da Roma, il nostro inviato DANIELE AZZOLINI – Le urla arrivano fino al Ponte della Musica, fendono l’aria, aprono il traffico del Lungotevere come Mosè le acque del Mar Rosso, rimbalzano sui marmi piatti della Sala delle Armi, si sfilacciano e si ricompongono. Lo spettacolo è già visto, ma la replica vale ancora il prezzo del biglietto. E lei si sdoppia, l’ha sempre fatto. C’è la biondona dai modi molto trattenuti, che fra un colpo e l’altro sembra recitare un rosario di devozioni ai suoi santi tennisti, attenta a trattenere gli entusiasmi, rispettosa dell’avversaria, che saluta il pubblico con uno studiato ghirigoro del braccio, e sull’ultimo dei lati, indica con il ditino qualcuno – uno che forse non c’è, ma chi può dirlo? – e gli dona un sorriso dei suoi. Ed è la stessa biondona che in corso d’opera lancia urla da pescivendola. E sono bombe di decibel.
Partiamo da qui, perché nella recita sharapoviana sono le urla a fare da trait d’union fra la Maria ante-doping (magari fosse antidoping) e quella post-doping. Sono gli strepiti agonistici l’unica concessione alla Sharapova che conoscevamo, mentre sul resto opera al momento una sordina in grado di attenuare i contorni, una sorta di scafandro in cellophane, che la trattiene da ogni sconsideratezza, e la preserva da un mondo che stenta ad accettarla da capo. Viene da pensare che la Maria manager, stagista ad Harvard, portata sul palmo di mano da chiunque si occupi di moderna comunicazione, una che si è impegnata nella straordinaria impresa di far diventare indispensabili persino i bon bon, abbia parlato chiaro alla Maria tennista, indicandole con precisione quale sia la “mission” di questi mesi da tirocinante: giocare e volare a bassa quota, colpi duri, magari durissimi, ma niente polemiche, niente inalberamenti, niente distrazioni. Solo tennis. E urla.
Il tennis riporterà il bel tempo, la giusta considerazione, e tanti nuovi sponsor. Non c’è tempo da sprecare, né per rispondere alle colleghe (ovviamente cattive e invidiose) che le danno dell’imbrogliona, né per ribadire come la sua vicenda, con i 15 mesi di squalifica, possa essere interpretata con i più svariati metri di giudizio. A questo Maria penserà dopo. Al momento preferisce trasecolare quando le dicono che sono i punti di Roma a stabilire se a Wimbledon potrà fare le qualificazioni, e trincerarsi dietro un candido “non so” quando le chiedono se siano arrivate risposte da Parigi, dov’era in ballo una wild card. «Noi tennisti siamo sempre gli ultimi a sapere come vengano prese queste decisioni. Io sono qui per giocare a tennis, per migliorare, per ritrovare le sensazioni forti del mio gioco. E sono tutte cose che mi danno un sacco da fare». Però è pronta a cogliere l’opportunità di un’esibizione fra lei e la Schiavone, che cancelli le polemiche sulla wild card data a lei e negata all’italiana. «A Roma vengo di corsa, poi, figurarsi per un’occasione così. Se me la propongono, sono pronta». La manager è sempre all’erta.
Bandierona russa e scritta in inglese, welcome back Maria. «Roma mi ha insegnato a giocare sulla terra rossa», dice. L’idea di tornare a vincere, ripartendo dal torneo che l’ha vista tre volte alzare il trofeo e spinta verso la conquista di Parigi, non è mai venuta meno. Maria è convinta di poter vincere qualsiasi torneo, i quindici mesi di sosta in questo non l’hanno cambiata. «A Stoccarda ho incontrato una delle giocatrice più in forma, la francese Mladenovic. A Madrid il livello del mio gioco era già più alto, ma ho avuto dei passaggi a vuoto». E a Roma? «Qualche aggiustamento l’ho già fatto, qui la superficie è più lenta. Posso fare bene». La McHale era andata avanti 3-1 nel primo set, Maria le ha lasciato un solo game fino al 6-4 2-0, poi ha controllato, preoccupandosi di mantenere la lunghezza dei colpi.
«A trent’anni c’è più gusto», spiegava domenica Svetlana Kuznetsova, «perché del tennis sai tutto, e se sei in buona forma puoi usare al meglio i colpi che sai fare, senza troppe remore». Chissà se vale lo stesso per Maria, anche lei ormai “in età” (li ha compiuti ad aprile). A trent’anni c’è più gusto. Nel caso potrebbe usarlo come pubblicità per le sue caramelle.
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