut per cautelarsi con Gasquet. Scelta legittima e molto sensata, se non fosse che nel doppio decisivo l’improvvisata coppia Herbert/Gasquet, dopo un inizio che più facile non si può, di colpo s’inceppa. E succede così che il Belgio si trova nel doppio che si rivelerà poi decisivo nell’insperata situazione di un set pari, 5-4 e servizio. E qui ancora una volta, come per Sacchi nel ’94, entra in gioco il culo di Noah. Con la possibilità di portarsi avanti d’un set a portata di mano, l’accoppiata Bememlmans/De Loore (non esattamente Newcombe/Roche) se la fa sotto, va in tilt e addio sogni di gloria.
Tutto è bene quel che finisce bene, ma cosa sarebbe accaduto a Noah se la Francia avesse perso quel punto dopo aver rinunciato allo specialista Mahut? La risposta, onestissima, la fornisce lo stesso Noah: “Mi avrebbero tagliato la testa”.
Insomma, onore alla Francia e già che ci stiamo pure a Noah. Ma per favore, le imprese sportive sono cose dannatamente serie. Non confondiamole con le botte di culo.
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