Il tempo è volato molto in fretta. Sorprendentemente in fretta. E non potremmo essere più felici di così. Al di là del tifo, al di là delle passioni: chiunqe abbia a cuore il tennis non può non essere sollevato ed emozionato di aver rivisto una grande persona, prima ancora che atleta, come Petra Kvitova aver fatto il suo rientro in campo.
Simbolo del coraggio fin da quel giorno, nefasto, di fine dicembre quando la sua vita si è scontrata con l’evento più brutto. Coraggio nell’affrontare un uomo, forse un ladro, di certo un folle, che si è finto ispettore del gas e non appena ha avuto l’ok dalla ceca per entrare in quell’abitazione nella piccola Prostejov, dove viveva da sola, ha estratto un coltello ed ha cominciato una violenta colluttazione contro una donna che ha cercato una difesa estrema a mani nude. Coraggio nel pensare di poter ricominciare mettendosi tutto alle spalle. Coraggio nel sopportare il dolore al minimo tentativo di riafferrare qualcosa con la mano. Coraggio nel decidere di anticipare i tempi e volare a Parigi, buttarsi alla cieca in una nuova carriera dove i punti interrogativi saranno tanti (soprattutto all’inizio) ma lei mostra una voglia enorme di affrontarli.
Ripercorrere gli eventi di quel giorno è un’operazione da brividi. Prima la notizia del ricovero in ospedale, poi più passavano le ore e più uscivano dettagli inquietanti sull’accaduto. Una ferita alla mano, un’aggressione, la grave situazione della mano sinistra con tutti i tendini lacerati, la ricostruzione degli eventi che vedevano l’uomo con il coltello puntato contro il collo della giocatrice che per salvare la propria vita ha dovuto “sacrificare” quella mano con cui faceva delizie con la racchetta. Un intervento chirurgico le ha salvato la funzionalità dell’arto danneggiato, e il tennis? L’ultimo dei pensieri. Si parlava di almeno sei mesi, nell’ipotesi migliore. Ma chi aveva la priorità della vita sportiva quando in realtà l’unica speranza era che riuscisse a recuperare una vita normale? “Nessuno avrebbe potuto immaginare che questo giorno sarebbe effettivamente arrivato” ha dichiarato lei stessa ieri, nella prima conferenza stampa al Roland Garros.
Petra pochi giorni dopo ha chiesto massimo riserbo alla stampa, nella prima (ed ultima) uscita davanti alle telecamere, ringraziando l’equipe medica e mostrando un gesso enorme nella mano. Da lì più nulla. È cominciato un lungo periodo di speculazioni, mezze frasi, teorie, paure. Petra ha rotto il silenzio a fine aprile, comunicando di aver deciso di iscriversi per il Roland Garros: “Lo faccio per darmi una speranza, visto che è un torneo che adoro”. Ripensandoci ora, è stato il momento della verità: la ceca non ha mai più fatto sapere nulla, in pieno stile Kvitova. Ha continuato incessantemente a lavorare, credendoci giorno dopo giorno.
“Courage. Belief. Pojd” diceva la maglietta indossata oggi, al rientro in campo, da tutto il suo team. C’era Jiri Vanek, l’allenatore, David Vydra, il fisioterapista, Katie Spellman, l’agente, Lucie Hradecka, l’amica del cuore, c’era tutta la famiglia al gran completo per festeggiare quello che ha i contorni di un sogno, impossibile da immaginare ed ora meravigliosamente reale. “Vi voglio un bene incredibile, spero che quella frase possa essere d’ispirazione per molti altri” ha detto loro al microfono di Marion Bartoli appena dopo il match. Kvitova ha combattuto e vinto la sua battaglia più grande ancor prima di scendere in campo, quando ha saputo riappropriarsi della sua vita (sportiva) con un recupero lampo. Vanek, che non aveva ancora avuto l’onore di sedersi ufficialmente al suo fianco, ha dichiarato: “Sono molto felice di aver potuto aiutare Petra ad uscire da questa situazione. È stato difficile per tutti noi, ma Petra è sempre rimasta forte. Nei primi mesi non sapevamo neppure se saremmo potuti arrivare dove siamo adesso, non sapevamo come la mano avrebbe risposto alla riabilitazione. David (Vydra, il preparatore atletico) è stato fondamentale in quel periodo. Quando ha ritrovato la sensibilità ed ha ricominciato ad impugnare qualcosa, abbiamo cominciato coi bicchieri, poi palline morbide. Poi siamo passati alla racchetta: all’inizio la impugnava ma per non più di un minuto. Sono stato sorpreso da come sia riuscita a riprendersi, motivandosi senza sosta giorno dopo giorno”.
Petra ha compiuto un capolavoro che va ben al di là del 6-3 6-2 con cui ha liquidato una giocatrice per lei perfetta (per riprendere un po’ di confidenza) come Julia Boserup, ben poco abituata alla terra rossa ed agli scenari di stadi importanti come il Philippe Chatrier. Si è ricostruita una vita ed ora non smette di sorridere. L’ha fatto al rientro agli allenamenti, lo ha fatto nel primo giorno qui a Parigi, lo ha fatto ieri in conferenza stampa. Dopo una disavventura del genere, non era affatto scontato che riuscisse a mettersi tutto alle spalle ed ad essere di nuovo protagonista.
“È fantastico poter essere qui oggi assieme al mio team, ai miei amici ed alla mia famiglia” ha dichiarato un’emozionata Kvitova ai giornalisti. “Ho voluto fortemente giocare questo torneo e nell’ultimo mese non ho sentito dolore. Certo, la paura resta, ma ho promesso al mio medico che al primo accenno di dolore, che sia partita o allenamento, mi fermerò immediatamente”. Coraggio Petra, da oggi sei di nuovo tra noi.
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