Gli occhi ancora pieni del dritto mancino di Rafa Nadal che finisce incredibilmente lungo e regala la più inaspettata delle vittorie a Gilles Muller, capace di andare avanti due set a zero, perdere il filo della matassa, apparire sulle ginocchia già all’inizio del quinto set, subire una terribile serie di colpi vincenti proprio quando era arrivato al primo match point, salvare un paio di palle break molto simili al match point e infine rivincere una partita di lotta contro il re dei lottatori. Si erano addensate troppe aspettative su Rafa Nadal, più che un tennista una specie di Kaiser Soze soprattutto per i tifosi di Federer, che ritenevano – e vedrete che parleranno di scaramanzia – Nadal addirittura favorito per il titolo. Senza ridere. Per quanto non ci si possa che accodare al corteo di lodatori di Rafa, lottatore indomito, pure troppo, davvero è misterioso capire su che basi si fondasse un pronostico così scellerato. L’uomo di Manacor aveva giocato nove partite in cinque anni e ne aveva perse quattro e, a parte un torneino di vecchie glorie a Stoccarda, anche sugli altri campi erbosi è stato a malapena decente, collezionando sconfitte praticamente contro chiunque. Se è vero che lo stesso discorso si poteva fare prima della terra rossa è anche vero che a Parigi Rafa era arrivato pieno di fiducia per i tre tornei vinti sul rosso, mentre a Wimbledon è arrivato senza giocare mai sull’erba, rinunciando a Londra e prendendo delle severe batoste nelle esibizioni.
Insomma è solo l’illusione e la paura di un avversario che a Federer, questo Federer, non è in grado di fare il solletico sul cemento, figuriamoci sull’erba, a poter spiegare quello che logicamente spiegabile non è, cioè la possibilità che Nadal arrivasse a vincere il torneo, quando già la semifinale sarebbe stata una specie di miracolo. E anche il marketing dell’ATP deve arrendersi, perché Rafa può ancora e sempre vincere un torneo, anche fuori dall’amata terra rossa, ma tante cose devono andare per il verso giusto. Troppe. E quando le scariche di adrenalina saranno passate si osserverà che Nadal aveva vinto con due carneadi e con un ragazzino e appena trovato il primo ostacolo sono emersi tutti i problemi. Muller è stato bravissimo, ma sarebbe davvero miracoloso se nei quarti di finale, traguardo mai raggiunto dal trentaquattrenne lussemburghese, fosse in grado di vincere un set contro Cilic. Specialista quanto si vuole, ma mai in grado di passare il terzo turno a Church Road, non certo Pat Cash redivivo.
Chiusa la questione Nadal, che ha cannibalizzato la giornata più entusiasmante del torneo, rimane aperta quella Federer. Ci si aspettava di più da Dimitrov ma anche qui era impensabile che il raffreddato svizzero potesse inciampare in uno che fa le cose che fa lui ma peggio e di meno. E con ben altra sicurezza, rispetto a Mister 18 slam. Certo è che mai l’ottavo Wimbledon è apparso così vicino, perché le altre volte c’era o Djokovic versione Robonole o lo stesso Murray in stato di grazia. Quest’anno né l’uno né l’altro, anche se di Murray meglio non fidarsi, sembrano in grado di opporsi, e sarebbe quasi sorprendente se Djokovic ci arrivasse, a giocare contro Federer.
Discorso un filo diverso per Murray, che dopo aver rischiato grosso con Fognini, ha concesso le solite opportunità persino ad un bel tomo come Paire, per una volta a proprio agio nel ruolo che l’All England aveva scelto per lui, quello del deuteragonista. Sulla strada dello scozzese c’è adesso Querrey, che ha vinto patendo troppo contro Kevin Anderson, ma il vero pericolo che si staglia all’orizzonte è quello di Marin Cilic, che un buon tabellone ha messo nelle condizioni di arrivare in semifinale in grandissima fiducia. Che Cilic possa davvero fare il colpaccio non è certo impossibile, ma come sempre dipende da Murray. Difficilmente sul prato del Centre Court Andy si lascerà sfuggire la seconda semifinale slam di fila. Certo, entrambi devono ancora affrontare i quarti, ma come pensare che possano perdere?
La parte bassa del tabellone è solo un filo più interessante. Zverev ha mostrato tutte le ingenuità della sua età regalando a Raonic un match che forse neanche lui si aspettava di vincere. Il crollo del quinto set del tedesco assomiglia a quello di tanti giovani prima di lui, l’ultimo prima di sistemare anche questo aspetto del gioco. Ma più che su quello Aleksandr Aleksandrovic farà bene a riflettere su come ha perso il secondo e il quarto set. Raonic si ritrova per la terza volta in quattro anni alle prese con Federer. I due hanno vinto un match per parte e l’ultimo Federer se lo ricorda bene, probabilmente. Che si ripeta non ci scommetteremmo un copeco, soprattutto perché le condizioni con cui i due arrivano allo scontro sono molto diverse da quelle dell’anno scorso.
L’ultimo spicchio di tabellone non si è ancora completato, perché Djokovic dovrà risolvere domani la sua pratica. Dovesse vincere – e sarebbe clamoroso il contrario – troverà Tomas Berdych, in una partita che se il ceco gioca con calma potrebbe essere più aperta di quanto non ci si possa attendere. È stato bravo Tomas a dare poche possibilità a Thiem, che è migliorato ma sull’erba farà fatica a fare meglio di così. Il ceco invece da queste parti si trova bene, non solo la finale del 2010, quando riuscì a battere uno dietro l’altro Federer e Djokovic – cosa che potrebbe capitargli a parti invertite quest’anno – ma anche l’anno scorso arrivò in semi senza penare troppo, salvo poi non riuscire a fare partita contro Murray.
Insomma dopo una settimana quasi insignificante il torneo di Wimbledon ha meritato un’occhiata. Non era detto.
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