Troppo veloce, troppo lento.
Un minuto può non passare mai e un altro è stato talmente uguale agli altri da esserti distratta e non averlo calcolato.
Sono due minuti diversi, i minuti di tante persone, ognuno per motivi diversi, ognuno da maledire o benedire.
I due minuti differenti di Venus Williams nella distanza di tempo di un mese sono talmente opposti eppure così collegati da costringerla a calcolare e a rivivere quel primo minuto in cui il tempo è stato troppo veloce, troppo poco tuo, ti è passato accanto e con esso tutto quello che ti ha buttato addosso.
Lo scorso 9 Giugno Venus Williams, in un minuto di distrazione non si è fermata al rosso del semaforo e malgrado la velocità del veicolo quasi inesistente (cinque miglia orarie) la collisione con l’auto all’incrocio in cui viaggiava insieme alla moglie il settantottenne Jerome Barson è stata letale a quest’ultimo, morto tredici giorni dopo.
L’accusa -dopo la denuncia della Sig.ra Barson- è di omicidio colposo per quanto successo per le strade di Pam Beach Garden.
La Williams ha comunque deciso di giocare Wimbledon, da sempre il suo torneo preferito, forse anche per cercare di dimenticare per un po’ quanto accaduto, dopo essersi espressa in merito con parole di dolore e cordoglio anche sui social.
Ma in un minuto troppo lungo oggi durante la conferenza stampa, per una domanda appena accennata che chiede quanto il tennis sia importante in questo momento proprio per affrontare qualcosa di più grande: Venus si ferma, guarda fissa nel vuoto, porta una mano alla bocca, abbassa lo sguardo e grazie alla visiera nasconde la prima piccola lacrima; poi non riesce più a continuare, non ce la fa. Lo capiscono tutti: i giornalisti in sala stampa, il moderatore troppo british, lei stessa. Chiede scusa e abbandona la scena.
Il tennis è tanto, il tennis alle volte è perfino troppo. Ma ora è troppo poco per sovrastare colpe e ricordi di minuti troppo brevi e scappati via senza che potessero cambiare.
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