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13 giugno 1915: nasce Don Budge

Febbraio 1905, è pomeriggio inoltrato sul campo di allenamento dei Glasgow Rangers.
Nel corso della partitella finale più giocatori si contendono una palla vagante e nello scontro John “Jack” Budge, promettente ala ventenne di Wick, cade a terra, batte la testa e sviene. L’azione si sposta da un’altra parte e incredibilmente nessuno si accorge del fatto. Ormai è buio quando negli spogliatoi ci si accorge che Jack non è lì. Lo trova il fratello Donald, ancora svenuto, nel fango. Il danno alla tenta non è nulla ma la carriera del ragazzo è finita lo stesso. Broncopolmonite. I medici gli consigliano di migrare verso climi più miti e John sceglie la California, dove conosce e sposa Pearl Kincaid, scozzese come lui. La coppia si stabilisce a Oakland e il 13 giugno 1915 nasce Donald John Budge, rosso come la madre.

Il primo conquistatore del Grande Slam nasce negli Stati Uniti quasi per caso.
Don è alto e snello, coordinato e potente, una miscela perfetta per il tennis. Lo scopre piuttosto tardi, ma è quello il suo gioco. Il rovescio è un dono di Dio – e dell’abitudine di battere da mancino a baseball – , la battuta una delle cinque migliori di ogni tempo, a rete è quasi impossibile passarlo. La sua velocità di palla era impressionante, il carattere quello di un lottatore irriducibile, come mostrò nella celebre partita contro Gottfried von Cramm nel 1937 raccontata in “Terribile Splendore”. C’è qualcuno che non lo ha ancora letto?

Quando Fred Perry raggiunge Vines fra i pro, Don è pronto alla successione. Rimane praticamente imbattuto per due anni e nel 1938 è il primo a realizzare il Grande Slam, come Alan Gould aveva battezzato la vittoria nei quattro tornei più importanti, armato della sua pesantissima Wilson Ghost dal manico in nudo legno. L’anno dopo passa professionista anche lui ma arriva la guerra a interromperne la carriera, e più di quella un infortunio alla spalla destra durante un percorso di allenamento militare. Il destino dei Budge. Il servizio e lo smash non saranno più quelli dopo.

Questo il Budge giocatore. Ma come dice Martina non basta, e allora ecco due momenti nei quali il rosso di Oakland ha lasciato intravvedere che tipo d’uomo fosse.
Quando nel 1938 si diffonde la notizia che von Cramm è stato imprigionato dai nazisti Don scrive una lettera aperta al governo tedesco, firmata fra gli altri da Joe di Maggio e Helen Wills Moody, nella quale definisce l’amico “…lo sportivo ideale, la personificazione del decoro e un perfetto gentiluomo” e “meri sotterfugi” le accuse mosse contro di lui.
Nel settembre 1962 un giovane australiano di nome Rod Laver è a un passo dal Grande Slam. Gli manca un solo incontro per vincere a Forest Hills, l’ultima gemma. Il nervosismo si trasforma in incredulità quando il telefono squilla e proprio Don, il solo detentore dell’impresa, gli propone una scampagnata per distendere i nervi. Ricorda Rod:
“Lui aveva già provato quella tensione e sapeva di cosa c’era bisogno. Abbiamo anche giocato un paio di set rilassanti, è stato grande! Lo considero un vero amico e gli sarò sempre grato”
Tennis geniale, altruismo e zero invidia. Grazie di essere nato, Don.

Raffaello Esposito

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Raffaello Esposito
Tags: Don Budge

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