dal nostro inviato
[28] F. Fognini b. A. Seppi 6-4 7-5 6-3
Fabio Fognini si regala Stan Wawrinka. E va bene così. Perché siamo certi che, soprattutto su questa terra parigina del Roland Garros e al cospetto del numero tre del tabellone, vincitore dell’edizione di questa prova dello Slam nel 2015, il talento di Arma di Taggia, fresco papà, saprà tira fuori il meglio del suo repertorio e, perché no, mettere in difficoltà lo svizzero, che anche oggi contro Dolgopolov, non è sembrato al meglio delle condizioni o, quantomeno, lontane da quelle che lo hanno portato a trionfare qui, come agli Australian Open e all’Open degli Stati Uniti. Questa, però, è un’altra storia ed una partita che verrà. Sul campo 17, sotto un sole cocente e con un regolare sold out (non c’era un posto, nemmeno a pagarlo, e nemmeno in piedi) è andato in scena il derby che, come nelle migliori tradizioni, non ha entusiasmato più di tanto. Seppi è un lontano parente di quello che, proprio qui al Roland Garros, mise alle corde Novak Djokovic andando avanti due set a zero negli ottavi di finale del 2012, l’anno per intenderci della terza finale italiana femminile consecutiva con la Errani sconfitta dalla Sharapova, ma ha provato a rincorrere il suo avversario che, tranne qualche passaggio a vuoto come nel secondo set (da 3-0 a 3-3 in un amen), ha sempre fatto match di testa, finendo con il vincerlo in due ore e venti minuti: 6/4 7/5 6/3. C’è da dire che, da parte di Fognini, il ligure è sembrato molto solido mentalmente. Quando ha voluto, insomma, ha tirato fuori dal cilindro i colpi che noi tutti conosciamo, quelle accelerazioni improvvise, sia di dritto che di rovescio, che hanno lasciato sul posto il connazionale altoatesino. Fognini non ha mai fatto una piega. Un’occhiata al suo angolo, un consiglio dal suo coach Davin, ed ha saputo sempre ripartire di slancio, giocando un po’ anche sull’incapacità da parte di Seppi di provare a fare, quantomeno, match pari: ma il Seppi di oggi, forse, non è in condizione di farlo. Fognini, per la cronaca, è l’ultimo italiano in gara in questo Roland Garros, ma chissà che non possa regalarsi e regalarci qualche altra perla. Non sarebbe nuovo a certe imprese e noi saremo ben felici di riempire il taccuino di buone annotazioni.
[21] J. Isner b. P. Lorenzi 6-3 7-6(3) 7-6(2)
I limiti, nella vita, bisogna saperli accettare e, nei limiti del possibile, conviverci in maniera adeguata, senza allarmismi, senza farsi prendere dall’ansia. Paolo Lorenzi, la sua vita tennistica, se l’è costruita piano piano, andando a giocare e a vincere tornei minori in posti che nemmeno la carta geografica riporta. Oggi vive con la valigia in mano un tennis diverso, ma sicuramente meritato. E se la gioca, anche contro chi, vedi John Isner, numero 21 del tabellone di questo Open di Francia al Roland Garros, è reduce dalla fresca e meritata semifinale agli Internazionali Bnl d’Italia, è più forte di lui, sulla carta e non solo. Magari agli occhi di molti, il 6-1 7-6 7-6 rimediato oggi sul campo numero 14 affollato di italiani e non solo, è risultato che, in origine, potrebbe dire tutto e nulla, ma Paolo se l’è giocata, provando a contenere il servizio del tennista statunitense, sapendo perfettamente che non sarebbe stato facile. Le prime ed uniche palle break del match, del resto, Lorenzi se l’è costruite con molta fatica nel nono gioco del terzo set, ma Isner le ha cancellate in un amen, la prima con il sedicesimo ace del match. Ecco perché al nostro tennista, numero 34 del mondo, non si poteva certo chiedere di più. Visto e considerato, tra le altre cose, che era la prima volta nella sua carriera tennistica che qui al Roland Garros si giocava un secondo turno.
La cosa bella per Isner e brutta per l’azzurro è che il giocatore “stelle e strisce”, al di là del servizio, ha dimostrato di sapere tenere bene lo scambio, lo stesso che gli aveva permesso di brillare, magari contro ogni più rosea previsione, a Roma. Insomma, era un match improbabile e così è stato, ma in due ore e nove minuti di gioco, Paolo Lorenzi se l’è comunque giocata, tenendo testa al suo avversario sino al tie break e provando a fare quello che sa fare: lottare su ogni palla. Insomma, rimproverargli qualcosa sarebbe assurdo e inutile. Oggi ha fatto il possibile, in alcuni casi l’impossibile. Altro non poteva.
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