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WTA Finals 2017: Pliskova in semifinale, a Venus Williams la maratona contro Ostapenko

[3] Ka. Pliskova b. [2] G. Muguruza 6-2 6-2

“Mi sono sentita piatta, da subito. Non ero in grado di alzare il ritmo del mio gioco e dover rimontare in ogni set era troppo duro, oggi”. Queste sono le parole di una Garbine Muguruza frastornata e travolta da Karolina Pliskova, vincitrice in poco più di un’ora della sfida che l’ha vista qualificarsi per prima alle semifinali delle WTA Finals 2017.

6-2 6-2 a Venus Williams, 6-2 6-2 a Muguruza dopo essersi trovata sul 6-2 5-0 0-40. Partita, ancora una volta, devastante perché devastante è anche il suo servizio in queste condizioni. Nonostante la lentezza dei campi, un 70% di prime palle in campo fa tutta la differenza del mondo e in 26 minuti il primo set era già finito. Ad inizio della seconda frazione ha cancellato 3 palle break per recuperare poi un turno di risposta dove era indietro 40-15. Rimonta cominciata, tra l’altro, con un incredibile rovescio lungolinea su una palla profondissima della spagnola che poi commetteva qualche sbavatura e finiva per trovarsi nuovamente sotto 3-0. Da quel game perso, sull’1-0 Pliskova, è cominciato un parziale di 18 punti vinti su 20 giocati. Interrotto solo sul 5-0 0-40. Tre match point cancellati e Garbine che riusciva quantomeno a sbloccare il suo punteggio. Non è bastato però neppure rimontare un break, perché al servizio sul 2-5 è stata nuovamente brekkata.

Si giocherà la qualificazione contro Venus Williams, giovedì, ma questo risultato potrebbe portare al primo allungo di Simona Halep nel ranking. Erano 40 i punti di distacco fino a questa mattina. Ora la numero 2 è tornata avanti grazie ai 125 punti ottenuti scendendo in campo, ma in caso di successo della rumena domani contro Caroline Wozniacki, la distanza reale sarà di 165 punti.

[5] V. Williams b. [7] J. Ostapenko 7-5 6-7(3) 7-5

Rare volte si è visto, anche nei suoi momenti più difficili vissuti negli ultimi 7 anni, una giocatrice come Venus Williams così inerme. La statunitense era in balia totale della sua avversaria quando questa riusciva a imporre un gioco molto rapido, basato su pochi scambi, o anche molto spesso quando questo si allungava e lei comandava, soprattutto nella diagonale di dritto, la stessa tra l’altro con cui cercava di costruirsi occasioni nel match d’esordio contro Garbine Muguruza.

Ha da mangiarsi le mani, la numero 7 del mondo, perché ha perso due partite che potevano girare davvero in tutt’altro modo eppure è uscita due volte dal campo con le cosiddette pive nel sacco, imbufalita con se stessa e con la consapevolezza ormai che pur rimanendo in gara (servirebbe una vittoria di Garbine Muguruza in due set) la qualificazione alle semifinali è quantomai compromessa e servirebbe (poi bisognerà calcolare bene) quanti game dovrebbe cedere per arrivare ad avere una percentuale migliori sia a quella di Venus Williams che di Karolina Pliskova.

Oggi, per gran parte della partita, vederla colpire vincenti a ripetizione, senza minima paura e con tanta (se vogliamo) sfrontatezza nei confronti di un’avversaria enormemente più prestigiosa, famosa, campionessa di lei, che campionessa vuole diventare e al momento è sulla strada giusta anche se, e qui sarà il vento spunto per il suo 2018, avrà moltissimo da lavorare sul servizio. Se oggi ha perso questa maratona contro Venus, la colpa è soprattutto lì. Rispetto al suo gioco spregiudicato, avere un servizio così debole è un vero paradosso. La seconda è una lacrima, un appoggio al di là della rete per provare a rimetterla in campo. Farlo contro le migliori del mondo che non perdono occasione per aggredire diventa un vero ostacolo. Non si parla poi di servire a 190 la prima, o a 170 la seconda, ma di acquisire quel po’ di controllo che possa garantirle turni di battuta più semplici.

Questa partita può essere vista in due modi: esaltando la straordinaria capacità della ex numero 1 del mondo o sottolineando come la lettone sia stata penalizzata a ripetizione dai propri colpi di inizio gioco. Pur non dicendo “l’uno o l’altro”, l’impressione è che stavolta abbia prevalso più il secondo aspetto. Persino Venus ha commentato alla fine con: “Sono stata probabilmente molto fortunata, ho cercato solo di rimanere nel match il più possibile e alla fine ne sono venuta fuori”.

Il punto principale di tutta la contesa era il servizio della numero 7 del mondo. Il suo potenziale è immenso, per naturalezza e capacità di colpire vincenti da ogni lato del campo. Sta migliorando sotto diversi aspetti, come tenere un po’ di più la palla in campo e costruirsi le occasioni, o anche solo cercare colpi più d’attesa (difensivi no, quello no), il tutto partendo da un potenziale tecnico che la rende super pericolosa quando va a rispondere a qualsiasi giocatrice che le si pone davanti, che sia destra o mancina, che serva forte o più lavorato. La sensazione è sempre quella che le percentuali di vedere un break da  parte sua siano sempre molto, molto alte. Il problema però è che quando tocca a lei iniziare il punto ha bisogno di uno sforzo importante. Oggi perforava Venus in continuazione, non ha mai patito la differenza di calibro o tantomeno il timore di giocare contro una di quel livello. L’ha surclassata nel gioco, nei vincenti, eppure non chiudeva i set.

Questa partita non sarebbe mai dovuta andare al terzo set. E questo è un dato crudele, per lei, e che ha inciso tantissimo, alla fine. Nel primo set aveva preso il comando, ma dal 5-3 ha subito 4 giochi di fila. Ha recuperato prontamente dal break di ritardo nel secondo set e si è portata a fare corsa alla pari, annullando un match point sul 4-5 e chiudendo la frazione al tie-break, dopo non aver chiuso col servizio sul 6-5. Era il primo tie-break perso dalla statunitense dalla semifinale dell’Australian Open contro CoCo Vandeweghe, una vita fa. La partita doveva essere finita lì: Ostapenko lasciava ferma la sua avversaria, le tirava vincenti verso ogni angolo, si esaltava quando metteva a segno colpi spettacolari infiammando a sua volta il pubblico, ma quello che faceva veniva costantemente smarrito. Un po’ come Penelope, che tesseva la sua tela e poi la sfilava durante la notte.

Il parziale decisivo è stato più teso, con molti più break e Venus ha sempre avuto la testa avanti. Per tre volte però non è stata in grado di confermare il vantaggio, a dimostrazione ulteriore delle grandi doti dell’avversaria. Sul 5-5 il break decisivo, alla quarta chance, e poi, finalmente per lei, la fine dell’incontro. È ancora viva, dovrà battere Muguruza se vorrà arrivare in semifinale.

Diego Barbiani

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Diego Barbiani

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