Wimbledon

Wimbledon: Murray e Djokovic, un anno dopo e il mondo capovolto

“E un anno passa e un anno vola e un anno cambia faccia e una città che morde, che protegge, che minaccia”, cantava Francesco De Gregori in “Stella Stellina”, anno di grazia 1979.

Non erano ancora nati, Novak Djokovic ed Andy Murray, sarebbero venuti al mondo solo otto anni più tardi e dopo due decenni si sarebbero già affermati come tennisti che la storia di questo sport ricorderà.

Ma un anno è andato via con loro e tornando indietro a Wimbledon 2016, il mondo attorno a loro e sotto di loro è quasi completamente cambiato. Djokovic era in lizza per il Grande Slam, prima dello schiaffo ricevuto da Sam Querrey sul campo numero uno; Murray si apprestava a vincere il suo secondo Wimbledon, iniziando la rincorsa ad una prima posizione mondiale a lungo desiderata.

Oggi il campo numero 1 si prepara ad avere un tetto, Djokovic non ha più vinto un torneo dello Slam, Andy ha vissuto sei mesi strani tra pressioni da gestire e qualche acciacco fisico che oggi si fa sentire a ridosso del torneo più importante per lui, quello di casa:

“Ho avuto problemi all’anca fin da quando sono bambino, niente di nuovo per me, qualcosa di cui ho sempre sofferto purtroppo. Non mi sono sentito benissimo i giorni scorsi ma pian piano ho mantenuto la calma e ho lavorato con fisioterapista per recuperare: esercizi e allenamento, tutto il necessario e adesso va meglio”.

“Mi sento pronto comunque a giocare, sì, ho saltato qualche allenamento ma adesso non sento di non riuscire a competere. Sono certo di giocare”.

Le premesse per lo scozzese non sono certo esaltanti ma è vero che la forma può arrivare anche giocando, se il problema non è di quelli che peggiorano ma con le giuste cure si può superare.

“Se non sentissi o avessi sentito in passato il nervosismo e la pressione sarei preoccupato: voglio sentire tutto questo, specie a Wimbledon, altrimenti vorrebbe dire che non me ne frega nulla”.
Murray oltretutto ha saputo non da tanto di essere in attesa del secondo figlio ma assicura che questo non lo distrarrà.

Djokovic arriva direttamente da Eastbourne, dove ha giocato e vinto in un torneo a ridosso di uno Slam, una cosa che non gli capitava di fare da molto tempo:

“E’ stata una buona decisione a posteriori quella di giocare a Eastbourne, sentivo di dovere giocare più match, c’è sempre bisogno di preparazione particolare sull’erba per i movimenti soprattutto. E’ stata un’esperienza molto positiva”.

Lo dice sorridendo, quasi sollevato, confortato dalla presenza amichevole di Mario Ancic, da poco aggiuntosi al “Team”: “Ne ho prima parlato con Agassi, credo che Ancic potrà passare più tempo con me quando Andre sarà impegnato altrove, siamo amici da tanto, c’è molto rispetto tra noi. Abbiamo parlato e lui era comunque a Londra in questo periodo, vediamo come prosegue, come si sviluppa, anche qui”.

Molti hanno notato come faccia meno caso a sconfitte e vittorie, che sembra vedere le cose da una prospettiva più ampia: “Non è che non mi interessa più vincere o perdere, sia chiaro questo; però mi importa anche crescere come persona, essere umano e l’equilibrio quindi va cercato e trovato”.

Un anno dopo, la loro rivalità non ha più le prime pagine, riprese ancora una volta da Federer e Nadal, che a lungo loro hanno cercato di superare. Le cose nel tennis però cambiano in fretta.

Un anno dopo, forse, possono riprendersi i riflettori.

Rossana Capobianco

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