di Salvatore Sodano C’era un ragazzo che come me… amava i Beatles il Rock&Roll… e il tennis? Forse, ma scavando nel fotocatalogo dei vip, a disposizione nella banca dati, di Morandi tennista non c’è traccia. Allora? Cosa c’entra Morandi con il tennis, a parte le circostanze che spesso lo hanno visto esibirsi negli stadi del […]
09 Lug 2017 14:59 - Extra
1973: quando Wimbledon venne sconfitto
Nonostante il boicottaggio dell’ATP, il torneo fu palpitante. In piena Guerra Fredda Jan Kodes vinse il titolo battendo, nel derby d’oltre cortina, Alexandre Metreveli.
di Lorenzo Fabiano
L’edizione di Wimbledon del 1973 segnò una svolta epocale, tracciando di fatto la linea di confine del professionismo e con essa il passaggio al tennis moderno. Nulla fu più come prima. La storia è arcinota. Il Casus Belli fu la squalifica di un anno inflitta dalla federtennis jugoslava con l’avallo dell’ILTF a Niki Pilic, allora trentaquattrenne reduce dalla finale di Parigi, reo di aver rifiutato la convocazione per l’incontro di Coppa Davis con la Nuova Zelanda preferendo giocare un ricco torneo di doppio del WCT a Montreal. L’ATP corse in soccorso del tennista di Spalato; Jack Kramer portò le proprie ragioni sul tavolo del presidente della federazione internazionale Allan Heyman, che accettò di ridurre la squalifica di Pilic ad un solo mese, ma non di recedere oltre. Fu così che il muro contro muro si risolse in un clamoroso sciopero dei giocatori. In settantatre tra cui tredici delle prime sedici teste di serie, sposarono la linea del boicottaggio. Tra i big, presero parte al torneo la miglior racchetta inglese Roger Taylor, l’astro nascente Bjorn Borg, il giovane Jimmy Connors, e la testa di serie numero uno Ilie Nastase che decise di scendere in campo a dispetto delle forti pressioni subite dall’ATP. Il resto del tabellone vide un ampio schieramento di giocatori inglesi e un folto lotto proveniente dall’Est Europeo comunista. Il torneo non soffrì più di tanto delle defezioni: le richieste di biglietti erano al doppio della disponibilità e i tagliandi andarono come di consueto a ruba. Nel suo incontro di primo turno con il tedesco Ploetz, Nastase fu accolto dal pubblico del centrale con una standing ovation. Lo stesso avvenne per Borg, vittorioso sull’indiano Lall. Orfana di Panatta e Bertolucci, la spedizione italiana perse subito Corrado Barazzutti e il quarantenne Nicola Pietrangeli. Tonino Zugarelli superò lo jugoslavo Stopjovic, mentre destò sorpresa la vittoria di Pietro Marzano su Raùl Ramirez. Al secondo turno Marzano nulla potè fare contro Jan Kodes, mentre Tonino si arrese in quattro set al cecoslovacco Hrebec. Nastase e Connors proseguirono il loro cammino superando rispettivamente Ivan Molina e David Lloyd. La stessa cosa fece il georgiano Alexandre Metreveli, il tennista più rappresentativo dell’Unione Sovietica, che ebbe la meglio in cinque tiratissimi set sull’australiano Giltinan. Al quarto turno, anche Borg dovette faticare per piegare in cinque set il tedesco Karl Meiler, mentre Roger Taylor s’impose in quattro set su Hrebec. Senza intoppi fu invece la marcia di Kodes con il sudafricano Yuill. A torneo in corso si abbattè come un fulmine il provvedimento della FIT che inflisse una squalifica di tre mesi ai due ribelli, Panatta e Bertolucci. Adriano e Paolo non avrebbero quindi potuto guidare la squadra azzurra nella semifinale di zona europea di Davis in programma in luglio a Torino contro la Spagna, orfana a sua volta per lo stesso motivo di Orantes, Gimeno, e Munoz. Mentre il mondo del tennis viveva la sua stagione più controversa e sofferta, Wimbledon andava avanti. Gli ottavi segnarono la prima grande sorpresa del torneo: sofferente alla schiena, il grande favorito Ilie Nastase cadde sotto i colpi dello studente universitario Sandy Mayer, californiano di genitori ungheresi, che s’impose in quattro set con il punteggio di 4-6 8-6 8-6 6-4. Conquistato l’accesso ai quarti contro il magiaro Baranyl, le tribune dell’All England Lawn Tennis Club elessero all’unanimità Bjorn Borg nuovo idolo. Le ragazze impazzivano per il biondo diciassettenne svedese e lo assediavano anche solo per chiedergli un autografo, tanto che i Bobbies londinesi dovettero fargli da scudo a più riprese per proteggerlo dallo scatenato assalto delle sue fans. I quarti di finale videro i seguenti accoppiamenti: Mayer-Fassbender, Borg-Taylor, Kodes-Amritraj, e Connors-Metreveli. I giovani cuori femminili andarono presto in frantumi: Bjorn Borg s’inchinò infatti dinanzi a Roger Taylor, il capofila dei cosiddetti “crumiri”, che per rispetto del suo paese non aderì allo sciopero di Kramer. Il mancino di Sheffield s’impose 7-5 al quinto. Tanto impiegò pure Jan Kodes per sconfiggere Amritraj. In semifinale ebbe accesso anche Mayer, vittorioso in quattro set sul tedesco Fassbender. L’impresa della giornata, la mise tuttavia a segno Alexandre Metreveli. Il ventinovenne di Tbilisi, già semifinalista l’anno prima sia in Australia che al Roland Garros, riuscì ad estromettere dal torneo lo scalpitante ventunenne Jimmy Connors in quattro set. Le due semifinali scrissero un capitolo di storia del tennis. Battendo in quattro set Mayer, Alexandre Metrevli si guadagnò il merito di essere il primo giocatore sovietico a raggiungere la finale a Wimbledon. La partita non fu a dire il vero particolarmente emozionante. Sul punteggio di un set pari, il georgiano prese in mano le redini del match e lo condusse in porto senza grossi problemi. Ben più emozionante fu il confronto tra Kodes e il leone di casa Taylor, osannato dal pubblico per aver onorato con la sua presenza il torneo londinese. Dal 1938 nessun britannico aveva mai disputato una finale. L’ultimo fu, quell’anno, Bunny Austin. Perso il primo set al Tie-Break, Kodes riequilibrò le cose nel secondo per poi portarsi in vantaggio al termine del terzo. Spinto dal pubblico e dall’orgoglio, Taylor rimise le cose in parità nel quarto e si portò in vantaggio 5-4 nel quinto, quando la pioggia venne in soccorso del cecoslovacco. Alla ripresa Kodes ottenne la parità e vinse poi i due giochi successivi. In piena Guerra Fredda, per la prima volta Wimbledon avrebbe così avuto una finale con due giocatori provenienti dal Patto di Varsavia. Un cecoslovacco opposto ad un sovietico, in un confronto dai mille significati. Vivo era infatti il ricordo del 1968, quando a Praga i carro armati dell’Armata Rossa misero fine ai venti di democrazia della Primavera di Dubcek. La finale fu a senso unico. Pur con i favori del pubblico, Metreveli bloccato dall’emozione, non riuscì a sciogliersi e giocare il suo tennis. Kodes vinse il derby d’oltre cortina in tre set con il punteggio di 6-1 9-8 6-3. Al georgiano rimase per sempre il rimpianto di non essere riuscito a sfruttare la più grande occasione di tutta la sua carriera. L’anno seguente avrebbe raggiunto la sua miglior posizione del ranking salendo fino al nono posto. Fu il miglior giocatore dell’era sovietica. Dal canto suo, Kodes in quello stesso perse la finale degli US Open a Forest Hills contro Newcombe. Dopo aver vinto due titoli al Roland Garros nel 1970 e nel 1971, quella rocambolesca edizione di Wimbledon fu il suo terzo e ultimo Slam. Fu lui il più forte giocatore cecoslovacco fino all’avvento di Ivan Lendl.