[2] N. Djokovic b. E. Gulbis 6-4 6-1 7-6(2) (dalla nostra inviata a Wimbledon, Rossana Capobianco)
In una citazione che potrebbe essere machiavellica o presa ad esempio come sintesi del dandismo, “l’importante è apparire”.
L’essenza sta nei colpi del Principe di Lettonia, Ernests Gulbis, messi a segno quando non conta o conta poco. Ben nove anni fa il boccoloso roscio scuro era visto come uno spauracchio dai tifosi di Nadal per il secondo turno che invece lo spagnolo superò abbastanza agilmente malgrado un primo set accettabile da parte del suo avversario. Uno degli ostacoli verso il primo e glorioso titolo a Wimbledon.
Oggi Gulbis ha la barba più lunga che gli regala un’aria da sopravvissuto, un Cast Away del terzo millennio a cui piacciono i grandi palcoscenici, le donne interessanti e meno interessanti, la terra battuta, le battute ad effetto nelle poche conferenze stampa in cui deve presenziare. Del tennis forse gli frega anche meno di allora ma ci gioca perché, parole sue, “è meglio che andare in ufficio con la cravatta tutte le mattine”; a onor del vero gli ultimi due anni ha patito infortuni fisici probabilmente dovuti alla scarsa cura e preparazione fisica che si richiede a un professionista sportivo. Anche oggi dopo due set un intervento alla schiena (pare) un po’ dolente, che però c’entra probabilmente poco con la prestazione deludente.
Dall’altra parte della rete un Djokovic dapprima un po’ turbato dalla violenza di un avversario che conosce bene ma che se rimane concentrato diventa devastante. I primi sei giochi di Gulbis appaiono, come vuole lui, scintillanti. Poi sbaglia qualcosa, perde le misure, Novak gli salta addosso senza pietà, come fanno i veri campioni. Da lì nove (sì, nove) giochi consecutivi: da 4-2 per il lettone a 6-4 5-0 per il serbo. La differenza, oltre che nell’interesse per il risultato, per il tennis stesso, la fa la capacità di vincere i punti che contano. Di essere, oltre che di apparire.
Che nemmeno lui sa come valutarsi, tempestato di vincenti ed errori da un Gulbis alla ricerca di se stesso, di chi è veramente, di cosa sta apparendo sul Centre Court del torneo più importante dell’anno; Djokovic pare tirare appena, cercare la precisione più della potenza. Cerca di non farsi vedere, di mettere la palla in campo e intelligentemente aspettare le difficoltà e le aperture troppo ampie di dritti lettoni che vanno puntualmente lunghi. Fa anche fatica a rimanere sveglio, attento, pronto, tale è priva di reale antagonismo la partita.
Il Royal Box sbuffa un po’ e il resto del pubblico pensa a come sarebbe stato con Del Potro in campo. Pensieri inutili, congetture vane. La sostanza dice Djokovic agli ottavi di finale, in scioltezza. Contro Mannarino. I Championships 2016 e Sam Querrey sono lontani.
[10] A. Zverev b. [Q] S. Ofner 6-4 6-4 6-2 (Cristina Pozzoli)
Per la prima volta in carriera “Sascha” Zverev approda alla seconda settimana di Wimbledon e lo fa senza perdere neanche un set, grazie alla solida vittoria contro il ventunenne austriaco Sebastien Ofner, la lieta sorpresa di questa prima parte dei Championships. Al suo debutto sui prati inglesi, Ofner, numero 216 della classifica ATP, chiude con onore la sua straordinaria corsa che l’ha portato, partendo dalle qualificazioni, a superare due turni del tabellone principale prendendosi gli scalpi prestigiosi di Thomaz Bellucci, numero 55 ATP e specialmente di Jack Sock, numero diciotto del mondo e diciassette del seeding, sconfitto al secondo turno.
Allenato dal papà di Dominic Thiem, Ofner (semisconosciuto fino a questo momento) che vanta solo una finale in carriera a livello Challenger raggiunta poco meno di due mesi fa a Mestre, non delude le attese e fa la sua parte ma si trova davanti uno Zverev molto centrato che, seppur con qualche piccola sbavatura, quando si trova sul punto di cambiare marcia alla partita, lo fa senza alcun problema e con una facilità disarmante che non concede repliche.
Il primo set si apre in maniera poco convenzionale per due big server che si scambiano i servizi nei primi game. Ofner lo cede in apertura con tre erroracci da fondo e Zverev fa addirittura peggio subito dopo cominciando il suo turno di battuta con due doppi falli consecutivi seguiti da una discesa a rete suicida. Scaldato il braccio, il gioco prosegue veloce tra ace e prime vincenti. Zverev predilige gli scambi rapidi ed è perfetto nell’esecuzione del suo schema preferito con il servizio ad uscire da sinistra e l’accelerazione vincente lungolinea di rovescio mentre Ofner punta più sulla pressione da fondo disegnando bene il campo e aprendosi gli angoli con il lungolinea. Nel nono game la tensione inizia a pesare sulle spalle dell’austriaco che commette tre gratuiti senza che Zverev faccia niente di speciale e cede il servizio. Chiamato a servire per il set, quando il momento si fa delicato, Zverev alza il livello del gioco quel tanto che gli basta per chiudere con tranquillità.
Il secondo parziale si apre con un game molto lottato in cui Zverev mette a segno il break e poi, a differenza di quanto accaduto in precedenza, non perde la concentrazione e tiene agilmente il servizio. Ofner però riesce a togliersi di dosso la tensione e comincia a giocare come chi non ha più niente da perdere. Dall’altra parte della rete Sascha perde campo, va avanti a strappi perdendo continuità di gioco a favore di errori gratuiti e restituisce il servizio nel quarto game. Il passaggio a vuoto del tedesco finisce lì. La concentrazione ritorna e gli permette di alzare nuovamente l’asticella del gioco prendendosi rischi che vanno a buon fine e gli consentono di strappare il servizio al suo avversario nel settimo game mantenendo il vantaggio in scioltezza fino al 6-4 conclusivo.
Nel terzo set la storia si ripete e si parte con Zverev in vantaggio di un break messo a segno addirittura a zero con grande autorità. Ancora una volta però, il tedesco si distrae clamorosamente, gioca un game insensato e cede il servizio. La reazione di Sascha è immediata e lo porta a riprendersi quanto sperperato nel terzo game durante il quale Ofner fa di tutto per non cedere annullando con gran coraggio quattro palle break. Ristabilita la situazione favorevole di un break di vantaggio, Sascha vede il traguardo, rimane lucido e non concede più nulla al servizio. Ofner da parte sua si spegne definitivamente, cede ancora il servizio nel settimo game e manda Sascha a chiudere il match senza batter ciglio.
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