Dopo aver scoperto le sorti di Akgul Amanmuradova, Aravene Rezai e Kaia Kanepi, prosegue il nostro viaggio alla ricerca delle tenniste di cui si sono perse le tracce. Giocatrici che si sono distinte per i buoni risultati nel recente passato senza essere in grado di ripetersi per più di una stagione, oppure autrici di tanto fulgidi e quanto fulminei exploit.
Una di queste è Michaella Krajicek. L’olandese è ancora relativamente giovane (28 anni) ma ha già alle spalle una carriera ed una vita piene, ricche di episodi forti fuori e dentro al campo. Il primo titolo ed il primo risultato importante (terzo turno a Melbourne) arrivano a 17 anni, nel 2006. Raggiunta la maggiore età, la sorellina di Richard Krajicek arriva per la prima volta nei quarti di finale in un torneo del Grande Slam, proprio quel Wimbledon conquistato 11 anni prima dal fratello. Ad inizio 2008 l’entrata nella top 30 arriva a suggellare la rapida ascesa di quella che sembrava una carriera in rampa di lancio. Bene, cioè male, perché le gioie finiscono lì. Una serie di infortuni (soprattutto alle ginocchia) e di vicissitudini nella sua vita privata (vedi, la relazione complicata con il suo ex coach) la tengono lontana dai campi e dal grande tennis. Torna a far parlare di sé su un rettangolo di gioco solo nel 2014, non per meriti sportivi ma comunque per una vicenda a lieto fine. Michaella infatti, di nuovo felice accanto al nuovo fidanzato, il collega tedesco Martin Emmrich, riceve la proposta di matrimonio sul manto di s’Hertogenbosch al termine di un match: le lacrime di gioia di Michaella vengono riprese in un commovente video che fa il giro del mondo, la coppia convola a nozze un anno più tardi.
Tra il 2014 e il 2015, finalmente libera da infortuni, riesce a risalire la china e a raggiungere buoni risultati soprattutto in doppio (a fine 2015 sarà numero 23), ma un nuovo problema al gomito la fa ripiombare nell’incubo. Altri sei mesi di stop. Nonostante tutto, la Krajicek continua a crederci e rientra a metà 2016. “Chi te lo fa fare?”, le chiedono gli amici. Non capiscono che l’amore per il tennis e la competizione è più forte di tutto. Un anno fa, a Wimbledon, si dice capace di poter salire ancora più in alto. “Riesco a sostenere gli scambi con le giocatrici attualmente più forti. Se riesco a rimanere in salute, possono tornare nella top 50”. Nei mesi successivi, a suon di ITF, arriva al numero 254 del mondo in singolare. Peccato che pochi giorni fa il ginocchio abbia fatto di nuovo crack e ora debba nuovamente andare sotto i ferri. Comunque Michaella, se proprio non vuoi arrenderti, il doppio sarebbe un’alternativa meno stressante per il fisico, pensaci.
Di successi in doppio ne sa qualcosa Katarina Srebotnik, sebbene anche il singolo le abbia regalato qualche soddisfazione. La slovena conquista quattro titoli WTA tra il 1999 (preistoria ormai) e il 2005, ma è nel triennio 2006-2008 che raggiunge il culmine della carriera. La 36enne infatti in questo triennio raggiunge il best ranking di numero 20 in singolare (nel 2006), ottenendo anche discreti risultati negli Slam (almeno terzo turno raggiungo in tutti e quattro, più gli ottavi al Roland Garros e agli Us Open nel 2008).
I gravi infortuni patiti nel 2009 ne interrompono bruscamente la carriera in singolare, che non riesce a riprendere ad alti livelli (ultimo match giocato nell’agosto 2010). Abbandonata l’attività in singolo, decide di dedicarsi completamente al doppio e anche con un certo successo. Nel 2011 arriva fino numero 1 del mondo trionfando anche a Wimbledon in coppia con Kveta Peschke. In totale sono 37 tornei i titoli portati a csa finora, più cinque titoli dello Slam nel doppio misto, ovvero tre Roland Garros, un Australian Open e uno Us Open: in pratica, ha completato un suo personalissimo career slam di doppio. Sembra non avere ancora intenzione di smettere, anche se ultimamente i risultati scarseggiano, ma la classifica le dà ragione: in doppio è ancora al numero 23.
Dite la verità, quando avete udito per le prime volte le urla belluine di Michelle Larcher de Brito nel 2008 e, ancora 15enne, l’avete vista battere Agnieszka Radwanska a Miami e addirittura togliere un set a Serena Williams a Stanford avete pensato di aver trovato un nuovo fenomeno. Quando poi l’anno successivo ha raggiunto il terzo turno del Roland Garros (partendo dalle qualificazioni) e nel 2013 ha addirittura buttato fuori la Sharapova a Wimbledon ci siamo cascati un po’ tutti. Carattere spavaldo, mai domo, con una tigna degna della miglior Sharapova, la portoghese aveva davvero impressionato. Credeva anche lei di poter diventare una campionessa. Poi niente, è un po’ finita lì. Di stagione in stagione sembra risvegliarsi giusto per la stagione sull’erba (lì sopra si è tolta ancora qualche soddisfazione), ma in pratica le sue velleità si sono impantanate nel circuito ITF, che ha lasciato solo per qualche sporadica apparizione nei tabelloni delle qualificazioni di qualche torneo dello Slam, finché ha avuto la classifica per poterlo fare (ora è 236 del mondo). Insomma, un grande bluff.
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