Jelena Ostapenko ce l’ha fatta: con la finale nel WTA International di Seoul diventa la numero 7 nella Race per Singapore e porta ad 800 punti il margine sulle prime escluse dal Master di fine anno, Kristina Mladenovic e Svetlana Kuznetsova. La lettone, in Corea del Sud, dopo aver dominato le prime 3 partite ha avuto il suo bel da fare contro Luksika Kumkhum. A conti fatti, nel 3-6 6-1 6-3 conclusivo, i momenti delicati sono stati due e diversi tra loro: i primi 3 game del match sono andati via molto lisci a favore della giocatrice thailandese, ottima interprete di un tennis aggressivo ma bimane sia di dritto che di rovescio. Qualche anno fa fece male a Petra Kvitova, al primo turno dell’Australian Open (in cui vanno però considerati i tipici problemi di asma di cui è spesso vittima la ceca), e la sua diversità la rende una giocatrice estremamente difficile da affrontare pur trovandosi oltre la centesima posizione nel ranking.
Ostapenko è sembrata piuttosto sorpresa nei primi game, vedendosi colpita da ogni luogo del campo. Bravissima, però, ad annullare una chance dello 0-4 e a rientrare almeno fino al 2-3. In quel frangente si è scossa, cominciando a giocare come sa e ad infilare i primi veri vincenti. Il break subito poi, sul 2-3, è stato frutto di qualche problema al servizio e da un dritto complicato sulla terza palla brea concessa, ma ormai aveva già cominciato a macinare gioco. Il secondo set è filato via molto liscio, mentre ad inizio del terzo è di nuovo piombata indietro di 3 game. Questo il secondo momento complicato, da analizzare diversamente rispetto a quello di inizio match: qui infatti era lei ad avere in mano il gioco ma a commettere tanti errori. Kumkhum infatti, preoccupata, diceva al proprio allenatore che non sapeva più come fare per fermare la sua avversaria. Nel momento in cui ha tenuto il primo turno di battuta della frazione decisiva, Ostapenko è tornata a volare vincendo i successivi 5 game.
In finale avrà di fronte a sé un’altra giocatrice dotata di discreto talento e grande aggressività come Beatriz Haddad Maia, brasiliana classe 1996. “Bia”, come la chiamano in patria, era considerata già qualche anno fa come un’ottima tennista che avrebbe dovuto essere in top-100/top-50 già da diverso tempo. Il suo problema, comune a tante altre, sono i vari infortuni che le hanno tarpato le ali negli ultimi 2 anni. Chiedete però, per il suo valore, a Sara Errani che nel 2015 a Rio de Janeiro dovette patire l’impossibile per venire a capo di un match sotto i 40 gradi del sole brasiliano contro la beniamina del pubblico che arrivò a 4 match point senza concretizzarne neppure uno e ritirandosi, causa mancata idratazione, sotto 0-3 nel terzo set.
Da lunedì prossimo Haddad Maia diventerà la nuova numero 1 latinoamericana, superando Monica Puig e facendo il suo ingresso tra le prime 60 del mono. Sarà top-50 se, dopo il 6-1 7-6(7) a Richel Hogenkamp, saprà coronare la sua settimana da sogno. Intanto la finale tra Ostapenko e Haddad Maia è già certa di diventare la terza più giovane in assoluto a livello WTA nel 2017
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