La parola del Direttore

Italia, senza Fognini non si va da nessuna parte

L’attesa rimonta si dissolve alla prima consonante. Non fai in tempo a pronunciarla e “La Goff” è già scappato via, con il malloppo della semifinale e tutti i sogni di Paolo Lorenzi. Non c’è stata partita, ma non è mancato il tempo (tre set, 112 minuti) per comprendere che mai avrebbe potuto esserci. Paolo Lorenzi ha provato con intelligenza a dare fondo al proprio repertorio, ha tentato di forza, poi alternando traiettorie alte ad altre più schioccanti, ha approcciato la rete e scelto di assopire il match. David Goffin ha trovato una risposta adeguata a ogni sollecitazione proposta dall’azzurro, ma lo ha fatto senza scomporsi, né sorprendersi, semplicemente con la nonchalance del più forte. L’elfo belga ha lasciato dieci game a Seppi e otto a Lorenzi, oltre non sarebbe stato opportuno, avrebbe significato trascinare i match nella cronaca nera. Vietato, poi, soffermarsi sul fatto che Goffin non sarà mai uno dei grandi del tennis, tutt’al più un invitato nel loro Club (è il numero 14 della classifica, ed è stato numero 10 due mesi fa), certo non un socio onorario. È un genere di riflessioni, questa, che spalanca le porte agli stati depressivi.
Tre a uno per i belgi, finalisti due anni fa, semifinalisti oggi. Questo l’Italia messa in campo a Charleroi poteva ottenere e questo ha ottenuto. Anzi, tre a due, alla fine, grazie al debutto di Alessandro Giannessi, che s’è preso il punticino contro il pari grado Joris De Loore. Il 73° davisman della nostra storia… È un risultato che propone alcune riflessioni, sempre che il buon senso sia ancora parte degli ingredienti tennistici. Il Belgio è una buona squadra, ma non tale da mettere in apprensione le più forti, ammesso che queste ultime si possano disporre in campo a pieno regime. Goffin ama la Coppa, e la Coppa gli offre l’opportunità di saldare il debito con il suo Paese, nel quale non vive più da quando ha messo da parte qualche soldino. Oggi è cittadino del Principauté monegasco. Ha giocato 20 incontri, ne ha vinti 17. Non male. Ma l’Uomo Davis è Steve Darcis, che nella classifica ATP è appena il numero 53, e viene dietro Lorenzi, che ci ha perso di brutto in prima giornata. Senza volerla buttare in tragedia (che non c’è, anche perché i tennisti in Coppa s’impegnano al massimo e non vi sono rimproveri di sorta), significa che allo stato attuale l’Italia ha una sola possibilità di essere competitiva, quella di avere sempre Fognini abile e arruolato. Senza non si va da nessuna parte. Fognini da solo vale un punto in singolare e fa da spina dorsale al doppio, nel quale Bolelli è di ottimo supporto, ma non possiede lo spirito del capopopolo. E se una squadra muove da due punti, può succedere di trovare il terzo per strada.
Inutile, poi, spingere lo sguardo oltre Fogna, Seppio e Lore. Anche qui il rischio depressione è serio. Giannessi, quarto italiano in classifica (122) è ai primi tentativi di giocare nel circuito che conta, e ha 26 anni, tre in meno di Fognini. Il primo giovane “vero” è Stefano Napolitano, 21 anni, numero 177. Il più interessante è Matteo Berrettini, ha 20 anni ed è allenato in via privata dall’ex davisman Santopadre: è il numero 264, e nell’ultima settimana ha scalato 74 posizioni con una finale challenger in Cina.
In semifinale vanno Belgio-Australia e Francia-Serbia. L’Australia ha scelto i giovani, Thompson (23 anni) e Kyrgios (21) e ha battuto gli Stati Uniti. Certo non si spaventerà della superficie veloce che potrebbero scegliere i belgi. Ritrovarla in finale dopo 14 anni, potrebbe essere un diversivo interessante.

Daniele Azzolini

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