La parola del Direttore

Tra Federer e l’Opera immortale c’è il “tennista palindromo”

L’ottava più famosa del mondo non ha nome, non è l’Eroica, né la Pastorale, Beethoven le diede appena un numero, Opera 93. Per la sua ottava Federer ha invece grandi progetti e tutta l’intenzione di darle un nome importante, la vorrebbe Inarrivabile, magari Eterna. Sarà la sua Opera 91, sempre che riesca ad afferrarla dopo un inseguimento che dura da una vita. La numero 90 (ché tante sono le vittorie su questi prati) l’ha dedicata a Berdych, ed è stata un inno all’efficenza, persino alla implacabilità, l’Inesorabile, ecco il nome per l’ennesimo successo in tre set di questi Championships, giunto con due tie break fulminanti e un terzo set costruito intorno al break ghermito nel sesto game.

La diciannovesima in 25 confronti con il ceco, un tempo nemico, per via di alcuni commenti un po’ audaci, un po’ sprezzanti, nei confronti del rivale più fortunato, oggi invece annoverato nel “contubernio dei federeriani”, quelli con cui andare a cena la sera. Vale l’undicesima finale nello Slam sull’erba, e mai nessuno in Era Open era giunto a giocarne così tante. Nadal dieci, a Parigi, peraltro tutte vinte. Lendl otto, agli Us Open, addirittura consecutive. Ma Federer undici, in attesa che si tramutino nell’ottavo titolo, anche questo storico, se arriverà. I Championships si sono concessi sette volte a Willie Renshaw, a Pete Sampras, e ovvio, anche a Roger. L’ottava sarà la Sinfonia dei cento quarant’anni del torneo.

Per cingersi dei dovuti allori, Federer dovrà battere ora il tennista palindromo, Cilic, che lo è nel cognome e anche nel tennis. Da qualsiasi parte lo prendi il croato Marin, da destra e da sinistra, da sotto e da sopra, sempre lo stesso rimane. E forse è la sua fortuna, in questo mondo di tutti uguali.

Cilic segue i propri estri, anche quando lo portano lontano dalla meta. Hanno provato a cambiarlo in tanti, da Ivanisevic (uomo di estri ancor più imprevedibili) a Bjorkman, l’attuale coach, e lui, educato com’è, li ha sentiti tutti ed è anche un po’ migliorato, ma non al punto da rinunciare alla magnificenza di certe conclusioni, magari azzardate, forse impossibili, ma ben precise nella sua testa di tennista atipico. Quando le mette a segno sono dolori per gli avversari. In altre occasioni, è lui a regalare punti. Vedremo domani dove lo porterà il cuore, certo è che con Querrey, qualcosa ha rischiato. Nel tie break del primo, fermato sul 6-6 dai soccorsi portati a uno spettatore in tribuna, Cilic si è affrettato a regalare il set all’americano con due ganci di rovescio sparati in direzione delle bianche scogliere di Dover. Poi è tornato in sé e non ha più combinato scatafasci.

Sette confronti fra i due, mai però banali. Federer è avanti 6-1. Il fatto curioso è che si sono affrontati solo nelle grandi occasioni, tre volte nello Slam, quattro nei Masters. L’ultima, proprio qui a Wimbledon, l’anno scorso nei quarti. Federer non era Federer, e va bene, Cilic però condusse due set a zero e nel quarto ebbe un match point. Dolorosa, per Roger, l’unica sconfitta, nella semifinale degli Us Open 2014. Cilic vinse in tre, facili facili, poi si prese il torneo, fra i pochissimi a riuscirvi fuori dal ristretto Club dei Fab Four.

Daniele Azzolini

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