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5 maggio 2005: lo sfortunato Beau Geste di Andy Roddick

Per ricordare che un gesto vale più di mille parole. E certo più di una vittoria.

In quel maggio romano del 2005 Andy Roddick doveva ancora compiere 23 anni ed era saldamente sul podio del tennis mondiale dopo averne occupato il gradino più alto  a fine 2003. Non poteva certo saperlo  ma l’avvenire per lui era già dietro le spalle.
Non fosse bastato l’avvento di Roger Federer, che lo aveva sconfitto un anno prima nella finale di Wimbledon, ci si mise pure un giovanissimo mancino nativo di Manacor, che conquisterà il trofeo romano contro Coria e un mese dopo il suo primo Roland Garros.

Negli ottavi di finale al Foro Italico Andy incontra un altro mancino spagnolo dal braccio pesante, è numero 56 del mondo, faccia da indio, i lunghi capelli corvini trattenuti da un berrettino con visiera all’indietro. L’ombroso fascino latino di Fernando Verdasco suscitava ammirazione nelle ragazzine romane. Il suo tennis, fondato su due soli colpi come quello dell’avversario, molto meno.
Anni dopo sarà protagonista di una splendida, selvaggia e sfortunata semifinale Slam a Melbourne contro Nadal, persa 6-4 al quinto dopo cinque ore di rissa a pallate.

Quando giovedì 5 maggio i due contendenti scendono in campo sotto un cielo che minaccia pioggia sono al loro terzo incrocio in carriera, con lo spagnolo in costante crescita. Verdasco aveva perso netto a Cincinnati 2003 e lottato fino al terzo a Indian Wells 2005, sconfiggendo lo statunitense per la prima volta pochi giorni dopo a Miami, complice un ritiro di Andy sul 4-3 del secondo set per un forte dolore al polso. Poco importa, lo spagnolo sa che ce la può fare, ci crede.
There was something in the air that night, the stars were bright, Fernando”, cantavano gli Abba.
E così sarà.

Le stelle sembrano davvero brillanti per Verdasco che si procura subito tre palle break consecutive sul servizio bomba di Roddick senza però concretizzare. La tattica dei due è forzatamente simile e il gioco scorre veloce nonostante la superficie. Fernando si stacca per primo con un break al settimo gioco ma restituisce il favore e sul 5-6 salva avventurosamente un set point con una palla corta seguita da un lob in demi-volée. Il tie-break che segue ha poca storia e Roddick se lo aggiudica con un netto 7-1. Il vantaggio esalta lo statunitense che strappa subito la battuta all’avversario e mantiene il vantaggio senza troppa difficoltà fino al 5-3. E giunge il Momentum.

Verdasco serve, due errori intervallati da un irreale dritto vincente di Andy lo precipitano sullo 0-40 storia finita se non si trattasse dello sport del diavolo. La prima palla scappa lunga, la seconda è un kick centrale che viaggia nei pressi della riga parallela al corridoio.
Out”.
Il grido del giudice di linea squarcia il silenzio. La partita è finita, Fernando abbassa la testa e si avvia a rete ma Andy non alza le braccia né sorride. Fa tre passi avanti, scruta il segno lasciato dalla pallina e un cenno della sua mano destra basta all’arbitro per capire. Verdasco si vede regalare un punto che sarebbe stato quantomeno da ripetere. Un gesto identico lo fece un Mats Wilander diciassettenne su un dritto chiamato lungo a Clerc, nella semifinale di quell’incredibile Roland Garros 1982 che lo vide vincitore in finale contro Vilas.
Con miglior fortuna.

Verdasco pareggia a 40 con un ace, concede un incredibile quarto match point sparando un dritto in rete a campo aperto ma lo annulla con un vincente incrociato di rovescio prima di tenere il servizio.
Poco male, si pensa fra i tifosi a stelle e strisce, non fosse che Roddick rompe le corde in battuta sul 30 pari. Il cambio di racchetta gli costa un dritto lungo e sulla palla break seguente lui completa il disastro valutando fuori un recupero dell’avversario che rimane in campo di una spanna. Come dire, quando il vento cambia non c’è più nulla da fare. Fernando è risorto, si issa al tie-break e lo domina fra gli urli della folla. Il terzo set è già suo. Un break immediato a zero, con Roddick ormai sballato che si becca il warning scagliando violentemente la pallina fra il pubblico, scrive la parola fine all’incontro ben prima della stretta di mano. Lo statunitense in conferenza stampa minimizza da gran signore il beau geste. “Non ho fatto niente di straordinario. Ho solo risparmiato un viaggio all’arbitro”.

Andy de Coubertin.

Raffaello Esposito

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