Come ti senti ad aver passato il turno? Partita difficile, soprattutto alla fine, ma hai trovato il modo di vincere.
Ovviamente molto felice. Tie break, di nuovo. Stasera il livello è stato davvero alto. Sono davvero contento di come ho giocato e delle soluzioni che ho trovato per vincere. È un giocatore difficile, davvero arduo da affrontare. Penso che tutti e due abbiamo giocato ad un altissimo livello, la partita si è risolta su un paio di punti. Penso di aver servito davvero bene nel tie break. Ero molto concentrato sul non concedergli nulla. Quindi, sì, una gran vittoria per me.
Quanto ti aiuta l’esperienza in momenti come questi dove devi davvero…
Penso sia un mix di esperienza, fiducia, pensare a ciò che vuoi fare e farlo senza pensare di poter sbagliare. Penso che in questi momenti tu debba fidarti del tuo gioco ed è quello che mi è riuscito bene. Stavo giocando bene, avrei potuto perdere, certamente, ma, in generale, ho provato a restare concentrato sul mio gioco, sulla mia tattica e non concedere nulla. So che quando gioco un buon tennis posso battere chiunque, e questo mi dà molta fiducia.
Hai parlato della fiducia e dell’esperienza. Sono rimasto molto sorpreso a leggere i tuoi commenti riguardo al nervosismo prima della finale degli US Open. Era dovuto all’importanza del momento o ti capita anche per altre partite?
Mi capita molte volte, come ad ogni atleta, penso che tutti siamo nervosi. Conviviamo differentemente con nervosismo, pressione, ma questi momenti di stress – non so come li definiresti tu – in cui non ti senti bene fisicamente, capitano a tutti. Devi accettarli e convincerti, che è la cosa più importante, conviverci. Dal momento in cui ci riesci puoi trovare il modo di sentirti meglio.
Questo è ciò che ho fatto allo US Open. Mi sono concentrato sul tennis, su ciò che stavo per fare. Ero alla finale dello US Open, uno slam. Voleva dire che stavo giocando bene. Quindi se stavo giocando bene, concentrati su cosa farai oggi o stanotte contro quel giocatore, come lo vuoi sconfiggere e tutte quelle piccole cose che devi avere nella testa e i cattivi pensieri, piano piano, spariscono.
Tu hai un rovescio fantastico. Per molti il migliore rovescio a una mano del circuito. Come lo hai sviluppato? Se potessi ricominciare preferiresti il rovescio a una mano o, per dire, a due come quello di Djokovic o Murray?
Sono contento del mio rovescio, lo sai. Certamente loro hanno un rovescio a due mani incredibile. Non si può negare. Fanno meraviglie con il rovescio a due mani. A me piace il mio. È uno dei miei colpi preferiti. Sono stato fortunato che il mio primo allenatore Dimitri Zavialoff, che mi ha accompagnato per oltre dieci anni, da ragazzino fino ai venticinque, compresa l’entrata in top ten e i primi tornei vinti, mi abbia consigliato di passare al rovescio a una mano a undici anni, perché per me era un colpo più naturale. A quell’età è un cambiamento difficile perché a undici, dodici, tredici anni, quando giochi ad una mano per le prime volte, non fai molti punti, non hai abbastanza forza ed è dura. Ci vuole tempo per accettarlo.
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