“Si je coachais Monfils, il gagnerait un Grand Chelem” – “se allenassi Monfils vincerebbe uno Slam”. Era il settembre 2014, dopo l’eliminazione a Flushing Meadows per mano del futuro vincitore del torneo Marin Cilic, quando Gilles Simon si lasciò andare a questo elogio/paternale. “Ho dato tanti consigli a Gael e sono certo abbiano portato a qualche risultato; mi arrabbio di fronte a un potenziale sprecato”.
E oggi, se non fosse stato il suo diretto avversario, Gael lo avrebbe fatto davvero arrabbiare. Primo set dominato per poi entrare in campo, nel secondo, troppo rilassato e in totale confusione e cambiare un match agevole in una serie di alti e bassi – forse altissimi e bassissimi – da far venire il capogiro. Alla fine la spunta Simon 0-6 6-0 7-6 in un match di certo da ricordare non per il bel gioco. Anzi, forse da dimenticare.
Simon, classe ’84, uno dei giocatori più ordinati e intelligenti del circuito, ha battuto due volte il “maestro del tennis” Federer – come lui stesso lo ha definito – il quale ha dichiarato: “ha qualcosa nel gioco che mi infastidisce molto. Quando gioca con i migliori il suo livello di gioco si alza, più tu giochi bene e più lui entra in palla”. È evidente che il suo fisico di non faccia la differenza, così come i suoi colpi non esplosivi, eppure se stava lì, al numero sei del mondo, un motivo ci deve essere. Simon anticipa ogni colpo grazie alle gambe velocissime e, parola di Roger, nei momenti importanti alza il livello di gioco, prende le scelte giuste, diventa perfetto tatticamente e non regala niente all’avversario.
Ricordate John Stockton? Fine anni ’90, le battaglie tra i Chicago Bulls di Michael Jordan e gli Utah Jazz? Beh, il playmaker, la mente, una delle colonne portanti di quei Jazz era John Stockton. Perché citarlo? Perché John sembrava più un ragioniere che un giocatore della Lega – memorabile il faccia a faccia con Jordan che lo accusava, per altro giustamente, di simulazione. Il mondo, col fiato sospeso, pensò: “ora lo stritola”. Jordan, fortunatamente, non lo toccò. – In ogni caso quel “ragioniere” è considerato uno dei grandi della storia del gioco: intelligente, preciso, perfetto quando serviva. Forse John, magari dopo un faticoso allenamento invernale nella fredda Salt Lake City, invidiò l’atletismo dei compagni e degli avversari. Un po’ come accade a Gilles Simon quando vede colpire, saltare, giocare a tennis l’amico Monfils e, scuotendo la testa, pensa: “la mente mia e il fisico tuo? Eravamo imbattibili!”
Ma possiamo dargli torto? Monfils ha il “physique du role” per parlare la sua stessa lingua. Non ha colpi deboli ed è certamente tra i tennisti più spettacolari e divertenti del circuito; nonostante questo viene considerato uno degli “incompiuti” del tennis e oggi siamo stati testimoni dell’ennesima prova tangibile. Simon, quasi come un fratello maggiore lo sprona, lo rimprovera, vorrebbe vedere concretizzarsi quell’immenso potenziale. Sono passati un paio d’anni da quelle dichiarazioni e ciò che si è visto in campo oggi non fa presagire nulla di buono per l’ormai trentenne Gael. Ma noi, vestiti da sognatori, una volta in più, ci chiediamo se alla fine Monfils riuscirà a compiere l’opera, magari con Simon seduto al suo angolo o se scriveremo sempre di un grande, spettacolare, talentuoso tennista che non riuscì nell’impresa.
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