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Osaka: “Mi piace la competizione che si è creata tra noi del ’97”

Naomi Osaka è una delle giocatrici più fuori dagli schemi classici che ci siano nel tour WTA. Giapponese, di Osaka, da madre giapponese e padre haitiano, che fino a pochi mesi non parlava giapponese perché trasferitasi già da piccolissima in Florida, negli Stati Uniti. Classe 1997, ha un carattere molto riservato e solo da quest anno, grazie anche ad una promessa fatta nelle prime settimane del 2017, ha deciso di sforzarsi il più possibile a mostrare quella che è la sua personalità tenuta nascosta così a lungo. E di potenziale, anche da questo punto di vista, sembra averne parecchio.

Nonostante uno sguardo abbastanza “monocorde”, per usare una metafora tennistica, prima di cominciare ogni risposta che esula dal campo da gioco si scioglie in un leggero sorriso, seguito da una piccola risata, a mostrare imbarazzo ma anche volontà di aprirsi agli altri e scherzare del suo modo di essere che in generale. Anche per questo, alla domanda sulle differenze che nota in due comunità tra loro molto diverse come quella giapponese e quella americana, Osaka ha risposto “I giapponesi non capiscono le mie battute […] beh, a dire la verità neppure quelli americani” scoppiando poi a ridere.

Il suo cammino negli ultimi tempi si è fatto abbastanza costante: non perde un primo match da Stanford 2016, in questi 8 mesi ha raccolto la prima finale WTA ed ha sfiorato il quarto turno a New York vanificando un 5-1 di vantaggio al terzo set contro Madison Keys. La statunitense, tra l’altro, è stata la persona presa in considerazione da Osaka per il mese di marzo per continuare la sua promessa fatta a sé stessa.

Hai passato le qualificazioni in uno dei tornei più importanti salvando tra l’altro 5 match point al secondo turno. Come ti senti?
“Beh dai, sono ancora qui, direi bene. È stato complicato, c’è voluto tanto per adattarmi al cambio di superficie ed ancora ho bisogno di tempo perché posso fare meglio, ma ogni turno è stato delicato, le mie avversarie hanno sempre giocato molto bene”.

Questa è la prima volta in stagione che giocavi le qualificazioni ed eri la numero 1 del seeding. Ti ha dato qualche pressione in più?
“No, non tanto. Non ricordo in stagione di aver perso da avversarie con un ranking più basso del mio e non ho mai perso un primo turno giocato, però erano tutte avversarie di valore, dunque se non giocavo al meglio sarei tranquillamente tornata a casa”.

La terra battuta si adatta al tuo gioco?
“(sorride, ndr) può essere, soprattutto se continuo a giocare in un certo modo. Sono una a cui piace molto di più un campo veloce, però sto imparando ad adattarmi anche in questa situazione”.

C’è qualche differenza per te tra terra battuta indoor ed outdoor?
“Non saprei, perché era da un anno intero che non mettevo piede su questa superficie e quando mi alleno in Florida lo faccio sulla terra verde, che è diversa. Qui mi sembra abbastanza veloce, forse il tetto la rende così”.

Abbiamo avuto esempi nel passato anche recente di giocatrici nate con un gioco non da terra battuta, ma in grado comunque di vincere titoli importanti come Serena Williams, Petra Kvitova, Na Li. Questo ti può far pensare “c’è un modo, devo trovarlo”?
“Mi sembra che le giocatrici normalmente più aggressive hanno cominciato a far bene sulla terra, non penso quindi di cambiare completamente il mio gioco per adattarlo ad una in particolare. Piuttosto rimango così e vedo cosa viene fuori”.

Ti è utile la figura di uno come Sam Taylor nel tuo team? Ha portato Samantha Stosur a giocare così bene sulla terra.
“(ride, ndr) La verità è che mi dice un sacco di cose: come dovrei giocare, da come colpire, a come stare attiva con le gambe, a come scivolare bene… alle volte scherzando gli dico “no, basta” e non lo ignoro per un po’, altre invece cerco di farmele piacere. Lui ha tantissime buone idee per me, io fare del mio meglio per adattarmi”.

Ad inizio anno ti eri promessa di essere più aperta nei confronti delle altre persone, contattandole su Twitter o cose simili. Come sta andando?
“Oddio (ride, ndr), ci sto provando, spero di fare ancora meglio nei prossimi mesi”.

Ad Indian Wells hai avuto una conversazione con (Madison) Keys su Twitter e sembrava aveste fissato un appuntamento, vi siete poi trovate?
“No no, quello sarebbe stato troppo strano. Ci siamo trovate al torneo, lei mi ha salutato e poi ha continuato a parlare, è stata carina, io ero molto contenta. In generale non vedo tante giocatrici della mia età… Qui ad esempio manca Belinda (Bencic) che è praticamente la mia amica più importante al momento. Però sì sto cercando di essere più espansiva nei confronti delle altre persone”.

Dopo la finale di Charleston hai scritto un tweet dove raccontavi come fosse bello essere parte di un’annata che sta producendo tanto in termini di qualità. Tu sei del 1997, come Bencic, Kasatkina, Ostapenko e Konjuh. Si può parlare di competizione tra di voi?
“Posso parlarti a livello personale: se vedo qualcuna della mia età far bene mi sento ancor più motivata a dare il massimo. Sono sicura ci sia una sorta di competizione, siamo già state tutte in top-50, Belinda in top-10, siamo sempre abbastanza vicine nel ranking… È una competizione con tanti benefici, mi piace”.

Passi molto tempo dividendoti a metà tra Stati Uniti e Giappone. Hai notato differenze tra la cultura della stampa giapponese e quella americana?
“Guarda, allora, i giapponesi non capiscono le mie battute, per cui non posso dire granché. Beh, a dire il vero neppure gli americani (ride, ndr). Però con i giapponesi ho capito che devo essere più seria, ma generalmente son tutte ottime persone”.

Sempre su Twitter sei sembrata molto eccitata per la notizia della gravidanza di Serena Williams e prima ancora di Beyoncé, te l’aspettavi?
“Beyoncé sì, perché era praticamente scomparsa dalla faccia della terra per un lungo periodo. Serena no, perché ogni tanto qualcuno tira sempre fuori il rumor che lei fosse incinta e la notizia bene o male finiva sui giornali. Così questa volta non ci ho creduto, poi mia mamma mi ha mandato un messaggio: “Guarda che è davvero incinta!”. Io: “WHAT?!?”. Ecco, è andata più o meno così”.

Sei un profilo che sta diventando sempre più importante in Giappone a livello di sport nazionale. Come ti fa sentire essere al centro dell’attenzione quando sei “a casa”?
“Penso che aver fatto bene a Tokyo (dove perse in finale da Caroline Wozniacki, ndr) mi abbia aiutato molto, soprattutto a farmi conoscere. Poi ho fatto un’esibizione con Kei (Nishikori, ndr) che in Giappone è famosissimo e questo ancora ha contribuito… Stanno cambiando una serie di cose, ma non ci faccio troppo caso anche perché ora voglio solo pensare a giocare e vincere”.

Diego Barbiani

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Tags: Naomi Osaka

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