[WC] L. Siegemund b. K. Mladenovic 6-1 2-6 7-6(5)
Laura Siegemund conclude con le mani sul volto una finale che è cominciata in sordina ed è finita tra mille momenti di tensione. Il tutto è partito da un punto di penalità che Mariana Alves, l’arbitro, ha comminato alla stessa tedesca quando stava servendo per il match e si trovava sotto 15-30. Perso quel servizio la partita si è protratta fino al tie-break dove ha concluso al primo match point per 6-1 2-6 7-6(5).
La tedesca ha battuto Kristina Mladenovic dopo un match con importanti capovolgimenti nei primi due set, accompagnati da un dettaglio: la frequenza di prime palle al servizio per la tedesca. 77% nel primo set, appena 57% nel secondo. La terza frazione invece è stata un’enorme battaglia di nervi. Poco bel tennis, diversi momenti di tensione, tantissimo equilibrio fino al 4-4. Qui l’asticella della tensione si è alzata a livelli tremendi. Entrambe da qualche game si infastidivano a vicenda nei rispettivi game di risposta, chiamando più volte l’arbitro a controllare il segno lasciato dalla palla. Poi, nel nono game, Mladenovic ha faticato tantissimo al servizio. Game lungo, tanti vantaggi, ed alla quarta palla break concessa Siegemund ha infilato quella risposta di dritto anomalo che aveva provato già due punti prima, però di rovescio. Esattamente sulla riga, e pubblico che già era carico al massimo è letteralmente esploso di gioia. L’entusiasmo è continuato anche in tutto il game successivo. Sullo 0-30 Siegemund ha vinto un punto importante e gli applausi si sono prolungati a lungo. Al termine, la giudice di sedia: “Warning, time violation, point penalty”.
Copiosi fischi sono piovuti dalle tribune, il gioco è stato fermo diversi minuti e quando è ripartito la tedesca ha messo a metà rete un dritto consegnando il 5-5. Sul primo punto dell’undicesimo game una prima di servizio della francese è parsa lunga, ma nessuno l’ha chiamata. Di nuovo, enormi fischi dalle tribune all’indirizzo degli arbitri. Mladenovic ha tenuto il servizio a zero e di nuovo tantissimi fischi dalle tribune per quanto accaduto fin lì.
Si è arrivati al tie-break, dove la francese è salita 4-1. Ha avuto una mezza chance sul 2-4, ma il vero problema è arrivato poco dopo. Tanto il tempo preso prima di ripartire, cosa che probabilmente le ha fermato il ritmo e l’ha portata a colpire un brutto dritto a sventaglio indietreggiando col corpo. Continuavano le piccole schermaglie tra loro, con tanto tempo preso da entrambe a rallentare quello che poteva essere un servizio o una risposta, e qui era stata la numero 19 del mondo a pagarne le conseguenze. Non avrebbe mai dovuto sbagliarlo, perché era lei quella più in difficoltà da un punto di vista emotivo: era bloccata dalla tensione sul 4-4, poi aveva avuto un aiuto dall’arbitro (a regolamento la chiamata è corretta, ma in quel momento il pubblico stava continuando ad applaudire) ed era riuscita a rientrare. Il minibreak sull’1-0 era vitale. Una volta giunti sul 4-4 al tie-break la partita era come se ricominciasse da zero.
Siegemund è stata la prima ad avere match point, con una risposta incrociata aggressiva di poco lunga della francese sul 5-5. L’ultimo punto ha racchiuso in sé ulteriori momenti di tensione: la smorzata di Mladenovic era quasi perfetta, ma Siegemund non solo c’è arrivata ma è riuscita a rigiocare un incrociato stretto su cui nessuno tra giudice di sedia e di linea è riuscito a pronunciarsi. Siegemund indicava il segno convinta fosse buona, il pubblico era già “partito” coi festeggiamenti, Mladenovic guardava speranzosa. Niente, palla buona: gioco, partita, incontro, Siegemund.
Per lei, nata e residente a Filderstadt, località sulle colline attorno a Stoccarda ad appena 20 minuti dalla Porsche Arena, è il secondo titolo della carriera, in assoluto il più importante ed in luogo per lei molto speciale. Qui, lo scorso anno, il primo incredibile momento di popolarità quando, passando dalle qualificazioni, eliminò una dopo l’altra Anastasia Pavlyuchenkova, Simona Halep, Roberta Vinci ed Agnieszka Radwanska, venendo sconfitta solo da Angelique Kerber in finale. Dodici mesi dopo, non solo ha ripetuto l’exploit ma ha fatto anche meglio compiendo quello step in più che era mancato per mettere le mani non solo sul trofeo più importante della carriera ma anche sulla Porsche Carrera 911 che è stata esposta per tutta la settimana a bordo campo.
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