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Nadal, non è un’orazione funebre

Nel ventottesimo gioco del quinto il dritto si riposò.
Il colpo di maglio che gli ha portato miliardi – può non essere un’iperbole – di punti, il porto sicuro di tutta una carriera, lo ha tradito due volte. La prima è finito alle stelle con un rumore secco di sconfitta, poi oltre la riga di fondo sul match point. Guardando le immagini si ha l’impressione che l’avversario sia il primo a non crederci. Immobile, non si sposta dalla traiettoria e il rimbalzo della pallina quasi lo colpisce fra i piedi.
Quando il giudice di linea chiama l’out fatale non si rotola per terra, non lancia racchette né urla belluine. Semplicemente il suo bel volto onesto si apre in un sorriso.
Incredulo, lento, soddisfatto e profondo.

Con un poco di fantasia Gilles potrebbe ricordare un antico romano, il campo uno il Foro con poco più in là il Senato, il sacro Centre Court, forse invidioso di non aver fatto da scenario a cotal battaglia. Certo, lui non è il magnetico Marlon Brando nello scabro bianco e nero del film di Mankiewicz, ma contando sull’indulgenza di Shakespeare e chiudendo per un istante gli occhi…

Ecco Muller, novello Antonio con le spoglie di Cesare ai suoi piedi, che impugna il microfono con la destra tanto per dare anche a lei qualcosa da fare, e rivolgendosi al pubblico in tumulto comincia così.

“Amici, inglesi, appassionati, prestatemi orecchio. Io non vengo per seppellire Rafa ma per lodarlo. Le sconfitte che i campioni subiscono gli sopravvivono, le vittorie sono spesso sepolte con le loro ossa. Qualcuno dice che lui era ambizioso e spietato, e questo qualcuno è uomo d’onore. Se fosse vero sarebbe un ben grave difetto e gravemente Rafa oggi ne ha pagato il fio. Ma lui da sedici anni non sta solo mostrando a tutti con l’esempio come si vince rispettando pubblico e avversari.
Ma soprattutto come si perde.

Guardatelo ancor oggi, negli istanti della consapevolezza, quelli più duri in una sconfitta, mentre io non riuscivo ancora a credere al fato mio benigno, come si è tenuto. Ha aspettato, mi ha sorriso e ci siamo avviati insieme all’uscita. Io ci sono arrivato molto prima perché lui ha trovato ancora la forza per firmare decine di autografi, anche se forse avrebbe preferito rompersi la mano contro un muro. Sembra questo ambizioso o spietato?

Quante volte in momenti simili e peggiori – ricordate Melbourne 2014? – ha avuto parole di elogio per il suo vincitore senza mai cercare rifugio in facili scuse? Ambizione e spietatezza dovrebbero essere fatti di ben più rude stoffa.
O senno, tu sei fuggito tra gli animali bruti e gli uomini hanno perduto la ragione.
Tutti voi che lo avete amato almeno una volta, né senza ragione, non dovete disperare.
Meno di un mese fa con la vittoria di Lutezia si era preso il mondo, ora giace là.
Rendetegli lo stesso onore.

Conoscete bene le gesta del suo dritto curvo e affilato, che anche oggi ha aperto ferite profonde nel mio corpo. Quanto rudemente ha bussato alla mia porta in cinque ore!
Eppure proprio lui l’ha tradito nell’attimo fatale. Solo allora il cuore di Rafa si è spezzato.
Se oggi avete lacrime da spargere risparmiatele per il domani, quando ancora quel gran cuore ricomincerà a battere”.

Raffaello Esposito

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Raffaello Esposito

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