Petra Kvitova, non tutti gli eroi indossano mantelli

Non tutti gli eroi indossano mantelli. Alcuni hanno semplicemente una bandana e due polsini, e usano il "pojd" ("forza", in ceco) come segno distintivo.

Non tutti gli eroi indossano mantelli. Alcuni hanno semplicemente una bandana e usano il “pojd” (“forza”, in ceco) come segno distintivo. Petra Kvitova è la storia più bella di questo 2017, se non altro la più commovente. Ci si stringe ogni volta attorno a lei, si pensa a quanto accaduto non più di 8 mesi fa, si pensa che da quel giorno non ha mai voluto rilasciare dichiarazioni particolari (e costanti nel tempo) sull’accaduto. Le uniche sono state “Non mi dimentico di te” e “non voglio recitare la parte della vittima, da adesso guardo subito avanti” durante la conferenza stampa di fine dicembre, ad intervento completato, quando indossava un imponente gesso che copriva mano, braccio e parte dell’avambraccio sinistro.

Le foto della sua mano ricostruita pubblicate non più di due settimane fa, più che essere un modo per tornare sulla vicenda, sapevano molto di realistico. In Repubblica Ceca i tabloid devono aver pressato perché venisse presa questa decisione e lei, alla fine, deve aver acconsentito pensando che così un capitolo, il più spaventoso, della sua vita potesse chiudersi. Non sappiamo come viva quando è a casa, se è tranquilla o se viva momenti di panico. Petra in generale è una delle persone più tranquille ed educate che si potrebbero trovare, nonostante il fisico non troppo esile se le chiedete di aver mai pensato a giocare a hockey (sport estremamente particolare in Repubblica Ceca ed a cui aveva legato la precedente relazione che avrebbe dovuto portarla all’altare) risponde candidamente: “Sono una ragazza troppo dolce per questo”.

Solo belle parole per lei. Se ne sono lette a migliaia, sui social, da fine dicembre scorso. La più bella frase di oggi, di questa trionfale nottata allo US Open è: “Petra Kvitova è una degli esseri umani più puri che abbiano mai messo piede sulla terra, e merita qualsiasi cosa di positivo che le succede”. Per molti è già un miracolo che abbia ripreso a giocare, soprattutto in maniera così anticipata rispetto ai normali periodi, ma lei lo ha sempre fatto apparire come una cosa normale. “Sto cercando di mettere forza nella mano e di ritrovare sensibilità”, frase normalissima che verrebbe pronunciata da chi ha subito un infortunio in quella zona del corpo, non da chi a momenti perdeva l’intera funzionalità dell’arto. Il miracolo dell’equipe medica, seguito dal miracolo di lei in prima persona capace, in questa nottata di fine estate, di cogliere la prima vittoria su una top-10, quella Garbine Muguruza che finora aveva assunto le vesti della schiacciasassi e che in conferenza stampa non ha potuto altro che dire: “Lei è stata super”. Non solo oggi.

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