La partita più difficile nella vita sportiva di Sara Errani potrebbe non essere ancora finita. Anzi, ne potrebbe iniziare una ancora più complicata. I due mesi di squalifica per positività al letrozolo (controllo a sorpresa del 16 febbraio, inizio sospensione il 3 agosto) potrebbero essere solo il prologo. Secondo quanto riporta il Corriere della Sera in un articolo di Marco Bonarrigo e Gaia Piccardi, infatti, adesso il match si è spostato al Tas di Losanna: l’Agenzia nazionale antidoping italiana (Nado Italia) sta completando la formalizzazione dell’appello contro la sentenza del Tribunale indipendente della Federtennis internazionale (Itf) che il 7 agosto scorso aveva pubblicato sul sito (a dibattimento avvenuto e cose fatte) una decisione forse ritenuta troppo lieve. Davanti al Tas, e a un tribunale diverso (Forse con la stessa Wada parte civile), ci sarà la decisione inappellabile. Quindi, l’agenzia antidoping italiana che si schiera “contro” un’atleta italiana: se non è proprio così, il senso è quello. Una cosa rara, ma in questo caso ha, potrebbe avere una spiegazione.
Un anno fa il tribunale antidoping italiano aveva condannato a quattro anni (poi ridotti a due in appello) il canottiere Niccolò Mornati, positivo all’anastrozolo, sostanza che la Wada considera del tutto omologa al letrozolo della Errani. Dunque, per evitare guai, ricorsi trasversali e tutte le cose che vanno di per sè in casi come questi, Nado Italia era, secondo qualche giurista, praticamente obbligata a fare questo ricorso. Come avrebbe spiegato (e forse come spiegherà o addirittura come ha già dovuto spiegare) a Mornati una pena 10 volte più severa, rispetto a quella della Errani, per una sostanza che, ripetiamo, se non uguale, molto simile? Poi, probabilmente, le motivazioni Itf non hanno pienamente convinto gli uomini dell’agenzia di casa nostra.
In soldoni, nonostante tutte le spiegazioni della Errani fossero state trovate plausibili dalla federazione internazionale del tennis (e non solo da lei), a qualcuno il tutto è sembrato un pò troppo lieve. Insomma, una partita, quella per la Errani, che è ancora molto, molto distante dal chiudersi. Anche se c’è da dire che “Sarita” e i suoi un ricorso del genere probabilmente lo avevano messo in conto, visto che nella sua tesi difensiva lei stessa aveva detto che potevano essere usate delle prove della casualità dell’assunzione di quella sostanza, come ad esempio l’esame del capello.
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