Adesso il mondo del tennis potrà dividersi in due, come il mare quando passò Mosè. Ci sono quelli che scuoteranno la testa perché è sempre Roger Federer che va in finale a Wimbledon (undici volte negli ultimi quindici anni, nessuno più volte in un torneo dello Slam) e non c’è spazio per i giovani, non c’è ricambio generazionale e poi ci sono quelli pronti a inchinarsi al suo cospetto, perché a trentasei anni è una cosa quasi inconcepibile e fenomenale.
Probabilmente hanno ragione entrambi, perché quello che accade a South West 19 è qualcosa di insolito: di simile solo a Bois de Boulogne, dove un certo Rafa Nadal è riuscito in qualcosa di epico, con dieci comparse in finale e dieci vittorie.
Il punto è che quando guardi Roger Federer muoversi sul Centre Court hai l’impressione che sappia sempre come fare per trovare la posizione giusta al fine di tirare quel colpo. Non recupera scivolando, non rincorre la palla. La prevede. Naturalmente c’è bisogno di salute e forma per poterlo fare e probabilmente la più grande dote dello svizzero non è il colpo di polso che apre le bocche in segno di meraviglia o la precisione del dritto o ancora la varietà del servizio.
La migliore dote di Federer è mantenersi integro o lavorare per tornare tale a qualunque età. Perché il tennis viene prima di tutto, il tennis è ancora quel sogno da coltivare come quando insieme a Peter Carter a Ecublens vedeva gli squaletti sotto la rete e non aveva paura di dirlo.
Oggi che approda in finale senza perdere un set -solo altre due volte qui a Wimbledon- ha tanta esperienza ma ancora quella tensione che non lo abbandona mai, per sua stessa ammissione, anche prima di un secondo turno contro Dusan Lajovic.
E se gli Australian Open e il Double Sunshine non erano programmati, questo era un obiettivo vero, prepararsi per essere al meglio a Wimbledon anche a costo di saltare la stagione su terra battuta. Perché a 36 anni gli obiettivi vanno scelti, non puoi competere per tutto. Anche questa è un’altra qualità, sapersi programmare, anche questo le varie “Lost Generations” che popolano il tennis dovranno capirlo.
Ma i fenomeni son pochi e che vinca o perda Domenica, Federer lo è, la gente lo sa e si ferma dopo ogni partita sotto un piccolo ponticello dal quale lo svizzero saluta e ringrazia, conscio del potere carismatico che ha sugli appassionati a questo sport.
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